Il Sindacato nazionale agenti di assicurazione invia all'Associazione delle compagnie una proposta di piattaforma negoziale per rinnovare l'Ana 2003. Il presidente Claudio Demozzi: «Fondamentale e prioritario rivedere l'accordo, per l'equilibrio di tutto il mercato assicurativo».
Il Sindacato nazionale agenti di assicurazione (Sna), che rappresenta più del 90% degli agenti assicurativi italiani iscritti a una rappresentanza, apre ufficialmente il tentativo di rinnovo dell'Accordo nazionale agenti (Ana 2003) con l’Ania (Associazione nazionale imprese di assicurazione). Il 12 dicembre 2018 Sna ha infatti inviato ai massimi vertici dell’Ania una proposta di piattaforma negoziale, con l’obiettivo di fornire una concreta base di discussione per la revisione dell’istituto fondamentale per tutta la categoria degli agenti assicurativi.
La proposta di una nuova piattaforma nasce dalla necessità di rinnovare il precedente accordo nazionale agenti scaduto nel 2007. Tale accordo, rimasto com'era allora, è assolutamente inadeguato a regolare i rapporti tra imprese di assicurazione e agenti in un quadro normativo e operativo che si è radicalmente modificato.
«Vogliamo favorire un costruttivo confronto finalizzato a verificare la disponibilità delle imprese alla riapertura delle trattative per tavolo sul rinnovo dell’Ana» - dichiara il presidente nazionale Sna Claudio Demozzi - «Si tratta di un'azione coerente con la linea politica del sindacato e con la raccomandazione espressa all'unanimità dal comitato dei presidenti dei gruppi aziendali agenti». Il documento inviato all’Ania è stato elaborato tenendo conto delle evoluzioni intervenute nell’ambito dell’intermediazione assicurativa dalla sottoscrizione dell’accordo firmato quindici anni fa, ed è solidamente fondato su elementi tecnico giuridici sostenuti da pareri legali dei massimi esperti della materia. «Riteniamo che il rinnovo dell’Ana 2003, alla luce dei profondi cambiamenti intervenuti tanto a livello normativo quanto relativamente alle esigenze in trasformazione dei cittadini-consumatori, sia fondamentale e prioritario non solo a tutela degli agenti, ma per l’equilibrio di tutto il mercato assicurativo, comprese le compagnie» conclude Demozzi.
Anche la politica interviene sulle nuove norme europee del settore assicurativo. O meglio il decreto che ha recepito l'Idd, l'equivalente della Mifid 2 nel comparto delle polizze. L'altro giorno con una nota ufficiale il M5s ha fatto sapere, come più volte ha denunciato La Verità che «c'è un errore nella direttiva Ue di riferimento che il nostro paese sta recependo». La versione italiana del testo è difforme da quella inglese, ma pure dalla francese. E ciò fa sì che il decreto legislativo, che introietta nella legislazione italiana le norme europee, replichi la svista, stravolgendo la definizione di distribuzione dei prodotti assicurativi. Il senatore grillino Daniele Pesco, relatore in Commissione speciale dello schema di decreto legislativo riguardante appunto la distribuzione assicurativa, provvedimento sul quale sono previste audizioni la prossima settimana, spiega quindi che «nella normativa attuale all'intermediario è consentito, con autorizzazione dell'impresa di assicurazione, di arrivare alla conclusione del contratto e alla vendita del prodotto finanziario. Nella nuova definizione, invece, questa possibilità scompare e l'attività di distribuzione appare confinata alle azioni informative, istruttorie, preparatorie alla vendita o eventualmente di monitoraggio e gestione post vendita». Il senatore 5 stelle ha a sua volta fatto notare come si tratti «di una limitazione contenuta solo nel testo italiano della direttiva. Non in quello inglese che contempla la conclusione dei contratti. Un perimetro più stretto che, se fosse recepito dal decreto legislativo, costituirebbe un grave handicap per gli intermediari assicurativi. In Parlamento, al di là del merito del provvedimento, il M5s farà notare al governo che è doverosa una preliminare correzione del testo di recepimento», ha concluso Pesco. In realtà, spulciando il testo del documento finito in commissione si evincono altre anomalie. La prima riguarda l'esclusiva. Da anni la possibilità di lavorare esclusivamente per una compagnia assicurativa non è prevista per gli agenti assicurativi italiani. Il nuovo decreto inspiegabilmente sembra voler reintrodurre il concetto. Nonostante l'anacronismo, si chiede agli agenti di dichiarare al contraente l'eventuale esclusiva. «Non capiamo se si tratti di un mero pasticcio», spiega alla Verità Claudio Demozzi, presidente nazionale dello Sna, principale sindacato degli agenti, «o del tentativo di reintrodurre l'esclusiva». Eventualità che sarebbe da interpretare come un favore alle compagnie assicurative e sicuramente un passo indietro nel percorso di liberalizzazione avviato dalle lenzuolate bersaniane. L'articolo 120 contiene anche una curiosa deroga. «Se un prodotto assicurativo», si legge nel testo, «è accessorio rispetto a un servizio o a una attività di investimento, il comma non si applica. Anche se è riferito a un contratto definito dal testo unico bancario». In sostanza se la polizza è inserita dentro un mutuo tutte le norme di trasparenza previste dalle nuove regole europee vengono messe in secondo piano. Si parla di un settore tutt'altro di nicchia. Vale diversi miliardi ogni anno. «C'è un ultimo intervento che ritieniamo debba essere emendato al più presto», spiega Comozzi, «ed è riferito alle informative precontrattuali. Crediamo sia assurdo consentire a chi vende polizze al telefono di far sottoscrivere un contratto e mandare ben cinque giorni dopo la stipula le informazioni pre contrattuali previsti per tutte le altre situazioni di vendita ovviamente in anticipo rispetto alla stipula». È chiaro ce senza ulteriori modifiche il business del telemarketing potrà dirsi avvantaggiato.






