2023-05-30
È bastata una stretta al Reddito M5s per abbattere le richieste di sussidio
Le famiglie beneficiarie sono passate da 1,4 milioni del 2021 alle 956.000 di aprile, grazie alle nuove norme e ai controlli. Prossimo obiettivo: portare al lavoro regolare le migliaia di italiani che vivevano di sostegni.Non era solo un’illusione ottica quella del febbraio scorso, quando – ad appena un paio di mesi dall’ultima legge di bilancio – si era già registrato un drastico calo delle domande accettate per ottenere il reddito di cittadinanza (rispetto al primo bimestre dell’anno precedente). Su questo giornale avevamo considerato quei numeri con speranza ma anche con un’oncia di doverosa cautela, in attesa che le cifre dei mesi successivi confermassero o smentissero il promettente trend. I dati di aprile – ormai consolidati – non solo confermano, ma addirittura accentuano la tendenza: se le famiglie beneficiarie del sussidio grillino erano arrivate a un livello massimo di 1,4 milioni a metà del 2021, nell’aprile scorso si è scesi a 956.000. E tutti gli osservatori sono concordi nell’individuare tre elementi efficaci alla base di questa contrazione. Primo: un irrobustimento del sistema dei controlli, che in prima battuta – sotto altri governi – erano stati al di sotto del necessario. Secondo: l’attesa della stretta prossima ventura, che ha indotto molti percettori a desistere. Terzo (ma probabilmente si tratta del fattore principale): gli interventi già avvenuti nell’ultima manovra, con la distinzione tra occupabili (a cui si garantisce una somma inferiore per un periodo più breve) e coloro che invece si trovano in una condizione più delicata, o per età, o per la presenza di disabili in famiglia, o perché hanno minori a carico. Come si vede, non è affatto avvenuto il «massacro sociale» urlato da Giuseppe Conte e dai grillini. A Giorgia Meloni è stato sufficiente agire con prudenza e moderazione, asciugando la misura senza necessariamente cassarla del tutto, per ricondurla a un perimetro più ragionevole e insieme per far giungere un chiaro messaggio ai percettori in grado di lavorare: è l’ora di rimettersi in gioco. Se è sacrosanto aiutare in modo consistente chi sia avanti con gli anni (anche se non ancora in età da pensione), oppure chi si faccia carico di figli piccoli o di persone disabili, non si vede perché lo stesso tipo di sussidio debba essere garantito (nella stessa entità e per il medesimo tempo) a chi sia giovane e in grado di lavorare. Dunque, non era e non è detto che l’Italia (e in particolare il Meridione) dovesse e debba essere consegnata a un destino di assistenzialismo, più o meno combinato con un po’ di assistenza familiare e di lavoro nero. Semmai, se ci fosse un minimo di onestà intellettuale, dovrebbero essere i grillini – adesso – a fare mea culpa: riconoscendo come l’estensione eccessiva del sussidio abbia indotto troppi a rifiutare proposte di lavoro regolare il cui stipendio sarebbe però stato inferiore al trittico costituito dal sussidio, da un po’ di lavoro nero, e dall’accesso alla pensione dei genitori. Del resto, è quanto raccontano candidamente molte imprese: che, davanti alla loro proposta di un discreto stipendio, si sentivano rispondere dal candidato all’eventuale contrattualizzazione che a lui non conveniva, che il gioco non valeva la candela, che l’interessato stava meglio con un po’ di sussidio, un po’ di nero, e un po’ di pensione di mamma. Adesso però c’è una nuova sfida a cui occorre rispondere presto e bene. Si sono – per così dire – scongelate molte persone che, non potendo più contare sul sussidio (o sullo stesso sussidio di prima), devono decidere che fare della propria vita. E contemporaneamente esistono settori economici (dal turismo all’agricoltura, per citare solo due esempi) che già adesso, per l’imminente stagione estiva, sono pronti ad assorbire personale. Ricorderete che poche settimane fa (naturalmente la cosa fu accolta con enfasi mediatica, perché in quel caso la narrazione piaceva a molti) diverse organizzazioni imprenditoriali avevano sollecitato il governo all’allargamento dei flussi dell’immigrazione regolare per coprire le posizioni vacanti. Ecco, la notizia è che ora ci sono alcune centinaia di migliaia di italiani (rispetto a metà 2021) davanti a un bivio: o restano come stanno, di fatto ancor più prigionieri della sola opzione del lavoro nero, oppure si riesce ad incanalarli verso il lavoro regolare. La via maestra è dunque il mitico matching, l’incrocio tra offerta di lavoro e relativa domanda. Occorre che questo incrocio avvenga – tra pubblico e privato – territorializzando il più possibile quest’attività, e consentendo – per capirci – a un occupabile campano di entrare in contatto con un’impresa agricola campana, o a un occupabile pugliese di raggiungere o essere raggiunto dalla proposta di un’impresa turistica di quella regione o comunque di un territorio la cui distanza non sia di per sé un ostacolo scoraggiante. Il governo Meloni ha avuto il merito di creare questa preziosa occasione: i prossimi mesi ci diranno se il sistema Italia sarà stato in grado di farne tesoro.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)