2021-04-03
Sulla produzione di vaccino Sputnik Pd e Zingaretti stanno zitti e Mosca
I dem trovano un improvviso zelo atlantista e anti Vladimir Putin. Che c'entri la spy story dell'ufficiale di Marina? Il Lazio guidato dall'ex segretario sembra invece lavorare a una collaborazione con l'istituto Gamaleya.Premessa doverosa: ovviamente non occorre confondere mai le condotte illecite, come quelle di cui è accusato il capitano di fregata Walter Biot, con gli altri comportamenti - assolutamente leciti - che stiamo per rievocare: a scanso di equivoci, dunque, nessun accostamento sul piano legale e giuridico.Ma dal punto di vista dell'opportunità politica (e del posizionamento geopolitico), nelle ultime quarantott'ore si assiste a uno strano doppio standard, per non dire a un curioso fenomeno di memoria intermittente. Da un lato, a sinistra, nel Pd e sui media di riferimento, dopo l'esplosione del caso di spionaggio a favore della Russia, c'è un improvviso ed esibito zelo atlantista e antirusso, con punte quasi da nuova guerra fredda. Naturalmente, solo il seguito dell'inchiesta sull'ufficiale di Marina italiano ci farà capire se si tratta di un pesce piccolo, il cui arresto è stato molto valorizzato essenzialmente per dare un segnale, o se invece la vicenda è davvero consistente.Non solo: con un riflesso pressoché automatico, sia in sede politica che in sede giornalistica, si è immediatamente puntato il dito contro l'epoca del governo Conte uno, e le vere o presunte simpatie filo Mosca di M5s e Lega. Un'atmosfera - ci si è spiegato - che ora il nuovo governo intenderebbe rovesciare, sintonizzandosi in modo netto e inequivoco con la diplomazia e l'intelligence occidentale. Intento lodevolissimo.Dall'altro lato, però, gli stessi ambienti politici e mediatici di sinistra sembrano dimenticare un evento abbastanza recente (un anno fa) e uno addirittura recentissimo (di queste ultime settimane). L'evento di un anno fa è la massiccia missione russa di «assistenza e supporto» all'Italia durante la prima ondata della pandemia, con una sfilata di uomini e mezzi che hanno attraversato il nostro Paese: iniziativa di aiuto, si disse, ma non priva di una clamorosa e oggettiva valenza propagandistica, e non a caso valorizzatissima sui media scritti e audiovisivi. E alcuni, maliziosamente (noi ovviamente non siamo minimamente in grado di affermarlo o negarlo), ritengono che quella missione possa aver consentito alla ricerca russa di acquisire know how e informazioni utili in vista della futura predisposizione del vaccino Sputnik. In quel momento, al governo c'era il Conte due, con il Pd saldamente nella stanza dei bottoni: gli stessi che oggi - politicamente parlando - urlano e strepitano contro Mosca. Ancora più incredibile appare la rimozione di un evento di questi giorni: è stata la regione Lazio, quella guidata dall'ex segretario Pd Nicola Zingaretti, anche attraverso l'intesa tra l'Istituto Spallanzani e l'Istituto Gamaleya di Mosca, a mettersi in pole position nella corsa alla partnership russo-italiana su Sputnik. Nei giorni scorsi, questo giornale ha dato dettagliatamente conto della tavola rotonda (promossa dal Forum di dialogo italorusso e ospitata dall'agenzia Tass) sullo sviluppo di Sputnik, con il direttore sanitario dello Spallanzani Francesco Vaia e un appassionato intervento dell'assessore regionale alla Sanità, Alessio D'Amato, raccontato da Camilla Conti («ha citato La Prospettiva Nevskij di Gogol e terminato il suo intervento con un cordiale spassiba»). In quella stessa sede, Vaia parlò dell'imminente memorandum con il Gamaleya di Mosca per una sperimentazione sul vaccino: documento - si disse - che sarebbe stato condiviso con la regione Lazio e inviato «per conoscenza anche al ministro della Salute, Roberto Speranza». Non solo: tutta la vicenda si inquadrava (e si inquadra) in un'intensa prospettiva di partenariato con l'Italia, con potenzialità (tutte da verificare in termini di effettiva realizzazione, ovviamente) sul piano della produzione dello Sputnik e anche della relativa «registrazione e vendita», secondo gli auspici manifestati in particolare da Vladimir Primak, direttore del Fondo russo di investimenti diretti (Rdif). Ora, ribadito ancora una volta che stiamo parlando di intese trasparenti e corrette, restano però due pesanti interrogativi in termini di opportunità politica e di doppio standard mediatico. Sul primo fronte, c'è da domandarsi se non ci sia un po' di imbarazzo politico in qualche stanza della regione Lazio. Da un lato, c'è un Pd nazionale che ama mostrarsi in primissima linea nello schieramento politico anti Putin, e dall'altra c'è un Pd regionale (guidato dall'ex segretario nazionale del partito) che invece sembra lavorare ad una partnership dotata di un'oggettiva e fortissima valenza che va oltre la mera collaborazione scientifica. Sul secondo fronte, c'è da chiedersi cos'avrebbero scritto certi quotidiani se la collaborazione con Mosca sul vaccino l'avesse promossa qualche Regione a guida di centrodestra: è per lo meno immaginabile che un qualche collegamento almeno in termini di ragionamento politico, un qualche giudizio di scarsa e discutibile opportunità, sarebbe stato messo nero su bianco, a maggior ragione dopo l'esplosione del caso Biot. E invece, trattandosi del Lazio, zitti e mosca: anzi, zitti e Mosca.