2021-08-31
Più gli studi dicono che è un errore più c’è frenesia di vaccinare i piccoli
Ginecologi e pediatri a Roberto Speranza: «Puntura subito a donne incinte e bimbi». Negli Usa reazioni segnalate in un alto numero di adolescenti. Invece gli under 12 che si infettano corrono pochi rischi e si immunizzano.Choc dalla Germania. La ricerca di un istituto: i decessi vengono conteggiati in base a una positività anche di mesi prima. In Italia solo il Veneto distingue tra «con» e «per».Lo speciale contiene due articoli.Il coordinatore del Cts, Franco Locatelli, non vede l'ora che arrivi novembre per vaccinare contro il Covid gli under 12. È in buona compagnia, assieme a virologi e infettivologi, sembra far eccezione solo Roberto Burioni che domenica, in risposta al deputato della Lega Claudio Borghi, twittava: «Gli unici per cui non ha senso il vaccino sono i bambini sotto i dodici anni. Dica questo in Parlamento, perché è la verità». La Sip, la società italiana di pediatria, invece dichiara: «Abbiamo bisogno di uno scudo con cui difendere anche i nostri bambini da questo terribile virus», ed è di ieri l'ennesimo attacco contro la salute dei più piccoli arrivato da ginecologi e pediatri, che chiedono al ministero della Salute, Roberto Speranza «subito il vaccino a donne incinte e bimbi». Sostengono che «il Covid-19 in età pediatrica può avere conseguenze gravi non solo in fase acuta, ma anche a distanza di settimane». C'è da rabbrividire, considerando che i più piccoli, se contagiati presentano in genere manifestazioni lievi o sono asintomatici, «non sono determinanti nella diffusione del virus» mentre con la vaccinazione «sarebbero esposti a rischi di reazioni ed eventi avversi frequenti e anche severi», come ricordano più di 1.300 tra medici e associazioni scientifiche che hanno sottoscritto la «Proposta di moratoria sulla vaccinazione dei bambini contro la Covid-19», di cui già si è occupata La Verità. Gli ultimi dati non fanno che confermare la fondatezza di simili timori. Il 6 agosto, i Cdc statunitensi hanno pubblicato le reazioni segnalate da un numero molto alto di adolescenti (129.059), tra quelli vaccinati contro il Covid dallo scorso dicembre al 16 luglio di quest'anno. La prima considerazione riguarda le reazioni considerate più leggere: il 64,4% di giovani della fascia 16-17 anni, il 62,2% della fascia 12-15 anni ha accusato dolore, arrossamento, gonfiore dopo la somministrazione della seconda dose, mentre basta guardare sul sito di Epicentro per scoprire che le reazioni locali al vaccino esavalente (il più comunemente somministrato ai minori) non superano il 29 -31% dei casi. Quindi ci sono reazioni ben più forti ai vaccini Covid, che diventano decisamente preoccupanti quando leggiamo quanti hanno richiesto intervento medico e ospedalizzazione. Abbiamo proiettato le percentuali dei Cdc sulla popolazione italiana nella fascia 12-17 anni e i numeri fanno paura. Su 3.414.410 bambini e adolescenti, se vaccinati contro il Covid ben 1.121.112 (quasi un terzo) sarebbero incapaci di svolgere le normali attività quotidiane, 367.871 non sarebbero in grado di andare a scuola, 42.103 avrebbero bisogno di cure mediche e poco meno di 2.000 finirebbero ricoverati. Queste sì, dovrebbero essere proiezioni che allarmano, visto che non ci sono dati che dimostrino la gravità della malattia Covid nei minori. Anzi, lo studio pubblicato sulla rivista The Lancet il 3 agosto considera i dati relativi a 258.790 bambini del Regno Unito di età compresa tra 5 e 17 anni e conclude che «Sars-Cov-2 nei bambini in età scolastica è solitamente asintomatica o si manifesta come una malattia lieve di breve durata e con un basso carico di sintomi». Sul Nejm Journal Watch del 25 agosto James A. Feinstein, direttore pediatrico al Children's Hospital del Colorado, interviene in merito a quello studio e conferma: «Questi dati rafforzano il fatto che i sintomi correlati al Covid-19 sono lievi e di breve durata nella maggior parte dei bambini in età scolare. Anche tra i pochi con sintomi persistenti, gli effetti sono diminuiti sostanzialmente nel primo mese e, sorprendentemente, sono stati inferiori a quelli riportati nel gruppo di bambini risultati negativi al Covid, ma che avevano altre malattie respiratorie infettive», quali raffreddore o influenza. Le manifestazioni dovute al Covid nei bambini sono risultate più lievi di quelle provocate da altre malattie respiratorie, avete letto bene? Perché dunque neonatologi e pediatri italiani hanno tanta frenesia di vaccinare i più piccoli? Non solo, sembrano ignorare quanto autorevoli medici stanno affermando, ovvero che l'immunità naturale protegge fino a tredici volte di più di quella acquisita con la vaccinazione «contro l'infezione, la malattia sintomatica e l'ospedalizzazione» come dimostra lo studio pubblicato il 25 agosto, supervisionato dal Maccabi healthcare services e in attesa di revisione paritaria. Anche Jennie S. Lavine del dipartimento di biologia della Emory University di Atlanta e il biologo Ottar N. Bjornstad dell'Università della Pennsylvania, già a gennaio su Science mettevano in evidenza come una volta raggiunta la fase endemica «e l'esposizione primaria è nell'infanzia, Sars-Cov-2 potrebbe non essere più virulenta del comune raffreddore». Molti ricercatori stanno di fatto suggerendo che i bambini potrebbero contrarre l'infezione naturale perché non solo non pagano un prezzo importante in termini salute, ma si immunizzano bene, mentre nell'appello di ieri a Speranza c'è chi ha chiesto di promuovere ancor più il vaccino tra gli over 12 anni, e tra i più piccoli quando sarà disponibile. «Vaccini che contrastano l'infezione meno della gravità della malattia possono favorire varianti più virulente: meglio non usarli con chi non ha chiari guadagni diretti vaccinandosi», ovvero non usiamoli con i più piccoli, mettono in guardia quei pediatri preoccupati che hanno fatto la proposta di moratoria. Gli unici a non poter sapere quali reazioni nel tempo dovranno fronteggiare solo proprio loro: i bambini.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/studi-errore-frenesia-vaccinare-piccoli-2654845730.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="morti-di-covid-l80-non-da-virus" data-post-id="2654845730" data-published-at="1630388616" data-use-pagination="False"> «Morti di Covid: l’80% non da virus» L'analisi dettagliata dei numeri delle cause dei decessi restituisce un quadro della pandemia che è molto diverso dalla narrazione degli ultimi 18 mesi e che potrebbe avere risvolti non secondari nei prossimi mesi. La questione riguarda la distinzione, attualmente non contemplata, tra le morti registrate in persone positive al Covid, in cui il virus era la causa principale del decesso (per Covid) da quelle in cui non lo era (con Covid). Un dato sconvolgente arriva dalla Germania. Il virus Sars-Cov2 probabilmente non è la causa di morte nell'80% dei decessi registrati ufficialmente per Covid, secondo i calcoli del medico e sociologo Bertram Häussler, capo dell'istituto di ricerca sanitaria indipendente Iges di Berlino. In un'intervista sul prestigioso quotidiano tedesco Die Welt, l'esperto spiega che ′′in quasi l'80 % dei decessi ufficiali di Covid segnalati dall'inizio di luglio, l'infezione di base risale a più di cinque settimane prima, quindi il coronavirus non è la vera causa del decesso». Ma c'è di più. «Attualmente ci sono 3,8 milioni di persone in Germania che sono sopravvissute all'infezione da Covid», argomenta Häussler. «Statisticamente, circa 100 di queste persone guarite muoiono ogni giorno per altre cause, ma vengano considerate in base a una positività segnalata anche mesi fa. Vengono quindi inclusi nelle statistiche dell'Rki (Istituto Robert Koch che controlla l'andamento delle infezioni, ndr) come morte per Covid, ma potrebbe anche trattarsi di una persona anziana contagiata nel 2020 e che ora è morta per insufficienza cardiaca». Questo ha effetti anche nell'immediato e soprattutto nel futuro, in termini di aperture o restrizioni. Per l'esperto, anche gli otto decessi segnalati ogni giorno in queste settimane (erano 1200 all'apice della seconda ondata), sarebbero ancora troppi. Lo stesso Istituto Koch ammette di sacrificare la correttezza scientifica alla necessità «che non manchi nessun morto per coronavirus dalle statistiche», precisa Häussler. Nel Regno Unito, «dove tutti i locali sono aperti e non c'è più l'obbligo di mascherina», fa notare il medico tedesco, «nonostante più di 38.000 nuove infezioni al giorno, ci sono solo 100 decessi e anche il numero di malati gravi è molto basso», per questo sono da escludere in futuro numeri elevati di decessi, soprattutto per Covid. Proprio la Gran Bretagna è stata la prima a sollevare la questione, lo scorso autunno, con uno studio che ha rivelato come il 30% dei decessi da Covid in realtà abbiano un'altra causa principale. In questi giorni, nuove statistiche del Nhs, l'Istituto superiore di sanità (Iss) britannico, ha scoperto che il 23% dei pazienti (uno su quattro) tra quelli in ospedale con il Covid è stato in realtà ricoverato e curato per altre patologie, mentre il contagio da coronavirus è emerso soltanto perché all'ammissione in corsia è stato fatto il test. Da giugno l'Nhs ha cambiato il modo di raccogliere il dato e così, sapendo esattamente quale impatto abbia il Covid sulle condizioni dei pazienti, diventa più semplice focalizzarsi sulle cure più indispensabili garantendo che il virus non venga diffuso ulteriormente. In Italia i dati ci sono nelle schede Istat dove il medico indica la causa del decesso. Sono a disposizione dell'Iss, che dovrebbe analizzarle, come fa per le altre patologie. In realtà solo il Veneto, da un mese, sta distinguendo i decessi di positivi per Covid da quelli con Covid. Eppure le schede ci sono: basta analizzarle per prendere le decisioni in base alla scienza reale, non a quella usata come uno slogan.
(Guardia di Finanza)
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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