2018-10-04
Sui giornali vietato parlare di «clandestini»
La Carta di Roma, codice deontologico dei cronisti, aggiorna i suoi diktat sulle parole da usare per raccontare l'immigrazione. Da evitare quelle che «contengono giudizi negativi». Il nuovo testo è stato presentato martedì, con tutte le fanfare del mondo progressista mobilitate alla bisogna. Intanto a Napoli trovati due stranieri con il colera: l'aspetto positivo qual è?«Stiamo andando verso un regime», tuonava Roberto Saviano dopo l'arresto del sindaco di Riace, Domenico Lucano. Regime magari proprio no, ma certo non c'è da stare allegri quando viene fornito ai giornalisti un «manuale delle parole per parlare» di un dato argomento (l'immigrazione, nello specifico). Forse non lo sapete, ma accade proprio qui, nell'Italia del 2018. Solo che, piccolo particolare, il manuale in questione è redatto proprio dagli amici di Saviano e il linguaggio obbligatorio che intende fornire ai cronisti va proprio nel senso delle idee care allo scrittore campano. Stiamo parlando della Carta di Roma, cioè del protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati e migranti, redatto nel 2008 da Fnsi (il sindacato dei giornalisti) e dal relativo ordine professionale, oggi finito a far parte integrante del «Testo unico dei doveri del giornalista». A dieci anni di distanza dalla sua pubblicazione, la Carta di Roma si è rinnovata. Il nuovo testo è stato presentato martedì, con tutte le fanfare del mondo progressista mobilitate alla bisogna. Sulla natura del documento, Valerio Cataldi, presidente dell'Associazione Carta di Roma, ha usato una definizione eloquente, a cui abbiamo accennato in precedenza: si tratta, ha detto, del «manuale delle parole per parlare di migrazioni». Capito? Il giornalista non è libero di parlare di migrazioni secondo la propria sensibilità e secondo la linea editoriale del suo giornale (ovviamente nel rispetto delle leggi, il che è sottinteso per ogni argomento): no, egli ha bisogno del manuale di istruzione. E fa un po' ridere che poi, poco più avanti, si scriva: «Non si tratta quindi di imporre regole e parole studiate a tavolino». Ma come, non era il manuale delle parole da usare? Ecco comunque qualche esempio di quello che si intende. La Carta di Roma invita a «usare termini giuridicamente appropriati sempre al fine di restituire al lettore e all'utente la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitando l'uso di termini impropri». Messa così si tratta di un'esortazione che sfiora l'ovvio. Ma continuiamo a leggere per capire dove si vuole andare a parare. Carta di Roma invita a non usare il termine «clandestino», «sostituendolo con “irregolare", “senza permesso regolare", “illegale o presente in modo illegale sul territorio"». Il fatto è che la parola «contiene un giudizio negativo aprioristico, suggerisce l'idea che il migrante agisca al buio, di nascosto, come un malfattore». Ma se esiste un reato di «immigrazione clandestina», perché non si può usare l'espressione «immigrato clandestino»? Mettere al bando un termine in base all'effetto che sortisce sul pubblico è un meccanismo pericoloso, che spiana la strada all'edulcorazione infinita delle parole. E poi dove sta scritto che il giornalista debba «rassicurare» il lettore? La gente è stufa anche dei politici disonesti: ci chiederanno di andarci piano con le cronache sulla corruzione per non soffiare sul fuoco della pubblica indignazione? È la realtà a generare paure, non sono le parole. Ma da questo orecchio gli estensori della Carta di Roma non ci sentono. Anzi, rilanciano: per le persone soccorse in mare, per esempio, «è opportuno usare [...] la definizione migranti e rifugiati». Peccato che, al momento del salvataggio, nessuno di costoro goda dello status di rifugiato e una buona parte non ne godrà mai. Se poi in tv si deve rendere conto delle dichiarazioni di un politico sul tema degli sbarchi, «il giornalista, visibile e riconoscibile, interviene, commenta, spiega e, in alcuni casi, stigmatizza l'eventuale controversialità delle dichiarazioni». Dimenticate la terzietà dell'informazione: il cronista ha ora il dovere di «stigmatizzare» le dichiarazioni anti immigrazione. Che i migranti possano portare malattie, poi, è tassativamente vietato scriverlo. E chissà come uno dovrebbe raccontare i due casi di colera registrati ieri a Napoli in immigrati residenti a Sant'Arpino e rientrati da poco dal Bangladesh... Viene anche fornito un elenco di fonti a cui attingere informazioni, in cui siti di ministeri figurano accanto a quelli delle Ong con una ben definita visione ideologica delle cose. Ciliegina sulla torta: l'Associazione Carta di Roma, viene spiegato nel sito, ha il «supporto» della Open society foundation di George Soros. Chi ha detto regime?
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».