«Sono figlia d’arte, mio papà era un camionista». Questione di proporzioni. Sull’immenso piazzale decine di autoarticolati sfilano nel parcheggio, incolonnati come soldati in parata. Motrici, rimorchi, luccichii di cromature, sinfonie di paraurti. Parallelepipedi bianchi con la scritta blu e azzurra di Italtrans, pronti a solcare le autostrade italiane h24. Laura Bertulessi sembra accarezzarli con lo sguardo dalla vetrata dell’ufficio e riassume una vita in tre numeri: 1.000 mezzi, 1.500 dipendenti, 1.000.000 di metri quadri di magazzini refrigerati. A Calcinate, dove Bergamo diventa piatta, la grande compagnia di trasporto merci alimentari manda in scena tutti i giorni la logistica su gomma.
Tecnologia e managerialità, il risultato è questa sede nera da Silicon Valley dei motori a perdita d’occhio nella pianura: il segno più tangibile del sogno realizzato. Oltre 450 milioni di fatturato in servizi, un dato formidabile. «Siamo una squadra, ieri come oggi: mio cognato Germano è il presidente della società. Io e Claudio Bellina, mio marito, completiamo il cda: ognuno si è ritagliato una sfera d’azione che privilegia i propri punti di forza. Germano si occupa della parte immobiliare, della manutenzione e dell’efficienza della flotta: era partito proprio dall’officina, preoccupandosi di non avere mai camion fermi. Io, nella veste di amministratore delegato, sono il riferimento dell’area commerciale, vivo più in ufficio, con problemi che ti rotolano sulla scrivania. Una vita che mio marito non è mai riuscito a fare; lui è sempre stato l’uomo dei motori e poi dei magazzini, una macchina da guerra instancabile. Quando è nervoso sale su un mezzo e va a fare un viaggio. Vivrebbe nell’abitacolo e ovviamente non salta una Parigi-Dakar con il camion, la sua grande passione».
Una donna concreta e sintetica, Laura. Riassumerebbe l’impresa con due parole: «Passione e coraggio». In fondo non serve altro per cogliere l’essenza di 37 anni di lavoro. [...] «In piedi all’alba, strada da macinare: quando racconti sembra tutto un gioco ma niente è mai facile mentre lo vivi. Ora qui ci sono 1.000 camion ma quando abbiamo cominciato c’era solo un Fiat 170 di terza mano». Era del fidanzato, comprato dal padre per permettergli di iniziare a lavorare dopo il servizio militare.
Laura e Claudio si conoscono nel 1983. Lei ha da poco terminato il liceo linguistico e desidera girare il mondo. Inizia a lavorare in un’azienda di import-export di prodotti per florovivaisti che si avvale di un’agenzia esterna per le spedizioni; proprio così incontra Claudio, quando la società glielo manda per un viaggio commissionato. Laura ha personalità, iniziativa. Dietro c’è una famiglia dignitosa e serena: mamma Maria è casalinga e papà Alessandro lavora come trasportatore per la Dalmine, con i tubi dell’acciaieria sul cassone. Quell’imprinting è alla base di tutto. «Da bambina, nel fine settimana papà mi faceva indossare una piccola tuta da lavoro e lo aiutavo a lavare il camion. Per me era una festa. Poi prendevo i chiodi e li piantavo con il martello sul pianale. Ero vivace, entusiasta, imparavo in fretta». Torniamo agli anni del sogno e dell’insonnia. Laura Bertulessi e Claudio Bellina progettano la vita insieme. L’impiego di lei come principale punto di riferimento economico e il Fiat 170 come mezzo per perseguire un obiettivo: mettersi in proprio. «Anni stupendi e faticosi, avevamo dentro un entusiasmo che non si può definire. Lavoravo nella società di import-export e usavo le pause pranzo e le serate per cercare clienti per la nostra piccola impresa. Ferie mai. Italtrans nasce così, nel 1985, due anni prima del nostro matrimonio e della nascita di Paola, la primogenita. Eravamo accampati, con l’ufficio dentro l’officina e il magazzino delle merci nel piazzale». Nel primo anno di attività Italtrans fattura 680 milioni di lire. I clienti iniziali sono piccoli produttori, commercianti di frutta e verdura che hanno come destinazione l’Ortomercato di Milano; Laura e Claudio scendono nelle campagne romagnole nella stagione dei raccolti, caricano e ripartono. La svolta - perché c’è sempre una svolta - avviene quando Esselunga chiede loro di garantire un viaggio a Brescia. Lavorano bene e quel viaggio viene rinnovato per un anno. «Non sgarriamo un giorno, non sbagliamo niente. Ancora oggi è il nostro primo cliente. Rigore, precisione, puntualità, serietà, correttezza: se impari a lavorare con Bernardo Caprotti non hai problemi a lavorare con il mondo intero. Siamo cresciuti all’Università di Caprotti, le garantisco che vale più di molti altri titoli di studio blasonati». L’azienda si sviluppa, i Tir si moltiplicano. Fino al 2000 Italtrans si occupa solo di trasporto, il fatturato tocca quota 70 miliardi (sempre in lire, alla vigilia dell’entrata in vigore dell’euro). Poi un responsabile della logistica di Auchan chiama proponendo una nuova sfida: la logistica integrata. «Cerchiamo uno spazio che abbia i requisiti minimi per partire, lo troviamo a Calcinate e in tre mesi realizziamo un magazzino per generi alimentari a temperatura ambiente di 27.000 metri quadri. Poi aggiungiamo il fresco, i surgelati, il non alimentare. Ora serviamo con 23 poli logistici tutta la grande distribuzione di prima fascia e le primarie società dell’industria alimentare».
Laura corre, va veloce con il pensiero. Prepari la domanda e lei è già oltre. «Mi piace coniugare rapidità e lucidità. Quando c’è qualcosa da fare, la faccio e non amo tentennare». Forse l’accelerazione è dovuta all’altra passione, quella per la moto. «Da ragazza ero un maschiaccio, a 15 anni avevo un Ktm 125 e andavo sul Brembo a fare cross con gli amici. Mio cognato Germano ha sempre avuto un debole per le moto da corsa, per anni abbiamo sponsorizzato il pilota bergamasco Roberto Locatelli, che vinse il mondiale nella 125 con l’Aprilia. I bolidi non potevano che essere uno sbocco naturale». Quando il Motomondiale spacchetta le categorie e consente anche ai privati di accedere alle corse con un impegno economico sostenibile, Italtrans realizza il suo team e partecipa al mondiale Moto2. Poiché lo stile della casa non prevede galleggiamenti passivi, nel 2020 lo vince: campione del mondo con Enea Bastianini.
Nel frattempo sul piazzale i bisonti della strada si muovono con precisione. Entrano ed escono come api nell’alveare, spostano mondi, consentono al ciclo alimentare di compiersi ogni giorno. Anche durante la pandemia, anche per alleviare una guerra. «Nell’emergenza Covid il nostro era l’unico settore che poteva, anzi doveva, lavorare per garantire gli approvvigionamenti. Abbiamo comprato gli strumenti che mancavano: mascherine, ventilatori, respiratori da mettere a disposizione degli ospedali. Abbiamo collaborato con le associazioni locali per il trasporto di ossigeno nelle case dei malati. Grazie al contributo dei nostri clienti abbiamo regalato 16.000 pacchi spesa alle famiglie disagiate. Nessun dipendente si è tirato indietro e in quel periodo ho avuto la conferma che, nonostante i numeri da grande azienda, siamo ancora una famiglia».







