2020-10-24
Tamponi sotto accusa: «90% di falsi positivi»
Quattro esperti sporgono denuncia: «Italiani confinati sulla base di test inaffidabili, incapaci di rilevare le mutazioni del patogeno». I diagnostici in circolazione sono pure esentati dai controlli Ue. Giorgio Palù: «Chi ha tracce di genoma virale non è per forza contagioso».I tamponi Covid-19 sarebbero «del tutto inutili in quanto non possono accertare le mutazioni» del coronavirus. Quattro esperti, il medico infettivologo Fabio Franchi, la scienziata Antonietta Gatti, i ricercatori scientifici Stefano Montanari e Stefano Scoglio hanno redatto una dichiarazione congiunta nella quale espongono diverse loro perplessità e giungono a questa conclusione: «I risultati dei tamponi sono del tutto inaffidabili». Le argomentazioni stanno trovando ampi consensi nel Web e anche sottoscrizioni alla denuncia querela, presentata perché «sulla base dei medesimi test» in Italia si sarebbero limitati il diritto all'istruzione e al lavoro, l'accesso alla sanità pubblica e per il lockdown «in generale, ogni cittadino ha subito ingenti danni sia di carattere economico sia di carattere relazionale così come biologico personale in riferimento allo stato ansioso determinato in tutta la popolazione». Tra le questioni sollevate dagli studiosi c'è la continua mutazione del Covid-19: «Ci sono quasi 150.000 diversi sequenziamenti del virus presso la banca dati dei virus, Gisaid; erano 70.000 ad aprile e continuano a crescere», scrivono. Non solo, sappiamo che i fluidi respiratori di origine rinofaringea, ovvero il materiale biologico prelevato con il tampone, vengono inviati in laboratori specializzati dove attraverso una tecnica chiamata Rt Pcr, che duplica e analizza specifiche sequenze di Dna, viene rilevata o meno la presenza del virus. Come tutte le tecnologie molecolari utilizzate in diagnostica, ha la possibilità di falsi positivi e negativi, le cui percentuali dovrebbero essere accuratamente definite in sede di validazione del test. Franchi e colleghi dichiarano che secondo quanto «sottolineano i massimi esperti», perché tale metodologia funzioni correttamente «dovrebbe utilizzare tra i 20 e i 30 cicli di Pcr (acronimo di reazione a catena della polimerasi. Si tratta di una reazione di amplificazione in vitro di un segmento specifico di Dna, ndr); e non si dovrebbe comunque mai superare i 35 cicli (cioè replicazioni per trovare il virus, ndr), perché sopra tale soglia inizia a creare sequenze casuali». Infatti, dimostrano nella documentazione raccolta, «quasi tutti i tamponi superano i 35-40 cicli di media, e sono dunque da considerare del tutto inefficaci e produttivi di falsi positivi». La capacità del test di rilevare correttamente la presenza del virus «dipende da specificità, sensibilità, prevalenza cioè valore predittivo positivo e valore predittivo negativo. Se un positivo è un falso positivo, il valore di quel test è molto scarso», spiega Giorgio Palù, professore emerito di microbiologia e virologia all'Università di Padova ed ex presidente della Società europea di virologia. Chiarisce un concetto a cui tiene molto: «Trovare un soggetto positivo alla Pcr non vuole dire che sia malato e nemmeno contagioso. O ha concentrazioni di carica virale così basse che non infetterà mai, o è un falso positivo. Un mese fa il New York Times ha scritto che di 50.000 tamponi positivi, solo 5.000 potevano essere indicativi di una reale positività. Gli altri 45.000 si potevano buttare». Conclude Palù: «Se si usa un kit di tamponi che amplifica un solo gene come si fa oggi per velocizzare, si amplifica la sensibilità con il rischio di falsi positivi. Soprattutto se i tamponi non sono stati validati, anche se il rischio comunque esiste sempre con tutti i test sierologici». Gli esperti sostengono che gran parte dei tamponi circolanti sono «privi della dichiarazione delle sequenze geniche contenute». Stefano Scoglio, che è direttore del Centro di ricerche nutriterapiche di Urbino, ha riportato l'analisi dei dispositivi tampone in circolazione lo scorso maggio, compiuta dall'Istituto superiore di sanità (Iss). Considerando i numeri relativi al valore predittivo positivo (Ppv), ovvero la capacità del test di rilevare effettivamente il virus, Scoglio ricorda che in base a una tabella dell'Iss «i tamponi di media performance in Italia producono attorno all'85-90% di falsi positivi». Nel documento diffuso online e che ha dato via all'azione legale, i quattro esperti parlano pure di «limbo normativo che rende i produttori liberi di far circolare qualsiasi tipo di dispositivo senza nessun controllo», nemmeno dell'efficacia. Affermano, infatti, che «i tamponi attualmente circolanti, oltre 100, sono esentati dai controlli previsti dalla legge europea sui dispositivi medici del 1997». Inoltre, «non sono ancora assoggettati alla nuova norma europea del 2017, che entrerà in vigore solo nel maggio 2022». A Maria Rita Gismondo, direttore del laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica bioemergenze dell'Ospedale Sacco di Milano, l'aspetto burocratico interessa poco. «I tamponi sono stati messi in commercio con un'emergenza che ha giustificato qualsiasi rapidità. Parlo da ricercatore, immersa nella diagnostica dallo scorso 20 di febbraio, posso dire che quelli eseguiti con le tecniche biomolecolari sono assolutamente affidabili e rappresentano l'unico mezzo per intercettare i soggetti positivi. Meno sensibili sono i test antigenici e quelli salivari. Certo, nessun test diagnostico ha il 100% di affidabilità».
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