Mentre lo Stato tratta con Alfredo Cospito che lo Stato vuole «distruggere». Lui mangia yogurt con il miele e assume integratori per presentarsi «lucido» all’udienza presso la Corte di Cassazione il cui pg ha fatto aperture sull’abolizione del regime 41 bis applicato dal maggio del 2022 nei suoi confronti per impedirgli le comunicazioni con l’esterno. Fuori però c’è chi potrebbe aver raccolto le sue parole di fuoco lanciate dal carcere e come molotov potrebbe averle rilanciate contro i rappresentanti di aziende e associazioni impegnate nel settore della difesa. Infatti ieri almeno tre lettere minatorie con all’interno un proiettile calibro 22 firmate dalla Federazione anarchica informale (di cui Cospito è leader riconosciuto) sono state inviate ad altrettanti manager. Qualcuno ha parlato anche di un plico indirizzato a un giornale, ma noi non abbiamo trovato riscontri. I documenti ieri sono stati esaminati con attenzione dal Comitato di analisi strategica antiterrorismo che non ha stabilito con certezza una riconducibilità degli stessi all’area anarco-insurrezionalista e per questo è stato deciso un ulteriore approfondimento. Ciò non significa che questa azione ben coordinata non preoccupi gli esperti. L’obiettivo dei criminali potrebbe essere quello di alzare il livello di attenzione mediatica sul caso Cospito o di chiamare alle armi eventuali lupi solitari pronti a utilizzare, come accade nel jihadismo, il brand Fai in franchising per colpire in modo autonomo senza bisogno di una vera organizzazione alle spalle. La famosa teoria dei gruppi di affinità. Tutte le lettere sarebbero state firmate dalle Cellule contro il capitale, il carcere, i suoi carcerieri e le sue celle (in forma abbreviata le 5C), una sigla vintage che appare per la prima volta il 12 dicembre 2002 proprio in una campagna contro il carcere duro e che era in sonno da lustri. Sui volantini hanno aperto appositi fascicoli le Procure antiterrorismo dei rispettivi capoluoghi di Regione. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha commentato così la vicenda: «Sono modalità già viste. Adesso l’importanza, l’attendibilità, la concretezza, la pericolosità sarà valutata dagli inquirenti. C’è l’attenzione massima delle forze dell’ordine». Il primo destinatario di cui si è avuta notizia è un dirigente della Iveco defence vehicle S.p.a. la divisione di Iveco (controllata da Exor), con sede principale a Bolzano e che produce veicoli per la difesa e di protezione civile. Un plico è stato recapitato all’Aiad, la federazione Aziende Italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza che riunisce «la quasi totalità delle imprese nazionali ad alta tecnologia, che esercitano attività di progettazione, produzione, ricerca e servizi nei comparti aerospaziale civile e militare, navale e terrestre militare e dei sistemi elettronici a essi ricollegabili». Da 2014 fino alle ultime elezioni politiche il presidente è stato l’attuale ministro della Difesa Guido Crosetto. Un altro volantino è stato inviato a un manager della Tekne di Ortona (Chieti) che produce veicoli da cava e cantiere, speciali e militari. Recentemente è salita agli onori delle cronache per gli undici blindati Mls Shield venduti all’esercito ucraino. L’ambasciata russa in Italia aveva scambiato uno degli Mls Shield, distrutto in un bombardamento, per un Lince fornito dell’Esercito Italiano. Lo sfortunato destinatario abruzzese del messaggio è stato minacciato con frasi come «il cane al guinzaglio dello Stato padrone che alimenta il dominio tecnologico-industriale verrà colpito a morte» e «assassino al servizio dell’industria militare e della guerra che alimenta la morte a vantaggio dello stato imperialista». Un linguaggio che riecheggia quello dell’eversione di matrice marxista-leninista. Ma in altre parti, lo stile brutale, diretto, sarcastico, fa tornare alla mente le parole con cui Cospito ha rivendicato senza rimorsi la gambizzazione del manager di Ansaldo nucleare Roberto Adinolfi, ferito con due colpi di Tokarev il 7 maggio 2012. La Verità ha visionato per intero la lettera spedita a Bolzano all’Iveco. La busta gialla che la conteneva aveva come mittente (fittizia) l’ex compagna di Cospito, Anna Beniamino (definita nell’intestazione «avvocato», con un secondo cognome, Spitoco, anagramma dell’anarchico in sciopero della fame). La cosa ha fatto arrabbiare gli avvocati della donna, reclusa in regime di alta sicurezza nel carcere femminile di Rebibbia. La finta Beniamino ha indicato come residenza Terni, via della Libertà 41b; un’altra ironica citazione. Infatti nella casa circondariale del capoluogo umbro è stato rinchiuso per circa un anno, dal giugno 2021 al giugno 2022, Cospito insieme con alcuni ex brigatisti irriducibili. Il numero civico è invece un riferimento all’articolo dell’ordinamento penitenziario che regola il regime di carcere duro. La dedica iniziale è «per Alfredo Cospito fratello e compagno». Il testo prosegue: «La Fai Federazione anarchica informale non dimentica Alfredo e gli altri compagni e per risposta all’attacco alla libertà del movimento anarchico “colpirà gli uomini per far morire le strutture”». Lo schema uomini-strutture indicati come bersagli è ricorrente nei documenti della Fai. Un manager viene definito «l’anima nera delle operazioni di mercato Idv», «lurido assassino al servizio dell’industria militare italiana e della guerra che alimenta la morte in Ucraina», «verme della società che orienta e determina le guerre per fare ricchezza ingiusta con qualsiasi mezzo», «traditore di ogni ideale per arricchire il sistema». Per gli anonimi mittenti il dirigente indosserebbe «mille maschere, ma vende morte e non lo racconta nemmeno ai figli». Gli aspiranti terroristi descrivono l’uomo anche come «barracuda che si muove sinuoso nei fondali dello stato alla ricerca della sua preda e alimenta sotterraneamente il dominio tecnologico industriale e per questo verrà colpito a morte davanti alla famiglia» e lo bollano come «il soggetto ideale per la vendetta di Alfredo e di tutti i compagni in carcere». Un soggetto che «può essere colpito in qualsiasi momento». Del resto i sedicenti anarchici sostengono di conoscere «le sue abitudini, gli interessi, le palestre, le collaborazioni con l’università, i movimenti tra le regioni e perfino le scuole» dei figli. Il manager, promettono i suoi nemici, «non avrà mai pace, ovunque andrà troverà un compagno anarchico pronto a vendicare il carcere di Alfredo e dei compagni». Non è finita: «La forza anarchica con le sue articolazioni condurrà una campagna di lotta senza fine contro i servi dell’industria della morte perché per distruggere le aziende bisogna colpire gli uomini». Un delirio che si conclude con il tentativo di spingere eventuali teste calde a gesti sconsiderati: «Oggi i servi, come il verme alpino, sono l’ossatura del sistema, invitiamo tutti i gruppi e i singoli fai a colpire con ogni mezzo necessario». Il documento, si conclude con l’augurio di «lunga vita» alla formazione greca delle «Cospirazione delle cellule di fuoco», altra citazione per feticisti della Fai. Le 5C sono comparse sulla scena a metà dicembre del 2002. In quei giorni inviarono quattro plichi esplosivi alla redazione di Barcellona del Paìs (pacco partito da Milano), alle sedi della compagnia area Iberia di Roma e Milano (in questo caso il libro-ordigno venne intercettato a Fiumicino) e alla Rai. Nel giugno successivo toccò all’istituto scolastico Cervantes della Capitale. Una campagna contro il carcere duro del Fies (Ficheros internos de especial seguimento). Il 21 dicembre 2003 la federazione di bombaroli, dopo alcuni attacchi a Bologna e a Bruxelles contro l’allora presidente della commissione europea Romano Prodi, inviò una rivendicazione della cosiddetta «Operazione Santa Claus» che conteneva l’«atto fondativo» («Chi siamo») della Federazione. Uno dei punti fermi era la «solidarietà rivoluzionaria», così descritta: «Ogni gruppo d’azione si impegna a dare la propria solidarietà rivoluzionaria ad eventuali compagni arrestati o latitanti. La solidarietà si concretizzerà soprattutto attraverso l’azione armata, attacco a strutture e uomini responsabili della detenzione del compagno».
I nuclei fondatori erano quattro e tra questi c’erano le 5C. Che dopo vent’anni sono tornate a far parlare di sé.