2021-05-26
La stampa vaticana allarma il Papa: «Quanti ci leggono e ci ascoltano?»
Le macchina mediatica drena risorse per oltre 40 milioni di euro. Con scarsi risultati.Il giornale del Papa superata la soglia di Piazza San Pietro non ha molti lettori. «Ormai L'Osservatore romano lo leggono solo quattro gatti», ci dice un oste romano di Borgo Pio, «ma un tempo è stato un grande giornale».Sarà la crisi della carta stampata, ma l'opinione dell'oste deve preoccupare anche papa Francesco che in occasione dei 160 anni del quotidiano e dei 90 anni di Radio Vaticana, lunedì è andato in visita a Palazzo Pio, sede delle redazioni de L'Osservatore romano e di Radio Vaticana-Vatican News. Accolto dal gotha dei direttori che gestiscono l'enorme macchina mediatica della Santa sede, Paolo Ruffini, Andrea Tornielli e Andrea Monda, Francesco quando si è trovato davanti il microfono della Radio, in diretta, ha gettato un bel secchio di acqua gelida sui sogni di gloria.«Grazie a voi per il vostro lavoro, per quello che fate», ha detto nello Studio 9 di Radio Vaticana. «Io ho soltanto una preoccupazione - ci sono tanti motivi di preoccuparsi per la Radio, per L'Osservatore - ma una che a me tocca tanto il cuore: quanti ascoltano la Radio, e quanti leggono L'Osservatore romano?». Il ragionamento papale fila via dritto senza fare una piega, perché ci si può baloccare in molti modi, con ottimi spunti sull'espressione comunicativa e sulla capacità di dialogare con tutti, ma poi l'audience resta l'audience. Il Papa non è certo formato alla scuola delle tv commerciali, ma il suo è un punto decisivo: «Perché il nostro lavoro», ha proseguito il pontefice, «è per arrivare alla gente: che quello che si lavora qui, che è bello, è grande, è faticoso, arrivi alla gente, sia con le traduzioni, sia anche con le onde corte, come lei ha detto… La domanda che voi vi dovete fare è: “Quanti? A quanti arriva?", perché c'è il pericolo - per tutte le organizzazioni - il pericolo di una bella organizzazione, un bel lavoro, ma che non arrivi dove deve arrivare…».Se nessuno legge e nessuno ascolta, non c'è riforma dei media che tenga. E il problema dell'ascolto, nel combinato disposto del budget profuso per alimentarlo, sembra essere una questione seria anche oltre Tevere. Pare che nel complesso tutta la macchina vaticana della comunicazione dreni risorse dalle sacre casse come nessun altro dipartimento, nel 2021 si parla di oltre 40 milioni di euro, perciò la domanda del Papa rimanda sì a istanze missionarie, ma anche ad altre molto più terra terra. Peraltro, è in atto la riduzione degli stipendi ai cardinali, ma soprattutto sono state bloccate le promozioni, gli straordinari e anche gli scatti di adeguamento al personale della curia. È di qualche giorno fa una lettera petizione dei dipendenti che mette in fila davanti al Papa rimostranze sulla disparità di trattamento e privilegi da abolire con un tono da agitazione sindacale, perché, ci dice un impiegato vaticano, «qui sono tutti incentivati a fare il minimo per portare lo stipendio a casa».D'altra parte Francesco ha concluso il suo ragionamento sul «pericolo di una bella organizzazione» che poi non arriva a nessuno, dicendo che è «un po' come il racconto del parto del topo: la montagna che partorisce il topolino… Tutti i giorni fatevi questa domanda: a quanta gente arriviamo? A quanti arriva il messaggio di Gesù tramite L'Osservatore romano? Questo è molto importante, molto importante!». Ma questa montagna di macchina mediatica è frutto di quella riforma accidentata che lo stesso Papa ha avviato con un motu proprio del giugno 2015 creando il Dicastero per la comunicazione nel quale sono confluiti 9 enti diversi, fra cui la Radio e il giornale. A questo punto bisognerebbe domandarsi se il problema è nei contenuti o nel contenitore.