2023-07-14
Lo Stato nel piatto spaventa soltanto se governa la destra
Francesco Lollobrigida (Ansa)
Le penne progressiste, fan di diktat medici e rivoluzione green a tavola, criticano la social card: «Meloni ci dice cosa mangiare».C’è un nuovo allarme tra gli editorialisti à la page: lo Stato ci entra nel carrello della spesa. Il governo Meloni lancia la social card, versione trendy della vecchia tessera annonaria. E i giornalisti bene, da Massimo Gramellini sul Corriere a Marianna Filandri sulla Stampa, saltano sulla sedia: la destra ci prescrive cosa dobbiamo mangiare. Chiariamolo subito: in linea di principio, le penne chic hanno ragione. Sono sensate le critiche di merito, dalle esclusioni inspiegabili - l’aceto di vino è permesso, il vino no; il pane si compra fresco, mai surgelato - ai farraginosi meccanismi di vigilanza - se provi ad acquistare le sigarette, la carta si blocca, ma se ti accaparri una bottiglia di whisky, il controllo spetta al cassiere del supermercato. Il terreno più scivoloso, però, è quello che riguarda il metodo: la manina pubblica che stabilisce quali sono i «beni di prima necessità», cioè con quali cibi sei autorizzato a nutrirti. È il rischio che si corre quando s’invoca l’intervento statale: chi ti presta i soldi decide come li spendi. Quando a Bruxelles approvarono il Recovery fund, raccontato dalle grandi firme come una opportunità storica per l’Italia, a chi invece temeva che si sarebbe rivelato un cappio, i soloni rispondevano invocando proprio questa regola elementare: ci coprono d’oro, mica lo possiamo usare a piacimento. Va bene. Ma perché adesso costoro si scandalizzano?La contraddizione più patente, comunque, riguarda un altro aspetto: quelli che si stracciano le vesti per il dirigismo alimentare non sono gli stessi che gongolano per l’iperdirigismo verde? E nelle fantasie più spinte degli ecotalebani, da Frans Timmermans in giù, non è compresa la rivoluzione in tavola? La Filandri contesta l’atteggiamento «educativo» che il governo riserva ai poveri. Meglio l’Europa, che vuole rieducarci tutti, e con effetti economicamente regressivi? Anziché la «mancetta» per la spesa, il salasso per finanziare la transizione green: eh sì, tutto un altro paio di maniche. Qualcuno svegli la sdegnata della Stampa, che bacchetta il «moralismo di chi ti dice cosa»: l’Ue, nel nome dell’ambiente, non pretende soltanto di decretare che macchina dovremmo guidare, o che lavori di ristrutturazione dovremmo eseguire nei nostri palazzi. Essa non cerca di entrarci solo in garage e in casa, ma anche nel piatto: le vacche scoreggiano, quindi inquinano; eliminate la bistecca. Passate all’hamburger sintetico, o magari ai grilli essiccati. Gli alcolici? L’Oms insiste che sono tossici e nessuno rivendica gli studi sui benefici del classico bicchiere di vino rosso. La virostar Antonella Viola, proprio dalle colonne del quotidiano piemontese, ci spiega che chi beve ce l’ha più piccolo (il cervello, s’intende); l’Irlanda piazza le etichette con le avvertenze mediche sul Montepulciano e il Barolo; tuttavia nessuno, tra via Solferino e via Lugaro a Torino, denuncia il paternalismo sanitario. Anzi, quello, i competenti predicatori progressisti l’hanno sempre incoraggiato.Va da sé che l’idea del bando totale sul fumo, sigarette elettroniche incluse, non abbia destato scalpore, quando l’ha evocata il ministro Orazio Schillaci, peraltro esponente del liberticida esecutivo di destra. Ma ve lo ricordate Gramellini, allorché s’industriava a difendere il green pass dalla reprimenda di Alessandro Barbero? Lo storico telegenico, mito della sinistra, colpito dalla sindrome del «compagno che sbaglia» e pizzicato, dal savio giornalista-romanziere-conduttore, a occuparsi egoisticamente del suo «particulare». Nel momento in cui il regimetto basato sulla tesserina vaccinale, nell’autunno del 2021, cominciò a farsi più pervasivo, Gramellini non pareva così sconvolto dalla deriva statalista. Al contrario, si abbandonava a una lagnanza preventiva: «Il green pass», pontificava, «promette di andare a finire come vanno a finire quasi sempre le leggi in Italia quando devono passare dalla fase dell’enunciazione a quella dell’attuazione. Si prenderà atto di una forte resistenza sociale e del rischio di incidenti, si troveranno eccezioni umanitarie e obiezioni giuridicamente inoppugnabili». Il fustigatore della resistenza ai vaccini scorgeva all’orizzonte la scappatoia: il «tampone di cittadinanza». La storia dimostra che fu troppo ottimista, ma allora lo inorridivano i cavilli a tutela dei diritti costituzionali, lo indignavano le «eccezioni umanitarie». Giorgia Meloni e Francesco Lollobrigida, responsabile della Sovranità alimentare, un dicastero in chiaro odore di fascismo, hanno compiuto un miracolo: hanno risvegliato lo spirito liberale, libertario e individualista di dirigisti sanitari ed ecosoviet.«Che disgrazia avere bisogno dello Stato», borbotta Gramellini. «Quando si degna di aprire il borsellino non resiste alla tentazione di dirti persino cosa devi mangiare». Persino. Le vergini dei piani quinquennali si sono accorte che Timmermans e soci, anzi, socialisti, sognano di eliminare ogni prodotto «non sostenibile»? Che il vice di Ursula von der Leyen, incassata la vittoria a metà sulla legge Natura, ha già alzato l’asticella, chiedendo di anticipare l’addio ai combustibili fossili a «ben prima» del fatidico 2050?Chissà che cosa ne pensano, al Corriere e alla Stampa, del progetto elaborato dai 100 sindaci delle principali metropoli mondiali, incluse la Roma di Roberto Gualtieri e la Milano del verde-arcobaleno Beppe Sala: abolire carne e latte entro il 2030. E fare in modo che i cittadini acquistino al massimo tre vestiti nuovi l’anno. Dopo l’abitacolo dell’auto, il contatore dell’elettricità e la cucina, restava da colonizzare l’ultimo presidio di autonomia personale: l’armadio.
Kim Jong-un (Getty Images)
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)