2024-11-20
Stop della Lombardia alla legge sul fine vita
Marco Cappato (Imagoeconomica)
Il Consiglio regionale ha bocciato la proposta di eutanasia libera promossa dai Cappato boys, dal chiaro profilo incostituzionale Sul tema, che ha enormi implicazioni etiche, può decidere solamente il Parlamento. Come già sostenuto pure dalla «rossa» Puglia.Tentare di far entrare un tassello quadrato in un foro rotondo è l’hobby preferito dai radicali. Ci hanno provato anche sul fine vita in Regione Lombardia ed è andata male. Con 43 voti favorevoli e 34 contrari, il Consiglio regionale ha approvato la «pregiudiziale di costituzionalità» sulla proposta di legge dell’Associazione Luca Coscioni, bocciando implicitamente la proposta di legge di iniziativa popolare «Liberi subito» (dalla vita) che chiedeva di fatto l’introduzione surrettizia del suicidio assistito nell’ordinamento legislativo italiano. E invece «le Regioni non possono legiferare sul fine vita», è stata la risposta della maggioranza che lascia al parlamento nazionale l’onere di stabilire il perimetro giuridico d’una materia con enormi implicazioni etiche. Questo è il quarto stop dopo quello di Veneto, Piemonte e Friuli Venezia Giulia. Il tassello quadrato non è entrato; non ci sono più i Marco Pannella di una volta, tutt’al più i Marco Cappato. Il tesoriere e portavoce dell’Associazione Coscioni ha provato fino all’ultimo, affiancato dal Pd, a far saltare il banco e far passare il provvedimento, forte anche di un appello alla «libertà di coscienza» dato da Matteo Salvini ai consiglieri della Lega. La maggioranza ha tenuto nonostante il voto segreto, e chi ha deciso di votare con la minoranza (come Giulio Gallera più quattro franchi tiratori) non ha inciso sugli equilibri. «Decidere di non decidere è un comportamento da don Abbondio». Era il timore di Cappato prima del voto, è il suo pensiero dopo. «La decisione è un atto di irresponsabilità nei confronti delle persone malate e dei medici, privati di ogni garanzia sui tempi e sulle modalità per chiedere e ottenere l’aiuto alla morte volontaria». La sua posizione è mossa da un pregiudizio: la certezza che una Regione possa legiferare in nome e per conto del Paese senza passare dal parlamento. Una pretesa curiosa da parte di chi demonizza l’autonomia differenziata per poi chiedere a gran voce l’autonomia della buona morte.Uno dei vincitori della delicatissima partita è Matteo Forte (Fdi), presidente della Commissione Affari istituzionali, che dal primo giorno ha sostenuto l’incostituzionalità della proposta di legge. «Dal punto di vista politico è la quarta volta che un consiglio regionale si dichiara incompetente in materia. Penso che questo voto avrà un effetto domino sulle decisioni di altri. A chi ribadisce la necessità di applicare la sentenza della Corte costituzionale dico che il parlamento rimane sovrano e non può scrivere leggi sotto la dettatura delle Corti. Un rischio che andava evitato per non correre quello di procedere sulla china di una democrazia giudiziaria anche in questa materia».La strumentalizzazione delle sentenze era palese; la Consulta si è limitata a depenalizzare il procedimento di aiuto al suicidio (caso dj Fabo) e ha posto il perimetro dentro il quale procedere, senza peraltro entrare nel merito d’una questione dalla forte valenza etico-politica. Con un punto fermo non scalfibile: l’eutanasia in Italia è vietata. Prosegue Forte nella disamina: «Mi ha stupito vedere colleghi della sinistra riformista e garantista sostenere che bisognava fare una legge purchessia perché ce lo chiede la Corte costituzionale. In materia non esiste inerzia, non esiste vuoto normativo; saranno Camera e Senato a legiferare. A stabilire il bene della persona è la Costituzione, più importante anche dell’autodeterminazione».Una realtà impossibile da rimuovere a spallate. Non lo hanno fatto neppure due Regioni di sinistra: due anni fa la Puglia si è dichiarata incompetente e a inizio 2024 l’Emilia Romagna si è limitata ad approvare una delibera di giunta con linee di indirizzo alle Asl, non certo la legge dei radicali. Quanto all’eutanasia libera sbandierata dai Cappato boys, viene adottata solo in 12 Paesi del mondo (fra i quali Belgio, Olanda, Spagna, Svizzera) sui 194 che fanno parte dell’Onu, più nove Stati americani su 50. La Lombardia è in buona e saggia compagnia.L’altro vincitore della battaglia lombarda per la vita è Raffaele Cattaneo (Noi moderati), pilastro dell’area cattolica centrista, che per dare voce al dibattito ha organizzato un convegno esaustivo sul tema. La sua era una preoccupazione morale prima che politica. «Non può esistere un diritto alla morte. Chi è chiamato a legiferare deve tutelare il diritto alla vita e garantire il diritto alla cura anche quando non è possibile guarire. È questo ciò che chiedono coloro che, trovandosi in condizioni estremamente gravi, arrivano a considerare l’idea di togliersi la vita, spesso perché sentono un peso per la famiglia». Una sottolineatura decisiva che il parlamento (sono cinque i disegni di legge arrivati in Aula) sarà chiamato a trasformare in legge. Conclude Cattaneo: «Queste persone hanno bisogno di essere sostenute, accompagnate. E hanno bisogno di un sistema sanitario che si prenda cura di loro con dignità e rispetto». E con un’idea della persona che va molto oltre una fredda pillola da ingerire per farla finita.
(Totaleu)
«Strumentalizzazione da parte dei giornali». Lo ha dichiarato l'europarlamentare del Carroccio durante un'intervista a margine della sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo.