2022-02-01
Il maxi studio demolisce il lockdown: «Mortalità ridotta solo dello 0,2%»
Il saggio del Johns Hopkins Institute dimostra l’inutilità delle serrate. Quelle all’italiana, in alcune ricerche, vengono addirittura associate a un aumento delle vittime. Oltre che a disastri economici, sociali e sanitari.Meglio tardi che mai. Ciò che l’uomo della strada aveva intuito da mesi, gli uomini di scienza finalmente confermano: i lockdown anti Covid, rigidi o semirigidi, nella migliore delle ipotesi non servono a niente. Nella peggiore, sono dannosi.È questo il risultato di un lungo saggio, appena pubblicato dal Johns Hopkins Institute for applied economics, global health, and the study of business enterprise, che ha preso in esame la bellezza di 18.590 studi internazionali, i quali misuravano gli effetti delle restrizioni pandemiche sulla mortalità. Dal setaccio di questa enorme mole di scritti, sono state scelte 34 ricerche, di cui 24 utilizzabili per una comparazione. L’esito dell’analisi è impietoso per il partito delle chiusure, poi riconvertitosi in partito della prudenza: il lockdown medio - calcolato in base agli indici di severità delle misure assunte, durante la prima ondata, in Europa e negli Usa - ha ridotto la mortalità solo di uno 0,2% in più, a paragone di una politica sanitaria basata esclusivamente sulle raccomandazioni e sull’affidamento al senso di responsabilità dei cittadini. Le serrate più dure, con il divieto di uscire da casa, ottengono punteggi di pochissimo migliori: un calo della mortalità del 2,9%. A fronte di enormi costi sul piano economico, sociale e, paradossalmente, sanitario, visto che sono stati interrotti trattamenti e diagnosi di molte altre gravi patologie. E non è finita qui. In alcuni dei testi scandagliati, le serrate all’italiana risultano associate persino a un lieve aumento della mortalità. Secondo gli esperti americani, questo fenomeno, tutt’altro che inatteso, può essere attribuito a uno di quegli inconvenienti sui quali un po’ tutti, senza essere epidemiologi né statistici, avevamo iniziato a nutrire dei sospetti: il fatto che il governo avesse radunato, sotto lo stesso tetto, sani e infetti. Gli alti livelli di carica virale, in un ambiente facilmente contaminabile com’è un’abitazione, possono aver provocato «una malattia più severa». In più, il lockdown stile Berlino Est «limita l’accesso a luoghi sicuri all’esterno», o include imposizioni vessatorie, tipo le mascherine all’aperto, «che spingono la gente a incontrarsi in luoghi chiusi, meno sicuri».È la pietra tombale sullo sbandierato «modello italiano». Citofonare a Giuseppe Conte, Roberto Speranza e, magari, pure a Walter Ricciardi. L’«ultimo guappo», con l’aria del profeta incompreso, meno di due settimane fa, ancora andava blaterando: «Serve una chiusura molto energica, molto forte, per tre-quattro settimane». Cosa dovremmo fare, con questi signori? Chiedere i danni in modo molto energico? Nell’articolo, uscito sulla rivista Studies in applied economics, si legge: «I lockdown hanno avuto un effetto devastante. Hanno contribuito a limitare l’attività economica, a far aumentare la disoccupazione, a ridurre le ore di scuola, a causare instabilità politica, ad alimentare la violenza domestica e a danneggiare la democrazia liberale». Adesso, però, spunta l’avvocato del diavolo. E ci bacchetta: «Del senno di poi son piene le fosse. Quando è arrivato il coronavirus, siamo precipitati nel panico: chiudere a doppia mandata fu una reazione comprensibile». Obiezione, vostro onore. Primo: se c’era tutta questa urgenza di rintanarsi, come mai Conte spedì i militari in Val Seriana, con l’intenzione di instaurare la zona rossa, e nondimeno cincischiò per giorni, richiamando poi alla base le forze armate e, infine, a buoi scappati dalla stalla, sequestrò l’intero Paese, contro il parere del Cts?Secondo: che lo spaghetti-lockdown fosse una gran fesseria, non occorreva un intuito sovrumano per stabilirlo. Era già una verità acquisita. Il paper della Johns Hopkins cita, ad esempio, un lavoro intitolato Nonpharmaceutical interventions for pandemic influenza, national and community measures, in cui si afferma proprio che «l’isolamento forzato e la quarantena sono inefficaci e impraticabili». Sapete chi lo ha scritto? L’Organizzazione mondiale della sanità. E sapete quando lo ha scritto? Nel 2006: 14 anni prima che il virus di Wuhan ci investisse. Qualcuno dei geniacci tricolore l’ha letto?Sono molto interessanti altresì le risultanze delle analisi sulle restrizioni più circoscritte. Sigillare i confini, un pallino del continente oceanico, non ha conseguenze apprezzabili sulla mortalità. Chiudere le scuole, spedendo in Dad i ragazzini, è altrettanto inutile - e lo si evinceva già da un saggio del Journal of global health, pubblicato nel 2021. A stringere, gli unici provvedimenti con effetti sensibili sono lo stop ai locali (-10,6% di mortalità) e l’obbligo di mascherine. Tuttavia, su questo argomento, si prestavano all’indagine incrociata solamente due studi: uno che valuta l’obbligo generalizzato e uno che si concentra su quello applicato ai posti di lavoro. Ad ogni modo, la stima dei tecnici statunitensi è che, in una pandemia, «i cambiamenti volontari nei comportamenti», attuati dai cittadini consapevoli del pericolo, «sono dieci volte più importanti di quelli obbligatori». Ergo, la priorità è informare e persuadere. In Italia, abbiamo seguito la strada opposta. All’inizio, la minimizzazione: «Abbraccia un cinese», «Milano non si ferma», «Il contagio non è affatto facile», «È più probabile essere colpiti da un fulmine che infettarsi», «Il vero virus è Salvini». Dopo, siamo passati direttamente al sequestro di persona, demolendo l’economia e la salute psicofisica delle persone. Una rovina che sconteremo per anni. Chi paga?
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)