Una religiosa comboniana della diocesi di Vittorio Veneto (Treviso), suor Maria De Coppi, 83 anni, è stata uccisa nel corso di un attacco terroristico in Mozambico, dove operava dal 1963. L’annuncio è stato dato dal settimanale diocesano vittoriese L’Azione: «In base alle notizie giunte sembra che l’assassinio sia stato perpetrato da alcuni terroristi che hanno agito nella missione dove suor Maria prestava servizio, nel barrio Muatala, nella provincia di Nampula», che si trova circa 300 chilometri dall’area di Cabo Delgado che dal 2017 è il bersaglio fisso della branca locale dell’Isis, con 3.000 morti e oltre 800.000 profughi da inizio conflitto. Cosa è accaduto nella missione dei comboniani? É possibile che siano stati trascurati gli allarmi degli scorsi giorni? Secondo l’africanista Matteo Giusti, profondo conoscitore della regione, «l’attacco notturno alla missione di Chipene non era così inaspettato. Il giorno precedente i missionari comboniani avevano notato movimenti sospetti e parlando con i confratelli in Italia avevano lanciato un allarme». Cosa è successo quando i jihadisti sono arrivati alla missione? «Il commando ha agito con metodi militari, incendiando e distruggendo gli edifici della missione, senza però attaccare i dormitori. Nei concitati momenti dell’assalto, mentre i due sacerdoti don Lorenzo Barro e don Loris Vignandel riuscivano a nascondersi nella boscaglia con alcuni giovani, suor Maria De Coppi veniva uccisa a colpi di arma da fuoco. Nella prima ricostruzione sembra che la religiosa abbia lasciato il dormitorio femminile per andare a vedere cosa stesse accadendo e proprio in questo spostamento sarebbe stata colpita a morte. Un’altra suora avrebbe trovato rifugio nella foresta con alcune giovani, mentre di altre due consorelle non si sa nulla, ma c’è il rischio che siano state rapite dagli assalitori per ottenere un riscatto». Qui, precisamente nella penisola di Afungi, si trova il più importante bacino di estrazione di gas naturale dell’intera Africa. Scoperto nel 2010, ha sconvolto per sempre le dinamiche politico-sociali dell’area. Anche perché l’estrazione di idrocarburi vale qualcosa come 150 miliardi di dollari e la prima produzione di gas naturale liquefatto (prevista per il 2024) è stimata in non meno di 43 milioni di tonnellate l’anno. Qui operano i jihadisti del gruppo chiamato Al-Sunna wa Jama’a (Aswj) anche noti come al-Shabaab (i giovani). Nonostante si facciano chiamare come i jihadisti somali (fedeli ad al-Qaeda) gli al-Shabaab mozambicani hanno sempre ostentato fedeltà all’Isis, tanto che nella loro produzione mediatica si sono sempre fatti riprendere con le bandiere nere dello Stato islamico. Nonostante questo, l’Isis non sembra controllare effettivamente gli insorti mozambicani, anche se ci sono prove che abbia inviato addestratori. Il Presidente della Repubblica del Mozambico, Filipe Nyusi, ha confermato nel pomeriggio di ieri gli attentati terroristici degli ultimi due giorni in alcuni villaggi dei distretti di Eráti e Memba, nella provincia di Nampula che da venerdì scorso è stata presa di mira dai jihadisti. Nyusi ha spiegato che «gli attacchi sono stati effettuati da gruppi di tre-cinque elementi in fuga da Cabo Delgado, a causa dell’inasprimento dell’assedio da parte delle Forze di difesa e sicurezza mozambicane e delle loro controparti della Sadc e del Ruanda». Filipe Nyusi ha assicurato che «i combattimenti continueranno fino alla completa espulsione dei terroristi nei due distretti e a Nampula». In verità le autorità del Mozambico hanno più volte detto di aver vinto la guerra contro i fondamentalisti specie dopo le dure offensive contro il gruppo terroristico. In realtà i successi sono stati molto limitati, visto che i territori occupati dai jihadisti che erano stati riconquistati dopo poco tempo sono ritornati nelle mani degli insorti. E così, vista l’impossibilità di sconfiggerli a Maputo, hanno pensato bene di ingaggiare a peso d’oro dei mercenari provenienti dall’estero: i russi del Wagner Group e dei mercenari provenienti dal Sudafrica. Risultati? Come avvenuto in Mali: zero. Anche i mercenari hanno fallito e ora il governo aldilà delle dichiarazioni non pare essere in grado di contrastare la minaccia. Un problema enorme per la popolazione ma anche per tutte quelle multinazionali che qui hanno decine di miliardi di dollari per l’estrazione del gas e che ora che hanno dovuto fermarsi vista la situazione. Per loro le perdite sono milionarie e sta montando la rabbia contro le autorità che non riescono a proteggere gli investimenti. Ora a Maputo hanno archiviato la fase dei mercenari, tanto che il governo ha chiesto aiuto ai Paesi vicini ma tutto questo non sarà né facile né gratis. Intanto in Mozambico si muore ogni giorno al grido di «Allah è grande» e i cristiani sono il bersaglio preferito dei jihadisti.
Dalle carte dell’inchiesta pugliese sulla compravendita di voti alle scorse regionali e sugli scambi di favori per controllare i consorzi di bonifica e la sanità, che ha portato all’arresto (ai domiciliari) dell’ex senatore Totò Ruggeri, 72 anni, di Muro Leccese, ex assessore regionale al Welfare ed esponente di spicco dei Popolari per Emiliano ora nel Cda di Acquedotto pugliese, spunta un’intercettazione che imbarazza contemporaneamente il governatore Michele Emiliano e la Diocesi di Lecce. La telefonata registrata dagli investigatori della Guardia di finanza è finita in un’informativa di quasi 300 pagine, che è alla base della richiesta di misure cautelari. Perché ricostruisce l’assunzione del figlio dell’ormai ex direttore generale dell’Asl di Lecce Rodolfo Rollo con una retribuzione da 44.000 euro che sarebbe avvenuta, secondo gli investigatori, in cambio della sottoscrizione di un protocollo attuativo tra l’ente ecclesiastico Pia fondazione cardinal Panico di Tricase e l’Asl di Lecce per alcune prestazioni dialitiche.
Alla guida della Pia fondazione c’è una suora, sorella Margherita Bramato, direttrice generale dell’ospedale cardinale Panico, e indagata nell’inchiesta. È nel suo confessionale che, stando all’intercettazione, si sarebbe recato Emiliano. Ma per capire in che clima si è sviluppata l’intercettazione bisogna partire dalle accuse. «Rollo» si legge nella documentazione giudiziaria, «nella sua qualità di commissario straordinario sino al 2 settembre 2019 e di direttore generale dell’Asl di Lecce, come tale, pubblico ufficiale, per l’esercizio delle sue funzioni e poteri istituzionali, indebitamente riceveva da Bramato l’utilità consistita nell’assunzione di suo figlio proprio presso l’Azienda ospedaliera a Tricase del predetto Ente da costei gestito».
Totò Ruggeri, invece, «nella sua qualità di assessore al Welfare, quindi anch’egli pubblico ufficiale», avrebbe svolto una funzione di «intermediario tra i primi due». E mentre a un capo del telefono c’è don Andrea Carbone, parroco di Depressa, frazione di Tricase, all’altro c’è un medico, Luigi Ecclesia, che sembra non avere grande stima di suor Bramato: «Ormai lei si è impossessata, come se fosse proprietà personale». Don Andrea appare bene informato e conferma: «Questo è indiscusso... ha inserito tutti... i nipoti, i pronipoti... tutta la razza…». Ecclesia è sorpreso: «Ma dico, non hanno un direttivo... qualcosa... niente... solo uno comanda?». Don Andrea spiega che la fondazione dipende da Milano. Ed Ecclesia lo stoppa: «Ma quella se li compra tutti a Milano... va con i soldi...». Don Andrea a questo punto descrive la sua percezione dell’indole della monaca. E afferma: «Che poi, suore femmine sono... questa è mezzo maschio e le frega tutte... il direttore è così, uno yes man... devi dire sì perché sta lì grazie a suor Margherita e deve fare quello che dice suor Margherita... e poi lo domina...». La chiosa di Ecclesia è sprezzante: «Questa ormai ha il delirio di onnipotenza». E arriva al dunque: «Gli imbrogli li nascondono...». Don Andrea si trasforma in uno spadaccino: «Fino a che non escono alla ribalta... mo questa cosa (300.000 euro, annotano gli investigatori, ndr) devo mettere fuoco... su questa cosa qua... mo indago un poco... e poi chiamo il vescovo... dico... va be’ che quello è amico e non si fa nemico suor Margherita... è amico». Ecclesia lo ferma: «Ma anche i giudici... quando gli promettono il posto all’ospedale a qualcuno... ha quell’arma forte... non sai... potente... poi figurati le conoscenze che hanno...». Don Andrea vuole far saltare il tappo. E dice: «Fino a che non scoppia...». Ma sembra sbagliare strategia: «Ma si può suggerire a Emiliano ‘sta storia, no?». Ecclesia gli spiega: «Allora, 15 giorni fa... no 20, non mi ricordo... viene un carabiniere che è paziente mio per la moglie, per un certificato, perché il collega non c’era quella mattina... allora ha fatto il certificato, poi ha detto... “allora no, hai saputo che ieri c’era Emiliano qua?”.. ho detto “Emiliano? E che faceva?”... ha detto “no, ma è venuto da solo... è con suor Margherita... si è visto”... cioè praticamente era venuto da solo a parlare con suor Margherita... non è che suor Margherita è andata a Bari a parlare con Emiliano... non so se rendo l’idea... in forma privata, infatti non lo sapeva nessuno».
Bramato nelle carte dell’inchiesta viene definita «privato corruttore». Ed Ecclesia sembra sapere dov’era il trucco: «Si sta fregando un sacco di soldi suor Margherita... a Gagliano c’è la dialisi... la Asl... e allora hanno fatto finta che l’ospedale di Tricase gli dà una mano lì... e si sta fregando non so... 200.000 euro al mese, qualcosa del genere... senza andare nessuno... cioè non c’è niente... solo per dare i soldi... hai capito? hanno fatto tutto questo imbroglio... io so che anche qualche magistrato stava indagando [...] così prendeva il figlio di cosu... come si chiama... di Rollo». E spiega a don Andrea perché andare da Emiliano, secondo lui, non è una buona idea: «Poi passi in alto... trovi il presidente della Regione... tu vai e dici al presidente “guarda che a Tricase”... lascia perdere... minimo dice lascia perdere... il giro è talmente... e lei ci sguazza in queste cose... capito?». Don Andrea ha capito l’antifona: «L’ospedale è lei... l’ha sempre gestito in un modo da bottega di mieru (di vino, ndr)».
Proprio come il vino che, secondo l’accusa, arrivava, insieme a forniture di aragoste, al consigliere che avrebbe comprato a colpi da 10.000 euro i voti per le regionali che hanno portato alla vittoria di Emiliano.





