2022-09-30
Stop al carcere speciale per il boia Battisti
Si attenua il regime per il sicario ergastolano dei Pac, che può così tornare tra i detenuti comuni. Attacco frontale di Fratelli d’Italia: «Un’aberrazione, è l’ultimo soccorso al terrorista rosso». I parenti delle vittime: «Temiamo che prima o poi ce lo ritroveremo fuori».Si attenua il regime di carcerazione di Cesare Battisti, tra i fondatori dei Proletari armati per il comunismo, una famigerata sigla del terrorismo rosso attiva negli anni Settanta. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha stabilito che il detenuto, dal gennaio 2019 recluso nei reparti ad Alta sicurezza, ora vada trattato come detenuto comune. Il passaggio è stato salutato come un successo dal suo avvocato, Davide Steccanella: «L’ultimo reato commesso da Battisti risale al 1979», ha spiegato, «e non c’è nessun pericolo di un suo ritorno al terrorismo: declassificare il regime carcerario è una scelta corretta, che nulla cambia rispetto alla pena che deve scontare e che non costituisce alcuna offesa alle vittime».Condannato definitivamente all’ergastolo nel 1991 come esecutore materiale dell’omicidio di Antonio Santoro, maresciallo della polizia penitenziaria e dell’agente della Digos Andrea Campagna, e per concorso nell’assassinio del gioielliere milanese Pierluigi Torregiani e del macellaio veneto Lino Sabbadin, oltre che per una serie di ferimenti e di rapine, in realtà Battisti non è proprio quello che si può definire un detenuto «comune». Nel 1981, mentre aspettava il processo, era evaso armi in pugno dal carcere di Frosinone ed era fuggito in Francia. Prima a Parigi e poi in Sud America, per ben 38 anni, il terrorista si era trasformato in scrittore e grazie alla sua nuova condizione di «intellettuale» aveva vissuto una latitanza a dir poco dorata, garantitagli dalla protezione che negli anni Ottanta il presidente socialista Francois Mitterrand aveva deciso di accordare a troppi terroristi rossi sfuggiti alla giustizia italiana, e dai governi brasiliani guidati dalla sinistra di Inàcio Lula da Silva e di Dilma Roussef. Mai dissociatosi dalla lotta armata, per quasi quattro decenni Battisti aveva continuato a fare l’arrogante, a dirsi innocente e «perseguitato dalla giustizia», a prendersi gioco dei familiari delle sue vittime e dello Stato italiano. La svolta era arrivata nel gennaio 2019, quando finalmente Battisti è stato arrestato in Bolivia ed è stato estradato in Italia. Recluso all’inizio nel carcere di massima sicurezza di Oristano, il condannato ha cercato in ogni modo di sottrarsi all’Alta sicurezza, il regime riservato a condannati per terrorismo e mafia, che fin qui gli ha imposto regole severe. Pur avendo tardivamente ammesso i quattro omicidi, Battisti non ha mai smesso di lamentarsi e protestare. Ha contestato la «durezza» del carcere di Oristano. Ha criticato il vitto, «inadeguato al suo stato di salute». Nell’estate del 2020 ha presentato perfino una denuncia per abuso d’ufficio contro la Procura di Roma, accusandola di costringerlo a un isolamento diurno «illegittimo e illegale». Ha preteso di essere trasferito in prigioni sempre diverse, e c’è già riuscito due volte. Dalla Sardegna è passato alla Calabria, nel carcere di Rossano (Cosenza), dove però si è lamentato per la collocazione in una sezione affollata da terroristi islamici, e per questo, dal giugno 2021, è stato trasferito alla casa circondariale di Ferrara in regime di semi-isolamento: qui coltiva l’orto da solo (il progetto si chiama «GaleottOrto») e segue un corso di scrittura creativa. Ora la nuova condizione di detenuto comune potrebbe farlo trasferire di nuovo, da Ferrara a Parma. La decisione dell’amministrazione penitenziaria ha acceso inevitabili polemiche. Il responsabile giustizia di Fratelli d’Italia, Andrea Delmastro Delle Vedove, l’ha definita «un’aberrazione» e ha criticato «l’ultimo soccorso al terrorismo rosso». Negative anche le reazioni dei familiari delle vittime di Battisti. «L’importante è che resti in carcere e sconti in galera la sua pena», ha detto ieri Maurizio Campagna, il fratello di Andrea: «Si goda gli anni di carcere che gli restano da detenuto normale, ma rimarrà sempre un assassino». Alberto Torregiani, figlio del gioielliere ucciso dai Pac e a sua volta costretto su una sedia a rotelle dalle ferite subite durante il raid, teme che il passaggio «rischi di essere il preludio a ulteriori richieste, con il pericolo di abbreviare la condanna». In effetti Battisti ha già tentato di farsi trasformare l’ergastolo in 30 anni di reclusione, uno «scatto» che gli avrebbe avvicinato la possibilità di ottenere permessi. Nel novembre 2019, però, la Cassazione ha respinto il suo ricorso come inammissibile. È vero anche che nel settembre 2020 il giudice di sorveglianza di Cagliari ha stabilito che abbia «dato prova di partecipare all’opera di rieducazione», riconoscendogli per questo 90 giorni teorici di riduzione di pena. Già in quell’occasione Giorgia Meloni, leader di FdI, si era augurata «che lo Stato smetta di piegarsi alle richieste di questo criminale e che per lui la stagione dei privilegi e dell’impunità sia finita una volta per tutte».In realtà, con un ergastolo confermato, il massimo cui può aspirare Battisti sono brevi permessi premio, possibili comunque solo dopo avere espiato almeno 10 anni di pena, mentre per la semilibertà dovrà espiarne 20. E lui, fin qui, ne ha trascorsi in cella meno di quattro. Certo, nessun magistrato dovrà e potrà mai dimenticare che è già evaso una volta dal carcere, e che si è dato a una latitanza da record.
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