I verbali dell'inchiesta sul presunto stupro di gruppo che vede Ciro Grillo & company accusati di una violenza sessuale di gruppo che si sarebbe consumata il 17 luglio 2019 ad Arzachena, in Costa Smeralda, fotografano una realtà che ora i testimoni sembrano ribaltare. È come se ci fossero due storie parallele e diametralmente opposte: una raccontata davanti agli investigatori (dove i testimoni hanno l'obbligo di dire la verità) e l'altra davanti al tribunale mediatico. L'atteggiamento di S. J., la diciannovenne che ha denunciato di essere stata stuprata, durante lezione di kite surf a Porto Pollo, per esempio, si è trasformato drasticamente. Francesca Brero, l'istruttrice con la quale S. J. quello stesso 17 luglio aveva fatto lezione, davanti ai carabinieri di Palau, il 27 agosto 2019, ha reso questa versione dei fatti: «Quando ci siamo presentate mi è sembrata una ragazza vivace, solare ed estroversa. Posso dire che era eccitata ed euforica [...]». La lezione deve essere andata bene, perché la testimone verbalizza: «Ricordo che la ragazza era molto entusiasta e felice della sua performance». Inoltre non si sarebbe lasciata andare a confidenze di sorta su come aveva trascorso la serata in Costa Smeralda. «Eravamo a fine lezione», verbalizza Francesca, «ed è stato un commento estemporaneo». Poi le viene chiesto se le sembrava che avesse potuto abusare di alcolici. E la testimone risponde: «Escludo che abbia manifestato comportamenti tipici di una persona sotto gli effetti di alcolici, perché non le avrei consentito di iniziare la lezione». E ha anche aggiunto, a proposito dello stato d'animo di S. J., «il suo stato d'animo potrebbe essere motivato dalla spensieratezza della sua età, dall'essere in vacanza e dal praticare uno sport, il kite surf, con successo e dalla performance, come detto, che ha avuto quel pomeriggio con me». Fin qui la versione che è finita nell'inchiesta e che hanno letto i magistrati inquirenti. Al Corriere della Sera, domenica 9 maggio 2021 (e in un'intervista fotocopia su Repubblica), però, Francesca fornisce una ricostruzione che deve aver fatto letteralmente saltare sulla sedia i carabinieri che avevano raccolto la sua testimonianza. «S. J.», secondo l'istruttrice, «quel giorno era arrivata in semi hangover, non proprio al massimo della lucidità, diciamo così. Mi è sembrata stonata, di quelle ragazze che arrivano stanche a fare la lezione, di sicuro non lucida». Altro che performance di successo. Poi, a proposito dei commenti sulla serata in Costa Smeralda, aggiunge: «Mi ha detto che avevano bevuto parecchio, come le ragazze di quell'età che fanno le sei del mattino. Arrivano stanche e lei lo era sicuramente molto». Ai carabinieri aveva detto che se si fosse accorta che aveva bevuto le avrebbe impedito di partecipare alla lezione. Ma non è l'ultima stranezza. L'istruttrice trasforma anche l'esito della lezione che, se davanti ai carabinieri era stata descritta come un'ottima performance, con il Corriere diventa una débâcle: «Se non ricordo male non ce l'ha fatta a finirla». Ma anche nella versione dell'altro istruttore, Marco Grusovin, c'è qualcosa che non torna. Sentito negli uffici del Nucleo operativo radiomobile del reparto territoriale di Olbia, ha raccontato di conoscere S. J. dall'anno precedente. Con lui c'era una certa confidenza, tanto che la ragazza gli aveva anche raccontato del precedente stupro in Norvegia. E lui le aveva anche dato dei consigli. L'istruttore, sentita la storia, però, pensò che la ragazza stesse cercando di attirare la sua attenzione. Ma a suo giudizio il racconto era «confuso e contradditorio». E a verbale aveva precisato: «Non ho creduto più di tanto a quello che mi stava dicendo». Durante la puntata di Quarto grado di venerdì 7 maggio, però, l'istruttore ha parzialmente ribaltato la deposizione. Ha detto che S. J. «era dolorante e molto confusa», ma non ha mai messo in dubbio la versione della ragazza, anzi si è preoccupato di evidenziare i consigli che le aveva dato. Ma è nel lancio dell'intervista che emerge un particolare che apre un nuovo scenario. La giornalista Martina Maltagliati afferma di aver parlato molto al telefono con il testimone. E a un certo punto dice: «Proprio in questi giorni ha cercato tramite il legale di S. J. di contattarla perché è in apprensione, vuole sapere come riesce a reggere tutta questa pressione». Una notizia che potrebbe aver fatto rizzare i capelli in testa agli avvocati degli indagati, considerando che tra quella sentita in tv e il verbale dell'agosto del 2019 la versione del maestro sembra essere un po' cambiata. Come era già accaduto con con quella dei due gestori del Bed and breakfast in cui avevano alloggiato le ragazze. Maika Pasqui, con l'intervento di Daniele Ambrosiani che a fine verbale ha confermato le dichiarazioni della compagna, ai carabinieri di Olbia che il 22 agosto 2019 hanno fatto visita al B&B per raccogliere la loro versione ha dichiarato: «Durante il loro soggiorno le abbiamo viste poco e posso dire che erano tranquille [...]. Non ho notato situazioni particolari e le due ragazze erano molto serene [...]». Nel verbale, gli investigatori annotano anche che il compagno Ambrosiani, quando le due ragazze erano rientrate al B&B, «ha avuto la sensazione che erano entrambe felici ». Poi, però, lo stesso albergatore a Non è l'Arena del 25 aprile 2021, ha fornito una versione differente: «Da quel ritorno in taxi, da questa serata, non ci sono più sembrate le stesse ragazze allegre e spensierate che ci eravamo abituati a vedere […]. Soprattutto la ragazza che poi abbiamo scoperto aver fatto la denuncia era diventata schiva. Era diventata molto riservata e più che altro triste. [...] Avendo un Bed and breakfast gli ospiti vivono a casa nostra, fanno colazione con noi, quindi il rapporto anche se sono quasi sconosciuti è quotidiano». Ma c'è una terza versione. Sempre a Non è l'Arena, il 9 maggio, lo stesso albergatore risponde alle domande di Francesco Borgonovo, e sostiene che il verbale «è impreciso». E che quelle «sono le parole della fidanzata e non le “nostre"»: «Io c'ero e non c'ero in quella situazione, avevamo ospiti e poi mi hanno chiesto se ero d'accordo con quello che aveva detto la mia fidanzata», aggiunge. «Noi con gli inquirenti abbiamo parlato per più di un'ora e quello che c'è nel verbale sono i primi cinque minuti. Forse hanno voluto trascrivere solo quelle parole. Sul momento probabilmente anche noi forse siamo stati un po' vaghi. Pensavamo che ci venissero a chiedere addirittura qualcosa che avevano fatto le ragazze». E la parola «felici»? «Non l'ho mai usata», dice l'albergatore. «Con gli inquirenti ho usato altri termini. Ho detto che sembravano due ragazze tornate da una nottataccia in giro», ma «forse non l'hanno messo a verbale». Adesso gli inquirenti potrebbero voler sentire nuovamente i testimoni. Per capire se abbiano mentito o se, invece, abbiano sbagliato gli investigatori.
Hanno studiato insieme al Collegio Emiliani diretto dai padri somaschi. Uno splendido istituto a picco sul mare, forse la scuola con la vista più bella di Genova. È in questo posto da fiaba che si sono conosciuti i presunti quattro stupratori di Arzachena: Ciro Grillo, Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria. Dopo la folle notte tra il 16 e 17 luglio 2019 in cui avrebbero violentato la coetanea S.J. e abusato anche dell'amica R.M., si erano convinti che il processo sarebbe andato avanti a luci spente, come stava accadendo da due anni. Ma ad attirare l'attenzione di tutti i media ci ha pensato Beppe Grillo con il video choc in cui assolve il figlio e gli amici e attacca la presunta vittima, a suo giudizio consenziente, accusandola di non aver denunciato subito la violenza, ma di avere atteso otto giorni. E se Ciro ha pubblicato sul proprio profilo Instagram il filmato del padre, gli altri ragazzi e i rispettivi avvocati non devono aver accolto l'iniziativa con lo stesso entusiasmo. Come conferma l'audio di uno di loro, trasmesso ieri sera in esclusiva nella trasmissione Non è l'Arena di Massimo Giletti. È stata la prima volta che uno dei quattro indagati per violenza sessuale di gruppo è stato sentito in uno studio televisivo. Ieri abbiamo bussato alle loro porte e, con noi, Lauria ha confermato di aver pronunciato le frasi trasmesse in tv. Nel video esordisce così: «Sto bene, è un po' dura. Speriamo che si risolva».
L'intervistatore, facendo riferimento al video di Grillo, gli parla di «danno clamoroso» e il giovane rimarca l'aggettivo «clamoroso», aggiungendo che «ogni cosa che viene detta a nostro nome, comunque cade su quello». Insomma peggiora la situazione, anche perché a suo dire viene raccontato «tutt'altro di quel che è successo». Il suo giudizio è netto: «Secondo me non andava fatto. Non se ne parlava più e ora è riuscito tutto perché ha fatto (Grillo, ndr) sta roba qua. Perché se fossimo stati io e gli altri miei due amici non conosciuti non sarebbe successo niente». Ma perché l'ex comico ha deciso di farsi un autogol del genere? «Secondo me, nel video, lui voleva specificare come siamo fatti noi, che siamo più dei coglioni, perché comunque le cose bisognava dirle […] ha detto quello che è successo». Ma nel suo sfogo, Grillo avrebbe fatto una clamorosa topica: «La cosa che ha detto Beppe del video, la cosa degli otto giorni secondo me non ci stava dirlo […]. Dire una roba del genere comunque, davanti poi… chissà quanta gente ha visto ormai quel video lì… contro una donna, non è giusto perché non c'entra tanto quanto ha aspettato, ma la cosa è che l'ha fatto proprio senza senso…». Quindi persino un ragazzo di 20 anni capisce che aspettare otto giorni per denunciare una violenza non significa che quell'abuso non ci sia stato. E infatti il legislatore ha concesso alle vittime 12 mesi per presentarsi all'autorità giudiziaria, essendo note le difficoltà per una donna violata di denunciare il proprio aguzzino e affrontare un processo su questioni tanto intime.
Ma in tv Lauria ha anche raccontato la sua personalissima versione della serata e ha provato a descrivere il contenuto del video del presunto stupro finito agli atti: «Si vede proprio la ragazza che comunque sta, uno, benissimo e, due, che comunque noi non costringiamo niente».
Secondo l'accusa la ragazza sarebbe stata «costretta» a bere vodka. Lauria non ci sta: «Invece è proprio lei che l'ha presa da sola e per sfida […] l'ha bevuta tutta, “gocciandola", ma non era tanta, era un quarto di vodka […] lei per sfida ha detto “dai che ce la faccio" e se l'è bevuta. E poi è andata a dire che io l'ho presa per la gola, ho fatto…». L'indagato conferma che lui e i suoi amici hanno avuto un rapporto sessuale con S.J., ma per lui si era trattato di sesso consensuale. Allora perché la studentessa milanese ha dato una versione opposta alla loro, accettando di affrontare l'incubo di un processo per stupro? La risposta di Lauria lascia esterrefatti: «Si è pentita. Perché ci sono anche i messaggi suoi dove dice: “Ho sbagliato un'altra volta"; “ho fatto un'altra cazzata"». Frasi che, però, non avrebbe detto a loro, ma a delle amiche. La versione dei quattro genovesi e delle due milanesi conosciute in Sardegna collima su un punto: dopo quell'alba di sesso i due gruppi non si sarebbero più incontrati. «Noi non l'abbiamo più rivista, ma non perché… […] il giorno dopo… cioè… lei ha fatto le sue cose. Ma perché il giorno dopo…? Dopo una cosa che lei ha descritto in tal modo, non penso sia così semplice andare in spiaggia, andare a fare kyte (surf, ndr), andare a fare un'altra serata in discoteca…». Qui Lauria, pur avendo criticato il video, sembra aver assorbito gli stessi concetti retrogradi di Grillo senior. Quindi puntualizza una ipotetica contraddizione della ragazza, la quale dopo il primo presunto stupro sarebbe andata a comprare le sigarette con loro dal tabacchino: «Lei aveva detto che non c'era, invece, poi abbiamo trovato una foto e lei era in macchina con noi che siamo andati a prendere le sigarette in un posto vicino a un locale […]. Mi ricordo che lei aveva detto di non essere venuta e invece c'era una foto che è là con noi».
Ieri, come detto, abbiamo suonato al campanello di casa Lauria. La famiglia vive nell'elegante quartiere di Albaro, in una palazzina di quattro piani, affacciata su un viale alberato. L'appartamento dei Lauria è al piano ammezzato. Ci apre proprio Vittorio: indossa slippini bianchi e una felpa scura. Sulla gamba destra notiamo dei tatuaggi. Ha il tono pacato e gentile. Quando gli scappa il gatto, lo insegue per le scale. Poi ritorna da noi.
Ci spiega: «Non posso assolutamente parlare». Ma resta sulla soglia, quasi desideroso di dire la sua. «I rapporti con Ciro? Con lui siamo amici da sempre». Sul video si mostra cauto: «Se era meglio non farlo? Non lo so, si vedrà […]. Non dovete mica chiederlo a me, non l'ho fatto io». Vittorio, ex studente del liceo scientifico all'istituto Emiliani, sta recuperando un paio d'anni a Napoli; è fidanzato e si ritiene un bravo ragazzo. A questo punto gli spariamo secca la domanda: ti senti uno stupratore? «No, non lo sono», ribatte, prima di chiudere la porta dietro di sé.
Ecco le chat tra Luca Palamara e Gregorio Capasso, procuratore di Tempio Pausania, ufficio giudiziario che sta indagando sul figlio di Beppe Grillo e tre amici per l'accusa di violenza sessuale ai danni di una ragazza italonorvegese. I messaggi tra i due iniziano nell'ottobre 2017.
Sono online, sul nostro sito le chat tra Luca Palamara e Gregorio Capasso, procuratore di Tempio Pausania, ufficio giudiziario che sta indagando sul figlio di Beppe Grillo e tre amici per l'accusa di violenza sessuale ai danni di una ragazza italonorvegese. I messaggi tra i due iniziano nell'ottobre 2017.




