2023-09-13
La Svezia rinnega i tablet in classe. «Sono dannosi, torniamo ai libri»
Il Karolinska institutet: «La tecnologia compromette l’apprendimento degli studenti».Sembra che qualcuno stia rinsavendo dalla sbornia ultratecnologica che ha invaso le nostre vite e soprattutto la scuola, primaria compresa, cioè le scuole elementari. È successo in Svezia dove il nuovo ministro dell’Istruzione Carlotta Edholm, in carica da undici mesi, ha deciso di invertire la tendenza che, come riferisce Il Mattino di Napoli - portava i tablet già nelle aule delle scuole materne. A marzo il ministro Edholm aveva annunciato che «gli studenti svedesi hanno bisogno di più libri di testo e di meno computer». Non ha parlato di riportare in aula i banchi di legno o di formica di antica memoria, né i banchi con le rotelle come il governo Conte, oppure di riportare le lavagne con tanto di gessetti e cimose dette anche girelle (che comunque erano bellissime anche per le indimenticabili lotte a cimosate che occupavano largo tempo nelle classi di qualche anno fa). Non è stata guidata, insomma, da una questione estetica per dare un senso retrò al tutto, è stata guidata da ricerche che ci dicono con estrema chiarezza che si sta riducendo l’abilità di lettura degli studenti tra i nove e i dieci anni di età. La ricerca è stata svolta dal Karolinska institutet, una delle più importanti università di medicina che seleziona ogni anno il vincitore del premio Nobel, che ha scritto le seguenti cose: «Ci sono chiare prove scientifiche che gli strumenti digitali compromettono piuttosto che migliorare l’apprendimento degli studenti. Riteniamo che l’attenzione dovrebbe tornare all’acquisizione di conoscenze attraverso libri di testo stampati e competenze degli insegnanti, piuttosto che acquisire conoscenze principalmente da fonti digitali liberamente disponibili che non sono controllate per l’accuratezza». Questo qualificatissimo istituto ha colto esattamente il centro della questione.Mettiamo che io voglia studiare un albero e, poiché sono più a portata di mano, mi limiti a studiarne il fusto, i rami e le foglie. Ecco, questo è quello che succede ai bambini o ai ragazzi che studiano tramite internet: non indagano anche sulle radici e, in campo culturale e pedagogico, questo significa non capire l’essenza di quello che si studia, soprattutto in campo umanistico. Vi ricordate la follia di quelle due università americane che espressero, l’anno passato, la volontà di cancellare (da cui l’espressione cancel culture) dagli studi umanistici il greco e il latino in quanto espressioni dell’uomo bianco e, perciò, razziste? A mio modesto avviso queste posizioni sarebbero da affrontare più in sede psichiatrica che in sede culturale perché che questo sia falso lo può sapere anche un ragazzo che ha conseguito un diploma di scuola secondaria da un qualsiasi liceo o istituto dove si siano studiate la letteratura e la storia dell’Occidente. Queste storie sono incomprensibili senza una pur minima conoscenza del mondo classico, che è la fonte di quelle storie stesse a partire dai primi secoli dopo Cristo fino a oggi. Se uno non conoscesse la mitologia greco-latina, come farebbe a capire qualcosa nella letteratura, nella filosofia, nella stessa religione cristiana e nella storia? Lo stesso vale per internet. Giustamente c’è un’altra ricerca che si chiama Progress in International Reading Literacy Study che ha un acronimo strano: Pirls, che sembrerebbe il plurale di pirlas e che sarebbe adatto per quelli della cancel culture e di coloro che pensano che il rapporto tra docente e discente possa passare solo attraverso la tecnologia e non nell’incontro tra persone. La tecnologia non potrà mai dare quello che ci hanno insegnato i greci antichi e cioè che il pensiero si forma nel dialogo fra chi insegna e chi apprende. Come è noto, Platone scrisse le sue opere nella forma letteraria del dialogo perché è solo in esso che la didattica esprime le proprie potenzialità massime, è nel dialogo stesso che chi insegna capisce se lo studente collega le nozioni apprese, ne capisce il significato, ne indaga le origini. Ebbene, la ricerca compiuta da Pirls ci dice che i tablet nelle scuole materne hanno portato a un forte declino delle competenze di base, anche da parte degli insegnanti che spesso affidano principalmente ai computer il ruolo didattico che toccherebbe a loro svolgere.In conclusione, qui non è questione di riportare bambini, adolescenti e ragazzi in una sorta di Piccolo mondo antico alla maniera di Antonio Fogazzaro, qui si tratta di ben altro: si tratta di aiutare gli studenti nel difficile passaggio da «imparare a leggere» a «leggere per imparare» strada sulla quale difficilmente potrà portare la tecnologia e dove invece potrà portare la competenza e l’umanità pedagogica di docenti all’altezza del loro compito.
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