2020-03-18
Tamponi a raffica contro il contagio. La proposta di Zaia divide gli esperti
Il governatore veneto si dice pronto a girare in camper per scovare gli asintomatici: «Per uno che ne trovo ho 10 malati in meno». Massimo Galli del Sacco lo sostiene da tempo, secondo Walter Ricciardi invece la misura è superflua.Tamponi a tappeto, a chiunque, per le strade e davanti ai supermercati. «Girerò il Veneto in camper», assicura il governatore Luca Zaia che lancia la campagna ritenuta «definitiva» per vincere il coronavirus. Il modello è la Corea del Sud, che si era inventata i tamponi «on the road», ai semafori o in appositi parcheggi: senza scendere dalla vettura, gli automobilisti entravano nelle aree di sosta come se andassero al fast food, ma invece di ritirare hamburger e bibita abbassavano il finestrino, spalancavano la bocca e un operatore sanitario mascherato e inguainato in una tuta bianca prelevava il campione di saliva per l'analisi. In Estremo Oriente, al confine con la Cina, il monitoraggio è stato perfino più stringente, perché le autorità hanno messo sotto controllo anche i telefonini di chi risultava positivo verificandone gli spostamenti con il Gps satellitare.In Corea le severissime misure di contenimento cominciano ad avere effetto. Da noi, invece, Zaia semina sconcerto. Il governatore vuole dare la caccia ai cosiddetti «asintomatici», cioè i portatori di virus che non ne manifestano i segni ma possono spargere il contagio. In effetti, è una questione aperta. Una decisione presa ieri conferma che il problema esiste. Ora, infatti, chi esce di casa deve rendere un nuovo tipo di autocertificazione, nella quale oltre al motivo occorre anche specificare di non essere risultato positivo al Covid-19 e di non essere sottoposto all'obbligo di restare in quarantena. La disposizione è stata presa dopo che in varie parti d'Italia sono state trovate in giro persone positive ma asintomatiche: il tampone aveva dato esito positivo in assenza di febbre o raffreddori forti. E poiché si sentivano in salute, costoro se ne andavano in giro invece che restarsene chiusi tra le mura domestiche. Uno studio condotto proprio in Veneto, nel paese di Vo' Euganeo che è stato uno dei primi focolai del contagio in Italia, rivela che tra il 50 e il 70% delle persone infettate dal virus era completamente asintomatico e ha rappresentato «una formidabile fonte di contagio», come ha scritto il professor Sergio Romagnani, ordinario di immunologia all'università di Firenze, in una relazione per la Regione Toscana. A Vo' i tamponi sono stati fatti all'intera cittadinanza e ripetuti alla fine della quarantena generale. «L'isolamento degli asintomatici», ha aggiunto Romagnani, «è essenziale per riuscire a controllare la diffusione del virus e la gravità della malattia».Tamponi a raffica, dunque. Il Piano di sanità pubblica in Veneto è già scattato davanti a vari supermercati. «Anche se trovo un solo positivo», è la spiegazione di Zaia, «avrò 10 contagiati di meno». Problemi di soldi non ce ne sono, assicura: paga la Regione. «Del bilancio m'importa poco», garantisce il governatore, «vale sempre meno della vita dei miei concittadini». Meglio spendere per tamponare il contagio che bloccare un Paese e la sua economia chissà per quanto tempo ancora. Finora in Veneto sono stati eseguiti 40.000 test, un record mondiale in rapporto al numero di abitanti, più che in Corea. I positivi asintomatici sono stati 2.700, il che ha portato all'isolamento totale di altre 7.000 persone che avevano avuto contatti con loro.La campagna non è comunque così semplice da attuare. Servono il personale per effettuare il massiccio numero di controlli e i macchinari per eseguire le analisi epidemiologiche. C'è da chiedersi che cosa succederà se nella «rete a strascico» per catturare i positivi asintomatici dovessero finire anche medici, infermieri e altro personale sanitario degli ospedali: che si fa? Si chiudono i reparti traboccanti? Dove trovare altri operatori, che già ora scarseggiano, per rimpiazzare quanti verrebbero chiusi in quarantena? E come comportarsi con i cittadini che rifiutassero di sottoporsi ai prelievi? A Monza e Arezzo è già successo che persone trovate positive al tampone abbiano rifiutato il ricovero in ospedale: i rispettivi sindaci hanno ordinato un Tso (trattamento sanitario obbligatorio). Ma un conto è disporre il ricovero coatto per pochi casi, un altro è fronteggiare un'eventuale ondata di dinieghi. A nessuno piace essere additato come uno spargivirus, e tanto meno essere costretto a non mettere il naso fuori di casa se in apparenza ci si sente bene.Il mondo scientifico si è diviso davanti alla proposta di Zaia. Alcuni virologi sono a favore, anzi lo avevano proposto da tempo, come il professor Massimo Galli dell'ospedale Sacco di Milano, centro di riferimento nazionale per le malattie infettive; come lui anche la Fimmg Lombardia, cioè la Federazione dei medici di base. Per altri, viceversa, la misura è inefficace e forse tardiva: lo sosteneva anche Walter Ricciardi, consigliere del ministero della Salute e «portavoce ombra» del governo per l'emergenza coronavirus. «Vanno seguite le linee guida dettate dall'Organizzazione mondiale della sanità, che indicano l'utilità di effettuare tamponi a soggetti sintomatici che hanno avuto contatti a rischio o che provengono da aree a rischio». Ma proprio l'altro giorno il vicedirettore generale dell'Oms, Bruce Aylward, ha detto che la mortalità in Italia è più elevata perché, oltre ad avere una popolazione più anziana, non si stanno testando e isolando i casi più lievi.
Charlie Kirk (Getty Images)