2022-06-01
La nostra strategia danneggia noi senza salvare il popolo ucraino
Ursula von der Leyen e Volodymyr Zelensky (Getty Images)
Di fronte all’invasione russa, l’Europa ha saputo partorire solo punizioni risibili contro Mosca e armi a Kiev per prolungare la guerra. È il momento di agire diversamente e di limitare i danni per tutti.Ho una domanda da farvi: se vi capitasse di vedere un tale che aggredisce una persona inerme, quale sarebbe la vostra reazione? Spronereste la vittima a difendersi, fornendole dei guantoni per ribattere ai colpi dell’assalitore oppure le dareste un coltello o una pistola per contrattaccare? Beh, non so voi, ma io - come credo tutte le persone normali - non farei niente di tutto ciò. Semmai cercherei di dividere i due, a prescindere dai torti e dalle ragioni dell’uno e dell’altro. E, se ciò non fosse possibile, se cioè non fossi in grado di separarli, chiamerei la polizia. So che il paragone è un po’ azzardato, perché qui non si tratta di persone che litigano, ma di uno Stato che ne invade un altro, uccidendo persone innocenti che hanno il solo torto di vivere in una zona di guerra. Tuttavia, se ci riflettete, la nostra reazione di fronte all’invasione russa dell’Ucraina, non è molto diversa da quella di chi, assistendo a un pestaggio, fornisce alla vittima i guanti da boxeur, sentendosi poi a posto con la coscienza perché fa il tifo per l’assalito.Sì, noi con gli ucraini ci stiamo comportando esattamente così. Stiamo dalla loro parte e assistiamo ai loro successi militari, applaudendo come se fossimo allo stadio, e ci preoccupiamo per i loro rovesci, dichiarando ai quattro venti che Putin non deve vincere, ma senza tuttavia essere disposti a muovere un dito per sconfiggerlo. All’Ucraina abbiamo fornito i guantoni per difendersi dall’aggressore, inviando armi per rispondere ai missili russi, e di fronte all’avanzata dei carri armati abbiamo creduto che a fermarli ci avrebbero pensato le sanzioni. In pratica, è come se vedendo un tale che ne massacra un altro con una gragnuola di colpi, noi avessimo promesso di multare l’energumeno. Anzi, di non fare più affari con lui, minacciando anche di non restituirgli ciò che ci aveva dato in prestito. Non contenti, noi che siamo i buoni, dopo alcune migliaia di morti e la distruzione di intere città, abbiamo mostrato tutta la nostra ferma indignazione promettendo che fra sei mesi non compreremo più niente dall’aggressore, senza interrogarci se nel frattempo l’aggredito non rischi di essere deceduto e se non sia meglio salvare subito il poveretto piuttosto che minacciare una reazione di qui a qualche mese. Vi paiono paragoni azzardati? Beh, a me pare invece che di azzardato ci sia solo il nostro comportamento. A parole siamo tutti con l’Ucraina, pronti a sostenere le ragioni di Volodymyr Zelensky e del suo Paese, ma alla prova dei fatti le cose non stanno così. Le misure che dovevano colpire la Russia, ovvero l’embargo del gas, si sono rivelate una minaccia a vuoto. Anzi, una pistola ad acqua, perché se l’Europa avesse deciso di chiudere subito i rubinetti del metano sarebbe stato un atto di puro autolesionismo. Infatti, oggi anche i più autorevoli esperti del settore hanno spiegato che staccarsi da Mosca prima di due o tre anni non se ne parla. Dunque, che facciamo? Per fermare i carri armati russi aspettiamo il 2025? Ancor più ipocrita è lo stop degli acquisti di petrolio. Dopo un tira e molla lungo mesi, la montagna ha partorito un topolino, ovvero un embargo limitato al greggio distribuito via nave, lasciando aperto l’oleodotto che rifornisce l’Ungheria. Per di più, la sanzione non sarà operativa da subito, ma entro la fine dell’anno. Dunque, gli ucraini dovranno avere pazienza e resistere fino a che non entreranno in vigore le decisioni dell’Unione europea. Per tornare al paragone azzardato, è come se vedendo la vittima sfinita le dicessimo: resisti, che fra qualche mese a questo bastardo gliela facciamo pagare cara; vedrai, ti dovrà risarcire con gli interessi. Ma davvero c’è chi pensa che in sei mesi Putin non riesca a piazzare il greggio a qualche Paese in via di sviluppo? Qualcuno crede che queste misure, così come il blocco delle transizioni finanziarie, non fossero ampiamente previste da Mosca prima di lanciarsi alla conquista del Donbass? La verità è che dopo oltre tre mesi di guerra e molte migliaia di vittime, l’Europa e l’America si stanno rendendo conto che la controffensiva non è servita a fermare Putin, il quale sta strangolando l’Ucraina dell’Est in una morsa di ferro e ha stretto in una tenaglia l’economia del Paese che noi ogni giorno sproniamo a resistere a prezzo di migliaia di morti. Il blocco del petrolio fra sei mesi, paradossalmente è l’ennesimo regalo a Mosca, che dopo aver visto schizzare il prezzo del gas ieri ha visto aumentare anche quello del greggio. Ovviamente gli automobilisti ringraziano, soprattutto pensando che per rimpiazzare il petrolio russo con quello di un fine democratico come Maduro ci vorranno mesi, ma forse sarebbe meglio dire anni. Torno alla metafora iniziale: se qualcuno non l’avesse ancora capito, qui per evitare il peggio bisogna separare l’aggressore dall’aggredito. Lasciate perdere i torti e le ragioni e iniziate una trattativa prima che sia troppo tardi, ossia prima che Putin si sia preso un altro pezzo di Ucraina. Purtroppo, la polizia per fermare l’energumeno non l’abbiamo, perché il gendarme del mondo non ha nessuna intenzione di intervenire. Dunque, non resta che provare a dividere i due, limitando i danni. Ciò non vuol dire che renderemo giustizia a chi in Ucraina è morto per difendere la propria patria, ma eviteremo che altri muoiano.Ps. Ieri sul Giornale Augusto Minzolini mi ha definito un pacifista a priori, intruppandomi con Giuseppe Conte e Marco Travaglio. Alla lista di chi è pronto a firmare la pace, accettando anche di cedere un pezzo di Ucraina alla Russia, ha però dimenticato di inserire Silvio Berlusconi. Sono certo che si sia trattato di una svista di un collega che, mentre dava la colpa di quel che accade alle ideologie che imperversano nel nostro Paese, non si è accorto di non avere alcuna idea.