Il programma presentato alla Commissione prevede una riforma del catasto. Così, dopo essersi impegnato a ridurre le imposte, pure Mario Draghi s'appresta a mungere le vittime preferite dai governi: i proprietari d'immobili
Il programma presentato alla Commissione prevede una riforma del catasto. Così, dopo essersi impegnato a ridurre le imposte, pure Mario Draghi s'appresta a mungere le vittime preferite dai governi: i proprietari d'immobiliQuando si presentò al Senato per chiedere la fiducia, cioè due mesi e mezzo fa, Mario Draghi non fece troppe promesse, né impegnò l'esecutivo a realizzare progetti faraonici, come di solito fanno i presidenti del Consiglio in cerca di facile consenso. Tuttavia, tra le poche cose degne di nota, ci fu un accenno alle tasse che gravano sui contribuenti. In particolare, l'ex governatore della Bce citò l'esperienza danese di riforma delle imposte e quella italiana di quarant'anni fa, quando Bruno Visentini ridisegnò il sistema fiscale. In pratica, Draghi lasciò capire - o per lo meno questo è ciò che noi, ma anche la maggioranza degli italiani abbiamo inteso - che le aliquote vanno ridotte, a cominciare da quelle più basse per finire a quelle più alte. A proposito di ciò che fecero a Copenaghen, il premier disse testualmente: «L'aliquota marginale massima è stata ridotta, mentre la soglia di esenzione è stata alzata». Insomma, ascoltandolo ci eravamo illusi che, a differenza dei predecessori, il nuovo premier intendesse mettere a dieta la burocrazia statale, per poi procedere con un taglio secco delle imposte. Per dirla tutta, dei 51 minuti di discorso, quella sul fisco ci era parsa la parte più interessante del programma. Non che gli altri buoni propositi non fossero degni di nota, però dire che si doveva procedere spediti con il piano vaccinale e rendere più efficienti la pubblica amministrazione, la scuola e la giustizia civile, è un po' scontato. In passato, non c'è stato capo del governo che in Parlamento non abbia giurato le stesse cose. Mentre promettere di ridurre l'aliquota marginale più alta e di alzare il reddito sotto il quale è garantita l'esenzione fiscale è altra cosa.Fin qui il discorso del primo giorno, ma poi tocca alla fase due, ovvero alla messa in pratica delle promesse e qui le nostre certezze, e un po' anche la nostra fiducia, vacillano. Già, perché nel famoso Pnrr, acronimo oscuro che sta per Piano nazionale di ripresa e resilienza, ovvero il programma di investimenti che l'Italia deve presentare all'Europa per avere i miliardi promessi, il conclamato impegno di riformare il fisco, alleggerendo la pressione sui contribuenti, sembra sfumare nella nebbia, lasciando spazio al rischio dell'ennesima stangata. A che cosa ci riferiamo? Ad alcuni passaggi chiave del documento presentato a Bruxelles. In particolare, ce n'è uno che comincia bene, ma finisce male. Vi si legge infatti, che è necessario «spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati». Sul primo proposito, ovviamente siamo d'accordo, perché i lavoratori incassano troppo poco, ma i datori di lavoro pagano troppo tanto. Dunque, è giusto ridurre il carico fiscale. Sul secondo proposito, ahinoi, qualche dubbio lo abbiamo, perché si rischia di vedere qualche soldo in più in busta paga, ma altrettanti in meno di esenzioni fiscali. Ciò però su cui non siamo assolutamente d'accordo è la «rivalutazione dei valori catastali», perché significa una sola cosa, ovvero una patrimoniale sulla casa. I proprietari di immobili sono dai tempi di Mario Monti la mucca da mungere perché, a differenza dei capitali, i mattoni non li puoi trasferire all'estero. Dunque, non c'è governo che non si lecchi i baffi al pensiero di mettere le grinfie sul patrimonio immobiliare degli italiani, che nel nostro Paese è assai cospicuo. Il proposito ovviamente non può lasciar tranquille le persone che hanno investito i propri risparmi in una seconda casa, perché quella rischia di essere la più tartassata, quasi che avere l'appartamento al mare o in montagna sia un bene di lusso. Ovviamente, il governo negherà di avere in animo di innalzare le aliquote, ma non serve aumentare quelle, basta ritoccare gli estimi, cioè i valori dell'immobile, così da farlo risultare più prezioso e dunque più fruttuoso per il fisco.Tuttavia, ad allarmarci non c'è solo la questione della revisione dei valori catastali, ma pure il dichiarato impegno contro l'evasione fiscale. Anche in questo caso, non c'è esecutivo che non prometta di dare la caccia ai furbi, ma poi, quando si tirano le somme, si scopre che i furbi restano impuniti e a essere spremuti sono i contribuenti onesti, ai quali vengono contestate innocenti evasioni come gli errori o i ritardi negli adempimenti e non l'elusione o la mancata dichiarazione dei redditi. Ora però, al ministero delle Finanze promettono di fare sul serio e dunque nel Pnrr si annunciano «decisioni strategiche dell'Agenzia delle entrate nelle attività di prevenzione, controllo e repressione in campo fiscale». Sarà la nostra innata diffidenza verso il sistema, sarà la accumulata esperienza, sta di fatto che siamo d'accordo nel far pagare le tasse agli evasori, ma non vorremmo che alla fine anche chi non ha evaso sia trattato come se lo avesse fatto e quindi strizzato a dovere, come è sempre accaduto. Perché passare dal modello danese a quello romano è un attimo e nell'attimo è compresa spesso la fregatura.
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