2020-04-16
Strage silenziosa negli ospizi campani. Secondo i dati ufficiali non è avvenuta
Salvatore Laporta/KONTROLAB/LightRocket/Getty Images
Anche se per l'Iss i decessi nelle Rsa sarebbero 14, i parenti delle vittime raccontano un'altra storia. E in sole tre strutture risultano già 20: 5 a Ercolano, 7 nella zona dello stadio San Paolo di Napoli e 8 a Sala Consilina.Nella terra della Smorfia, i numeri raccontano storie di dolore e rimpianti. Provando, talvolta, a mentire come farebbero amici compassionevoli. Secondo l'ultimo rapporto nazionale sul contagio Covid-19 nelle strutture residenziali e socio sanitarie, redatto dall'Istituto superiore della sanità, in Campania ci sarebbero appena 14 decessi imputabili al morbo cinese tra le 99 strutture per anziani della regione, che accolgono oltre 2.000 ospiti. Cifra, peraltro basata sui risultati della compilazione volontaria di un questionario online, che contrasta furiosamente - come il bianco col nero - con i drammatici racconti di chi aveva lasciato con fiducia i propri cari in ospizi, case di riposo e alberghi per anziani. Luoghi apparentemente protetti che, come già raccontato dal nostro giornale nei giorni scorsi per Lazio, Toscana ed Emilia Romagna, si sono trasformati anche a queste latitudini in gigantesche fosse comuni che puzzano di amuchina.il lazzaretto sul golfoVilla delle Camelie si trova a Ercolano. La città del Miglio d'oro dove i Borbone e le famiglie dell'alta nobiltà dell'epoca avevano edificato dimore estive di fronte al mare del Golfo per trascorrere i mesi fiacchi della stagione calda. Su 19 ospiti, cinque sono morti nelle settimane infernali del picco del coronavirus. Due sono ricoverati al Covid hospital di Boscotrecase, e altri quattro risultano contagiati. La Procura di Napoli ha aperto un'inchiesta per verificare inadempienze nella gestione dei primi casi e il rispetto dei protocolli di sicurezza da parte degli operatori sanitari. Lo stesso direttore, Salvatore Liguori, è risultato positivo e messo in quarantena all'interno della struttura. Sui social sono rimbalzati video e foto che mostrerebbero alcuni camici bianchi che violano le prescrizioni sul distanziamento sociale all'ingresso del centro, ma c'è scetticismo sulla loro precisa identificazione. Certo è che, quattro giorni dopo il decreto della presidenza del Consiglio sul lockdown in tutt'Italia, Villa delle Camelie non ha avuto remore a correre il rischio di accogliere una nuova ospite proveniente da Torre del Greco, città ad altissima densità di infezione. «Siamo ancora sconvolti per quello che è accaduto», ci dice con un filo di voce il signor Pasquale. «Il 13 marzo scorso ho contattato il responsabile di Villa delle Camelie per chiedere la disponibilità di un posto per mia mamma, Maddalena». La donna aveva difficoltà motorie e le badanti che la assistevano avevano deciso di lasciare il lavoro. «Il primo numero di telefono che ho fatto è stato quello della casa di riposo di Ercolano: mi hanno detto che c'era un letto, e così ci siamo messi d'accordo sulla retta e sulle modalità di trasferimento». Il giorno dopo, la signora Maddalena viene portata con un'ambulanza nella nuova residenza. Siamo al 14 marzo. Gli italiani sono chiusi in casa da cinque giorni, e in Campania è scattato il coprifuoco varato dal governatore, Vincenzo De Luca. Eppure, nessuno nella struttura ha il dubbio che sia una mossa azzardata. «È l'ultima volta che l'ho vista viva», sussurra il figlio. «Chi poteva mai immaginare che, di lì a qualche giorno, sarebbe esploso il focolaio?». Pasquale non riuscirà più a parlarle tranne un tentativo maldestro di metterlo in contatto con l'anziana mamma con un tablet fatta dagli operatori. «Aveva problemi di udito, forse nemmeno riusciva a capire quello che le dicevo. Però mi assicuravano che stava bene, che mangiava e non aveva la febbre». Poi, improvvisamente, Villa delle Camelie si trasforma in un lazzaretto. Si moltiplicano i contagi. Muoiono i primi ospiti. La signora Maddalena accusa problemi respiratori e viene ricoverata in ospedale in condizioni disperate. L'8 aprile il signor Pasquale riceve una telefonata. Appena due parole per avvisarlo che la madre è morta. «È stata cremata, e io oggi ho il rimorso di averla portata lì». La direzione della struttura avrebbe potuto rifiutare il trasferimento dell'anziana donna in via precauzionale per non mettere a rischio sia lei sia gli altri ospiti. Perché non l'ha fatto? Sottolinea infatti Pasquale: «All'arrivo di mamma a Ercolano i parenti degli ospiti già non potevano più entrare nel complesso». Dunque la coscienza del pericolo c'era. Per quale motivo infrangere la regola per un nuovo cliente? «Il decreto Conte non ha previsto il divieto di ingresso nelle Rsa, ma l'ha fatto l'Asl di competenza con il provvedimento del 18 marzo», spiega l'avvocato Enrico Durante, difensore di Villa delle Camelie. Che cosa accadrà in futuro è difficile prevederlo. «Una denuncia? Per ora non ci penso, siamo gente umile. Non riesco a pensare a nient'altro», è l'ultimo sfogo di Pasquale.giallo a fuorigrottaIncertezza è la parola che aleggia anche sulla Casa di Mela, un albergo per anziani ospitato all'interno delle Scuole Pie, a Fuorigrotta, il quartiere dello stadio San Paolo di Napoli. Una struttura modello, come ci spiega la signora Mirella, sorella di una donna risultata positiva al coronavirus, che improvvisamente si è trasformata in un girone infernale. Sette morti per Covid e 39 contagiati, su 42 ospiti. Infettati anche dieci assistenti. La Procura di Napoli ha aperto un fascicolo, e ha già recuperato le prime cartelle cliniche. «Il personale ha fatto quel che è stato possibile e anche di più», sottolinea la signora Mirella. «L'Asl, malgrado le insistenze della direzione che chiedeva tamponi e verifiche sullo stato di salute degli ospiti, non ha mai risposto. E solo dopo enormi pressioni, è stata inviata un'ambulanza del 118». Il plesso è stato chiuso e gli anziani trasferiti tra ospedali e strutture di accoglienza dopo che i dipendenti sono stati tutti messi in quarantena. Difficoltà confermate anche dal signor Stefano. «Abbiamo avuto “resistenze" per ottenere questi tamponi. Dopo varie telefonate, anche a polizia e carabinieri, l'Asl ha provveduto a far sgomberare la casa di riposo». La suocera è risultata asintomatica. «Ma ha avuto l'esito del tampone dopo 7-8 giorni. Abbiamo contattato più volte il medico di base al quale ci avevano detto di rivolgerci, e a un certo punto non ci rispondeva più. La segretaria rispondeva che “era fuori sede, non c'era". Scuse banalissime. Non ci davano notizie».disastro salernitanoNulla però in confronto all'esplosione dell'epidemia nelle uniche due zone rosse - oltre 140 contagiati nei comuni del Vallo di Diano (Caggiano, Polla, Atena Lucana, Auletta e Sala Consilina) e 144 ad Ariano Irpino - istituite dalla Regione Campania. E proprio a Sala Consilina, dove c'è la Fondazione opera giovanile Juventus don Donato Ippolito, i morti sono stati otto. Positive 92 persone, tra dipendenti e ospiti. All'elenco delle vittime (Luigi, Giovanni, Antonietta, Salvatore, Saveria, Costantino e Giambattista) va aggiunta pure Rosanna Ippolito, sorella del presidente della fondazione che gestisce la casa di cura, Giuseppe Ippolito, anche lui risultato positivo. Per fronteggiare l'emergenza sono stati disposti i trasferimenti degli anziani al Campolongo Hospital di Eboli, ma la soluzione non ha dato i frutti sperati. Un testimone ha infatti raccontato di aver visto i pazienti «sporchissimi, malnutriti, affamati e senza vestiti». Accusa che ha scatenato la reazione di Ippolito. «Per lui è già pronta la querela», replica al nostro giornale. Tuttavia, i numerosi episodi di infezione dimostrano che le misure di contenimento sono state inutili. «Tengo a precisare che nessuno dei pazienti presentava sintomi conclamati: tosse e difficoltà respiratorie». «Qualcuno», prosegue Ippolito, «aveva la febbre».La chiusura nei confronti del pubblico è, invece, scattata il 5 marzo. «Gli 11 dipendenti contagiati», continua l'uomo, «sono tutti asintomatici, stanno bene e hanno concluso la quarantena». Tra i decessi c'è anche sua sorella. «Sì», conferma con un filo di voce appesantita dall'affanno. «La nostra fondazione ha una storia di 70 anni, figuriamoci se trattavo male i nostri pazienti». Affermazione che con molta probabilità non verrebbe condivisa da Michele, figlio di una vittima. «Da giorni, da quando avevano chiuso ogni ingresso, ho chiesto alla fondazione di sentire al telefono mia madre e non mi ci facevano parlare. Mi avevano assicurato che non sarebbe stata trasferita e se si fosse deciso di portarla a Eboli mi avrebbero avvertito». E ancora: «L'ho scoperto a cose avvenute e l'unica telefonata che ho ricevuto è stata quella del primario del Campolongo, che mi ha detto che era morta. Non si trattano così le persone, non si trattano così gli anziani e i loro parenti». Un urlo caduto nel vuoto nei giorni infami della peste di Wuhan.