- Secondo un'indagine di «Facile.it» per «La Verità» ci si può tutelare anche con 10 euro al mese. Le formule cambiano in base alle esigenze: proteggere i propri cari, pagare gli studi ai figli. O prevenire cali di guadagno
- Il capo innovazione di Generali, Bruno Scaroni: «I rapporti con i clienti e i loro bisogni mutano grazie alla tecnologia»
- L'ad di Mediolanum Assicurazioni: «Dalle pensioni alla sanità il mondo è cambiato»
Lo speciale contiene cinque articoli
In Italia, ancora oggi, sottoscrivere una polizza vita è considerata una cosa per pochi. Una di quelle stranezze da Vip o quasi. Eppure una polizza vita in grado di assicurare un futuro senza rischi per i propri cari può partire anche da meno di 10 euro al mese. È quanto emerge dall'indagine che Facile.it ha realizzato per La Verità, da cui emerge l'importanza della prevenzione. Chi inizia a sottoscrivere un prodotto del genere a 30 anni per un valore in caso di morte di 100.000 euro può arrivare a pagare meno di quello che tanti giovani spendono al mese per la tv o per la musica in streaming.
«Si tratta di prodotti particolarmente indicati per le famiglie che hanno un solo portatore di reddito o anche per i nuclei esposti a un debito importante, come un mutuo o un prestito; nella scelta del capitale e della durata è quindi fondamentale valutare le proprie esigenze e definire con cura la somma che i beneficiari potranno ottenere in caso di imprevisto estremo», evidenzia Irene Giani, responsabile del team che si occupa delle polizze che non riguardano il mondo dei motori di Facile.it. «Attenzione anche all'età massima del contraente: questa non solo varia da compagnia a compagnia ma, qualora alla polizza venissero aggiunte garanzie opzionali come ad esempio l'invalidità permanente, bisogna considerare che anche le coperture accessorie potrebbero avere limiti anagrafici differenti da quello dell'assicurazione vita».
Iniziamo subito col fare chiarezza: esistono molteplici tipi di polizze vita che corrispondono alle diverse esigenze degli assicurati. Le polizze caso morte pagano, ad esempio, un capitale al beneficiario nel momento in cui si certifica la morte del contraente. Questa è la formula che viene scelta da chi intende comunque assicurare una certa tranquillità ai suoi familiari. Ci sono poi quelle caso vita, quelle cioè che garantiscono una rendita o un capitale all'assicurato nel caso in cui risulti ancora in vita alla scadenza del contratto. Questa formula è adatta soprattutto per le persone più giovani. Ci sono, infine, le polizze miste, tra le più apprezzate dal mercato, che assicurano il pagamento del capitale sia quando l'assicurato è in vita alla scadenza prestabilita, sia in caso di decesso durante il periodo di contratto.
Quali scegliere, dunque? I fattori da tenere in considerazione sono il tipo di polizza, la condizione economica della famiglia, il costo mensile della polizza, l'età anagrafica del contraente e la presenza di eventuali penali in caso di disdetta.
«Una polizza vita deve rispondere a bisogni ben individuati: proteggere la propria famiglia in caso di difficoltà, pagare gli studi dei figli, anticipare la propria perdita di guadagno al pensionamento», dice alla Verità, Thomas Lausdat, direttore vita e linea persone di Groupama Assicurazioni. «È importante fare una scoperta a 360 gradi dei propri bisogni con un consulente. Ogni cliente è diverso. Bisogna tenere in considerazione la sua situazione familiare, il patrimonio, gli obiettivi, il suo profilo di rischio e l'orizzonte temporale».
Da tenere a mente, inoltre, c'è che il pagamento del premio di una polizza vita non può essere effettuato in contanti. Tra le modalità di pagamento consentite ci sono: gli assegni bancari, postali o circolari, muniti della clausola di non trasferibilità, intestati o girati all'impresa di assicurazione oppure all'intermediario; gli ordini di bonifico, altri mezzi di pagamento bancario o postale, sistemi di pagamento elettronico, che presentino quale beneficiario uno dei soggetti indicati (impresa assicurativa o intermediario). L'andamento della polizza si può tenere sott'occhio grazie al rendiconto che arriva ogni anno e che permette di controllare le informazioni più importanti.
«Nell'universo del risparmio/investimento, occorre diversificare e cercare soluzioni di qualità», ribadisce l'esperto di Groupama Assicurazioni. «Il rendimento delle gestioni separate continuerà a diminuire nei prossimi anni a causa del calo dei tassi di interesse». Inoltre, «l'investimento sostenibile deve essere una priorità unendo la ricerca della performance economica con l'impatto positivo sull'ambiente e sulla società». Del resto, conclude l'esperto, «la pandemia ha reso tutti più vulnerabili, quindi più sensibili al tema della protezione, come anche più esigenti di tecnologie e servizi a disposizione. In tale contesto, la trasformazione dell'assicurazione sulla vita è inevitabile e sta accelerando».
Basso rischio e agevolazioni fiscali. Chi inizia prima ha la strada in discesa
Le richieste di pensioni integrative sono salite del 27% in un trimestre
L'ideale è affidarsi a un esperto in tema di polizze vita. «È bene fare affidamento al proprio consulente di fiducia e leggere attentamente la documentazione precontrattuale per la ricerca della soluzione più adatta alle proprie esigenze, e ai propri obiettivi», spiega Mario Rosi, direttore finanza di Crédit Agricole Vita. «Il panorama delle polizze vita è molto variegato: la scelta va fatta in base ai propri obiettivi e, naturalmente, in base al proprio profilo di rischio, tenendo sempre in considerazione l'orizzontale temporale. Noi», prosegue l'esperto, «siamo leader nel segmento delle polizze vita multiramo, soluzioni in grado di coniugare stabilità e ricerca di performance».
Per chi cerca protezione, anche una soluzione di pensione complementare non può mancare. «La previdenza integrativa rappresenta una grande opportunità, soprattutto per i giovani che possono iniziare ad accumulare un montante adeguato nel corso degli anni e usufruire della rivalutazione nel lungo periodo; uno dei più grandi vantaggi delle polizze di previdenza complementare è rappresentato dai benefici fiscali, come la deducibilità e la tassazione agevolata, di cui si può usufruire mantenendo attiva la polizza sino al pensionamento», spiega l'esperto.
Del resto, in questi mesi di pandemia, «il comparto Vita si è mostrato solido - i dati di andamento della nuova produzione dei premi del comparto al primo trimestre 2021 lo confermano (+18,3% rispetto all'analogo periodo del 2020, dati Ania) - il che dimostra la fiducia degli italiani nel settore assicurativo. Nello specifico, gli italiani sono ancora poco sensibili rispetto alle opportunità della previdenza complementare, ma certamente si conferma, anche in questo comparto, un'interessante tendenza di crescita (+27,6% l'incremento delle forme pensionistiche individuali al primo trimestre 2021)».
L’assicurazione digital aiuta ad affrontare le minacce di Internet
Stare al passo con un processo, quello della trasformazione tecnologica, che sta accelerando in tutto il mondo e a diversi livelli: è uno dei principali obiettivi del gruppo Generali, che ne ha fatto uno dei cardini del piano al 2021. «L'ultimo anno e mezzo ci ha portato alcuni cambiamenti destinati a diventare permanenti, anche per quanto riguarda i prodotti assicurativi, la loro distribuzione e l'interazione con il cliente», spiega alla Verità Bruno Scaroni, group chief transformation officer di Generali. Nel contesto che si è creato a seguito dell'emergenza sanitaria «le assicurazioni sono finite al centro dell'attenzione. Questo rappresenta un grande privilegio e una grande responsabilità: è quando accadono eventi sfortunati che si apprezzano maggiormente il valore delle assicurazioni e il loro contributo sociale», sottolinea il manager. In questo momento «si registra una forte presa di coscienza sul tema del wellness: un concetto che in senso lato e con riferimento al nostro settore viene declinato come wellness finanziario».
Cosa significa? «Sempre più persone si sono rese conto della necessità di costruirsi un welfare legato al risparmio e al mantenimento del reddito, che protegga da inconvenienti di vario tipo: la perdita del lavoro, la volatilità sui mercati - in caso di investimenti azionari - l'insorgere di problemi di salute. Senza dimenticare la dimensione digitale: uno dei pericoli contro i quali persone fisiche e aziende sono meno tutelate è il rischio informatico, o cyber risk», risponde Scaroni.
L'evoluzione riguarda anche i prodotti: una delle principali innovazioni, secondo il manager del Leone, è quella portata «dall'Internet of things (Iot). Pensiamo ad esempio alle black box installate sui veicoli, o ai sensori e alle telecamere presenti all'interno delle abitazioni o degli impianti produttivi. Tutti strumenti che garantiscono flussi di dati in tempo reale». Un aspetto di fondamentale importanza per il settore assicurativo: «I dati in real time sono un patrimonio di valore enorme per il risk management, perché consentono di gestire il processo sia nel momento in cui si verifica il danno, sia prima». Le assicurazioni, aggiunge Scaroni, «hanno sempre utilizzato i dati per catalogare e differenziare il rischio, ma prima si trattava di dati singoli, di una fotografia scattata in un certo momento, come nel caso delle informazioni inserite al momento della sottoscrizione di una polizza sanitaria. Oggi invece l'Iot consente un trasferimento continuo dei dati tramite l'utilizzo di strumenti come gli smartwatch e l'accesso a dati biometrici, e questo cambia profondamente l'approccio». Si tratta, sottolinea il manager, «di una vera rivoluzione. In Italia, ad esempio, siamo all'avanguardia per quanto riguarda i sistemi di “scatole nere" per le auto, ma in futuro saranno sempre più diffusi i dispositivi indossabili e gli strumenti di domotica come sensori e telecamere».
La digitalizzazione sta rivoluzionando «anche il rapporto con il cliente. La frequenza di contatto nel caso delle assicurazioni è sempre stata bassa: ci si relazionava solo al momento della stipula e del rinnovo della polizza, salvo ovviamente i casi in cui bisognava intervenire per un sinistro», rimarca Scaroni. «Con le tecnologie digitali e la possibilità di interagire su vari canali possiamo invece aumentare la frequenza del contatto ed essere presenti con i prodotti di assistenza, che non prevedono una corresponsione economica ma l'erogazione di servizi come il soccorso stradale, la telemedicina, gli interventi d'urgenza di artigiani come fabbri o idraulici. Una maggiore frequenza dei contatti significa fornire maggior valore al cliente assicurato».
Quello che stiamo vivendo è «un momento unico per l'innovazione, per le tecnologie e la velocità con cui i cambiamenti accadono: ora c'è un'accelerazione senza eguali nel corso della storia. Si tratta di un momento che porta con sé molte opportunità», spiega il manager. «In Generali c'è un motto: innovation for everyone everywhere. Vorremmo che l'innovazione venisse sentita da tutti gli individui che fanno parte del gruppo e per farlo abbiamo introdotto diverse modalità»: una su tutte è il Generali innovation fund, grazie al quale «ogni dipendente può proporre idee e iniziative non presenti nei piani, che il gruppo, se le ritiene valide, può cofinanziare». Generali ha poi messo in piedi un centro di innovazione interno, che ha sede in Svizzera, ed è presente all'interno di diversi incubatori d'impresa che selezionano idee innovative negli ambiti del fintech e dell'insurtech. Tutti questi elementi, sottolinea Scaroni, «sono coordinati da un team centrale, che si occupa di fare scouting di progetti innovativi e di divulgarli all'interno dell'azienda, perché diventino patrimonio di tutti».
«Paracadute di Stato? Un ricordo. Oggi la protezione è un’esigenza»
Gli italiani sono da sempre poco propensi a proteggersi con le polizze integrative, ma non è colpa loro. Negli anni Settanta e Ottanta la situazione era talmente florida che non se ne sentiva il bisogno. Il problema è che si continua a fare poco o nulla in termini di protezione, anche se ora il bisogno ci sarebbe. La Verità ne ha parlato con Massimo Grandis, ad di Mediolanum Assicurazioni.
In Italia non c'è una cultura della protezione assicurativa. È d'accordo?
«La penso anch'io così però sono un po' stanco di far sentire in colpa gli italiani per questo. Per motivi storici si sono venute a creare delle condizioni che hanno ridotto di gran lunga l'appetito verso i prodotti assicurativi. A partire dal secondo dopoguerra l'assistenza sanitaria e quella pensionistica di cui godevano gli italiani non ha di fatto innescato nei cittadini il bisogno di ricorrere a polizze integrative. Mi dica come un padre di famiglia negli anni Settanta e Ottanta di fronte a una pensione che era come l'ultimo stipendio e a un servizio sanitario che ti trattava con i guanti, oltre a un investimento obbligazionario che ti rendeva a doppia cifra senza nessun rischio, che bisogno aveva di sottoscrivere una polizza. Poi negli anni questi fenomeni hanno pesato sul nostro bilancio statale e con ciò abbiamo creato un debito pubblico a doppia cifra. Con la pandemia però, negli ultimi due anni, molti italiani hanno capito che ora è arrivato il momento di agire».
Oltre a quella sanitaria, quali sono le polizze a cui i clienti sono interessati o verso cui c'è un interesse crescente?
«In realtà non esiste il prodotto giusto, esiste la consulenza corretta che risponde a determinate esigenze. È il professionista che deve capire il cliente, non ci deve essere il fai da te. Per questo, in caso di polizze, serve un agente assicurativo come, nel caso degli investimenti, serve un consulente finanziario. In termini di prodotti ricordo che a Davos i grandi della terra hanno detto che i rischi maggiori sono quelli legati al cambiamento climatico. Di conseguenza non disporre di una polizza che protegga i propri beni da questi rischi potrebbe essere un problema. Aggiungo anche che a mio avviso oggi è indispensabile avere una polizza sulla salute e una sulla Rc capofamiglia; inoltre se si ha responsabilità verso qualcuno (figli, familiari con disabilità, genitori, eccetera) anche quella sul caso morte».
Parliamo anche di costi di massima, vista anche le difficoltà economiche innescate dalla pandemia. Quanto si può spendere per proteggersi in media?
«Noi, ad esempio per quanto riguarda le assicurazioni sulla casa, abbiamo un premio medio di 340 euro l'anno. I nostri clienti possono pagare anche l'importo mensilizzato senza oneri di frazionamento intorno ai 30 euro, per una casa da 120 metri quadri, con copertura su furto e danni al contenuto e danni al fabbricato, anche terremotali».
Che differenze vede in termini di protezione tra l'Italia e altri Paesi esteri?
«Vedo una grande differenza. In Inghilterra o in Francia la situazione politica e sociale che vi ho descritto poc'anzi non c'è mai stata. Quando ho iniziato a fare il consulente finanziario nel 1984 i Bot a un anno rendevano il 17%, ci si può immaginare la complessità nel vendere i fondi comuni. Non si sentiva il bisogno di provvedere a certe questioni in autonomia. In Germania, per fare un esempio, già dagli anni Novanta il datore di lavoro doveva pagare una polizza di lungo termine (long term care) per il futuro dei lavoratori. Una sensibilità ben diversa rispetto a quella italiana».
Del resto il governo non ha mai fatto molto per favorire la diffusione delle polizze di copertura?
«Io sono per una logica individualista. Se la cosa pubblica non si muove, dovremmo farlo noi. Se il governo dà una mano, meglio. Certo, lo Stato avrebbe il potere di utilizzare la leva fiscale. Basterebbe rendere le polizze non detraibili, ma deducibili. Offrendo la possibilità di dedurre quanto speso dalla dichiarazione dei redditi».
Negli anni ha notato una crescita verso il tema della protezione?
«Non grande, ma si è molto accelerata negli ultimi mesi. È di certo un tema molto dibattuto, ma nemmeno ora credo che abbiamo imparato dalla pandemia. Non parlo solo della salute, ma più in generale della prevenzione».


