2023-08-28
Su banche e acquisti di titoli di Stato Tajani cade nella trappola del «Sole»
Antonio Tajani (Imagoeconomica)
Il vicepremier sposa la tesi del quotidiano: «I nostri bond a rischio». Ma non ha senso.In attesa che la legge sugli extraprofitti delle banche venga discussa in Parlamento, continua ad animarsi il dibattito sull’opportunità di mettere a terra una misura così interventista da parte del governo. Attorno ai vari dubbi, più che legittimi, l’argomento che ha preso più piede pone però un tema che rischia di mistificare totalmente il senso della legge e di fuorviare quindi il dibattito con delle inesattezze. Da qualche tempo infatti, inspiegabilmente, Il Sole 24 Ore scrive che, se la legge sugli extraprofitti passasse così com’è, le banche non comprerebbero più titoli di Stato italiani. È chiaro che però tutto questo non ha senso, perché la tassa colpirebbe i margini di profitto su tutte le attività delle banche e non sui singoli strumenti finanziari. A mettere il carico da cento però ci ha pensato ieri il vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani che ha detto, proprio al giornale di Confindustria: «Come Forza Italia siamo in disaccordo sul metodo con il quale è stata introdotta la tassa sugli extra-profitti. Ora bisogna scrivere bene la norma». E fin qui tutto bene, ma poi il forzista ha aggiunto: «Una delle preoccupazioni è legata al fatto che si tassano i rendimenti dei titoli di Stato. Poiché sono oltre 400 miliardi quelli detenuti dalle banche rischiamo che ci siano ricadute sulle prossime aste». E poi Tajani ha spiegato: «Intendiamo presentare emendamenti in Parlamento per correggere quattro punti. Dobbiamo tutelare le banche di piccole dimensioni, che non possono essere messe sullo stesso piano delle banche più grandi. Altro aspetto da modificare è la parte inerente all’aggravio di tassazione sui titoli di Stato, escludendoli. Poi l’introduzione della deducibilità di questa tassa, non consentita dalla norma, e l’indicazione che l’imposta è una tantum». Eppure, nonostante le buone intenzioni, la sostanza della contestazione è tutta sbagliata. Come già scritto da La Verità, infatti, è pur vero che il decreto del governo presenta numerosi punti deboli sia nel metodo che nel merito. Ma sottolineare che il contributo straordinario sia prelevato anche sugli interessi attivi che le banche incassano detenendo titoli di Stato desta un allarme ingiustificato perché, come facilmente dimostrabile, il contributo colpisce i proventi di qualsiasi strumento finanziario. A preoccupare soprattutto è il nesso causale che si vuole far passare: cioè che le banche con questa tassa sarebbero disincentivate ad acquistare titoli italiani. È molto strano non solo perché non ha senso, ma anche perché in questo momento è decisamente conveniente acquistare titoli italiani e le banche, così come i cittadini, sono giustamente attratte da strumenti interessanti dal punto di vista del rendimento. Quindi è naturale che, come già scritto, le banche sceglieranno sempre gli impieghi più remunerativi, a prescindere dall’emittente, perché la tassa colpisce in modo indiscriminato i proventi di tutti gli strumenti finanziari.Insomma, l’obiezione è del tutto incomprensibile, a meno che, ma vien male a pensarlo, non si tratti di una sorta di ricatto per far ritirare la legge. Anche perché alla Verità risulta che la trattativa in essere sul merito dell’iter parlamentare tra i banchieri e l’Aula non verta assolutamente su questo aspetto della legge. E allora, a maggior ragione: cui prodest?