2021-09-05
«Sulle foibe tante chiacchiere da bar. La stima di 5.000 morti è al ribasso»
Per lo storico, «la recente polemica è tutta politica e non ha nulla di scientifico. Si fa finta di ignorare fatti assodati tra gli studiosi di tutte le estrazioni ideologiche. In Slovenia stanno mappando 100.000 vittime»«Discorsi da bar». Non usa mezze misure Giuseppe Parlato, ordinario di storia contemporanea presso l’università degli Studi internazionali di Roma e presidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice di Roma, per bocciare le uscite sul tema delle foibe di cui vari guru dell’intellighenzia progressista - da Tomaso Montanari ad Alessandro Barbero - si sono resi protagonisti negli ultimi giorni. Come noto, tutto è iniziato con Montanari che ha definito la giornata del Ricordo per i martiri delle foibe «il più clamoroso successo» d’una «falsificazione storica revisionista»; sempre il neorettore dell’università per Stranieri di Siena ha poi rilanciato varie stime sugli infoibati (prima 800, poi 5.000) che, se da un lato lasciano intendere il tema sia vago, dall’altro ha dato modo a vari altri accademici amici di appoggiarlo in uscite che tanti, Parlato incluso, hanno trovato poco opportune. Professore, ha seguito la polemica nata in questi giorni dalle parole di Montanari? Che idea si è fatto? «Sì, l’ho seguita ovviamente e l’idea che mi sono fatto è quella del decadimento del livello del dibattito storico attraverso formule e argomentazioni che non hanno nulla a che vedere con il dibattito storiografico ma solo con quello politico. Su questo argomento ci sono stati studi, analisi, ricerche approfondite di studiosi di alto livello nel corso degli ultimi 20, 30 anni. Ora, ridurre il discorso delle foibe o del giorno del Ricordo ad una mera operazione politica è un’offesa a quanti hanno studiato queste cose con correttezza e con attenzione e, nello stesso tempo, equivale a far tornare indietro l’orologio della ricerca storica con argomentazioni banali e sicuramente non approfondite; e quindi ciò dà un contributo esattamente a quello contro cui il professor Montanari intende andare, dato che su questo versante la comunità scientifica è ormai concorde».Che intende dire? «Che sono elementi assodati il fatto che migliaia di morti italiani siano stati uccisi nelle foibe e non solo nelle foibe, ma con annegamenti o con la scomparsa nei campi di concentramento della Jugoslavia. Da Trieste non sono più tornate centinaia, direi migliaia di persone nei 43 giorni in cui Tito ha occupato la città».Eppure c’è ancora chi parla di 800 vittime per le foibe. «I dati di Raoul Pupo e degli storici più accreditati parlano di 5.000 unità. C’è però un problema che loro stessi evidenziano: di tantissimi scomparsi non si sa più nulla. Quindi quella di 5.000 vittime è per me una stima ristretta. A ciò si aggiunga che a 7 km da Gorizia, in territorio sloveno, un anno e mezzo fa è stata trovata una foiba, e non è una novità dato che in Slovenia stanno mappando 100.000 vittime delle foibe. Quindi questa, checché ne dicano i Barbero e i Montanari, non è una questione soltanto italiana, ma europea, per la precisione balcanica. Ed è il riflesso del tentativo di instaurare il comunismo in Jugoslavia, perseguito con la stessa ferocia riservata agli italiani».É insomma chi parla di «falsificazione della storia», tornando al giorno del Ricordo, il primo a effettuare una falsificazione. «Esattamente. Guardi, che il giorno del Ricordo sia una “falsificazione della storia” è al massimo una boutade. Dal 2005, cioè da quando si celebra l’appuntamento, molti passi sono stati compiuti e, se certi non lo sanno, è bene che si informino. Per esempio, si son stabiliti buoni rapporti tra le associazioni degli esuli e le associazioni degli italiani rimasti in Slovenia e Croazia: una volta neppure si parlavano, invece ora c’è un clima di cordiale collaborazione. Oppure si pensi ai rapporti tra Italia, Slovenia e Croazia: se fosse vero quel che dice il professor Montanari, noi dovremmo essere già in guerra con questi Paesi».In effetti. «Invece così non è, come dimostra anche la visita del presidente Mattarella, che non mi pare si possa definire neofascista, alla foiba di Basovizza mano nella mano con Borut Pahor, il presidente sloveno. Una cosa che una volta non era neppure pensabile; pensiamo poi, restando al tema dei progressi della ricerca, ai lavori della professoressa Cattaruzza o del citato professor Pupo, che hanno speso anni su questi argomenti, peraltro con sensibilità politiche e storiografiche differenti. Tutto questo prova che il giorno del Ricordo non è stata una invenzione della destra, ma l’esito di un voto parlamentare quasi unanime. A conferma di come l’appuntamento non sia affatto qualcosa di divisivo. C’è però purtroppo chi vuole buttarla in caciara con discorsi da bar».
Beatrice Venezi (Imagoeconomica)
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