2022-11-09
Bronzi dalle terme. Ma non sarà come Riace
Una delle statue di San Casciano (Ansa)
A San Casciano sono riemerse dal fango decine di statue millenarie. Rispetto ai due gioielli oggi «dimenticati» della Calabria, in Toscana si pensa già a come sfruttare il turismo generato dal ritrovamento. In un’area che è considerata la Montecarlo delle spa.Lo sapevano dal 1700 che lì c’era una delle porte d’ingresso nella storia; tra quelle acque che ribollono, quelle nebbie sulfuree, prima gli etruschi e poi insieme etruschi e romani andavano cercando la vita. E della loro vita hanno lasciato tracce immense. Si è detto che la trentina di bronzi trovati nel bagno grande di San Casciano dei Bagni, una sorta di onfalos, di ombelico, di quel triangolo magico degli etruschi che ha i suoi vertici in Perugia, Chiusi e Siena, sono paragonabili alla scoperta dei bronzi di Riace.Niente di più lontano dal vero. Semmai, questa è la Pompei delle acque perché offre testimonianze vive, ma con la vicenda dei bronzi di Riace nulla ha a che spartire. A Reggio Calabria hanno fatto fatica a celebrare i cinquanta anni del ritrovamento dei due meravigliosi guerrieri greci, qui c’è un piccolo Comune - 80 abitanti in centro, 1.500 in tutto - che ha scommesso sulla sua storia e si è comprato gli orti dove gli archeologi hanno condotto i loro studi. Qui c’è già un palazzo del Cinquecento, eredità dei Medici che a San Casciano venivano «a passar l’acque», pronto a diventare il museo interattivo in cui i bronzi recuperati adesso e quelli che emergeranno in seguito continueranno a raccontarsi e farsi patrimonio di cultura, ma anche economico perché incrementano il turismo, perché nobilitano questo centro termale che ventitré secoli dopo la frequentazione etrusco-romana continua a essere la Montecarlo delle spa: salus per aquam. Pochi lo sanno, e poco lo si deve sapere, ma i vip di mezzo mondo approdano qua per ritrovare la forma, per godere un paesaggio unico, per vivere un contatto vero col naturale. I ritrovamenti di queste settimane serviranno a rieducare gli uomini contemporanei a come fruire di questo angolo di paradiso della Toscana sospesa tra il vulcano esaurito dell’Amiata, le acque di smeraldo del Tirreno, i forteti della Maremma e le armonie della Val di Chiana.Sono emerse dall’ultima campagna di scavo cominciata due anni fa sotto la direzione di Jacopo Tabolli, archeologo dell’Università per Stranieri di Siena, testimonianze di pregio assoluto. Capaci - sostiene Tabolli - «di riscrivere la storia, sono già al lavoro oltre 60 esperti di tutto il mondo per leggere questo romanzo». Partendo da un tempio dedicato ad Apollo e a suo figlio Esculapio, di epoca imperiale romana, si è cominciato a pensare che dovesse esserci qualcosa di più. Lo ha pensato Tabolli, lo hanno reso possibile Emanuele Mariotti, archeologo incaricato direttamente dal Comune di San Casciano de’ Bagni e direttore dello scavo, e Ada Salvi della Soprintendenza di Siena Grosseto e Arezzo.La campagna di scavo è stata integralmente finanziata dal Comune di San Casciano dei Bagni e si avvale anche del contributo di società e fondazioni internazionali (Ergon, Heureka Ambiente, Vaseppi Trust, Fondazione Friends of Florence, Max Ulfane). Questa è un’altra eccezionalità. Hanno cercato là dove le tracce settecentesche e novecentesche dicevano che si doveva prestare attenzione. Hanno trovato un tesoro che fa dire al ministro per i Beni culturali, Gennaro Sangiuliano: «Un ritrovamento eccezionale. La stratificazione di diverse civiltà è un unicum della cultura italiana».In un’area vastissima ci sono piscine, templi, vasche caldissime che hanno conservato nel fango termale, per 23 secoli, bronzetti particolarissimi. Il più bello è un efebo alto circa un metro, i più interessanti sono gli orecchi in bronzo usati come preghiera per farsi udire dagli dei e poi le riproduzioni anatomiche, i bisturi e i ferri chirurgici, i modelli usati dagli aruspici. Il santuario di San Casciano dei Bagni era tutto: terme, area sacra, casa di cura, luogo di meditazione. Fu attivo dal terzo secolo avanti Cristo fino quasi al quinto dopo Cristo, quando i cristiani decisero di chiuderlo. Ricoprirono le vasche con tegole e le sigillarono con le colonne dei templi fatti crollare. Questa ermetica chiusura ha consentito agli oltre trenta bronzetti di riemergere bellissimi e intatti dai fanghi.Convissero in questo luogo sacro e di salute etruschi e romani mentre si facevano la guerra. Osserva Tabolli: «Abbiamo trovato iscrizioni etrusche in grande quantità e questo ci aiuta a rileggere la storia; sorprende è che qui l’etrusco è rimasto in uso molto più a lungo». Si è detto: San Casciano come i bronzi di Riace. Ma non è così. A Reggio Calabria il cinquantenario di ritrovamento dei due guerrieri greci (bellissimi) è scorso tra mille polemiche (compreso il «corto» finanziato dalla Regione e girato da Gabriele Muccino che è stato diffuso quasi clandestinamente) e ha fatto esclamare: «Noi calabresi non ce li meritiamo, i bronzi».A San Casciano il giovanissimo sindaco pd, Agnese Carletti, parla «di un sogno che si avvera». Qui c’è il vino buono (siamo a due passi da Montalcino e da Montepulciano) e l’olio è ancor migliore, c’è il paesaggio della val di Chiana. Ma, dice Agnese Carletti: «Noi viviamo di turismo, 60.000 presenze all’anno sono legate alle terme».Lo sapevano a San Casciano che c’era il tesoro. Avevano cominciato recuperando le terme dei Medici, ma ora lo story telling lo possono scrivere in etrusco.