2021-11-06
«L’Ue difenda Taiwan dalle mire di Pechino»
Parata militare a Taiwan. Nel riquadro Marco Dreosto (Ansa)
L'europarlamentare leghista appena rientrato dalla missione sull'isola: «La democrazia è in salute, ma rischia. Il Dragone prova a minarla e rivendica un'egemonia territoriale. L'Europa e l'Italia si erano addormentate, ma la sveglia è stata il Covid».La tensione internazionale su Taiwan resta molto alta. Per vedere la questione più da vicino, La Verità ha intervistato il leghista Marco Dreosto: unico italiano che ha fatto parte della delegazione di sette europarlamentari, recatasi in visita sull'isola negli scorsi giorni (suscitando le ire di Pechino).Marco Dreosto, perché si è recato a Taiwan?«Questa importante missione è stata organizzata dalla commissione Inge del Parlamento europeo: commissione di cui faccio parte, che è stata sostanzialmente creata per analizzare il fenomeno delle ingerenze estere nelle democrazie europee, compreso il fenomeno della disinformazione. L'obiettivo di questa visita era duplice. In primis, era quello di studiare quelle che noi abbiamo definito le best practice di Taiwan, che di fatto ha sviluppato conoscenze e procedure che servono a contrastare le ingerenze e la disinformazione che la Cina cerca di attuare su questo territorio, per minarne la democrazia. C'è poi anche un aspetto politico, in quanto le rivendicazioni della Cina stanno minando la democrazia di Taiwan: una democrazia che abbiamo trovato in stile occidentale, con una popolazione che vive bene e dignitosamente, godendo di una significativa libertà di espressione, movimento e commercio. Una realtà quindi da preservare».Chi avete avuto modo di incontrare?«In questi giorni abbiamo avuto tantissimi incontri, che sono avvenuti con gli apparati governativi (il presidente e il premier della Repubblica di Cina, oltre a vari ministri) e con alcuni apparati non governativi (Ong e agenzie internazionali). Da tutti questi dialoghi emerge come queste istituzioni siano preoccupate per una situazione che rischia di essere messa in discussione da una Cina che rivendica un'egemonia territoriale. Non dobbiamo nasconderci che ci sono interessi economici importantissimi: Taiwan è leader mondiale nella tecnologia dei semiconduttori. Inoltre non vanno trascurate le mire di Pechino sul Mar cinese meridionale».Come giudica la linea dell'Unione europea rispetto alla Cina?«Noi abbiamo sempre rivendicato il fatto che l'Ue debba avere una particolare attenzione verso la Cina, perché la Cina - che è una superpotenza - era ed è un pericolo, in quanto punta a minare gli asset strategici europei e nazionali. In secondo luogo, un'Europa che si erge a paladina dei diritti civili e dei diritti umani - e lo sta facendo in maniera importante nei confronti dei propri Stati membri - non può sottovalutare ciò che accade in Paesi come la Cina. Che sono, sì, partner commerciali. Tuttavia i diritti umani si trovano in situazioni critiche: mi riferisco agli uiguri e a Hong Kong. Non vorrei che Taiwan diventasse un'altra Hong Kong. L'Ue, fino a un anno fa, aveva chiuso gli occhi. Poi c'è stato un ripensamento determinato da tanti fattori, non ultimo quello della pandemia. Questa sveglia è stata resa tangibile dal fatto di autorizzare questa missione, che è stata fortemente contrastata dall'apparato governativo cinese. L'Europa ha tuttavia rivendicato il proprio diritto a mantenere relazioni con tutti gli Stati: questo è un aspetto nuovo, che fa sì che l'Europa possa porsi come potenza mondiale e avere un potere contrattuale è importante sotto il profilo economico e geopolitico».Quali sono i rischi di un eccessivo avvicinamento dell'Italia alla Cina?«C'è stato un momento storico contingente in cui c'è stato un avvicinamento del nostro Paese nei confronti di Pechino. Detto questo, avvicinarsi esageratamente al Dragone rischia di mettere in difficoltà i nostri asset strategici. Sappiamo che i cinesi mettono gli occhi sulle grandi imprese, hanno interesse a fare investimenti importanti. Questo può condizionare scelte che si ripercuotono inevitabilmente sulla nostra economia e sul nostro indirizzo politico. Sono convinto che i rapporti commerciali debbano esserci. Tuttavia l'aspetto dei diritti umani e della democrazia per noi resta sempre prioritario, altrimenti perdiamo di vista uno dei valori più importanti a cui tutti teniamo. Questa è una preoccupazione molto sentita anche a Taiwan».Alcune forze parlamentari, come il Movimento 5 stelle, risultano piuttosto morbide nei confronti di Pechino. Lei pensa che la Cina possa svolgere un ruolo nella prossima elezione del presidente della Repubblica?«Penso che il peso specifico dei 5 stelle oggi sia marginale. Abbiamo la fortuna di avere un premier che, per competenza tecnica (non politica), gode di altissima considerazione a livello internazionale. Non voglio neanche pensare che qualcuno possa influire dall'esterno sull'elezione del presidente della Repubblica».
Jeffrey Epstein e Donald Trump (Ansa)
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
Continua a leggereRiduci