2022-12-15
A Speranza è tornata la voce solamente per difendere Baffino
Roberto Speranza (Imagoeconomica)
Il capo di Articolo Uno frigna sul giornale amico: «Io inc... nero». Su Antonio Panzeri fa l’ingenuo tradito ma con Massimo D’Alema fa lo scudo umano.Roberto Speranza vuol passare per quello che è stato ferito negli affetti più cari: «Posso dire che sono incazzato nero?», sbuffa. Certo che lo può dire, peccato solo ci abbia messo cinque giorni ad aprire bocca, e infine abbia scelto di farlo con un giornale amico (La Stampa) che gli ha permesso addirittura di recitare la parte della vittima. In quello che impropriamente è stato ribattezzato Qatargate e che invece è un Europagate a tutti gli effetti, Speranza sostiene di essere «parte lesa». Anche se nell’occhio del ciclone c’è un uomo di punta del suo partito - Antonio Panzeri - accusato di aver preso mazzette per favorire gli amici qatarioti. I due si conoscevano piuttosto bene, e fu proprio Panzeri, nel luglio del 2019, ad accompagnare Speranza al Parlamento europeo organizzandogli una serie di incontri con i deputati del gruppo socialista.Adesso tuttavia il caro Roberto grida di non sapere nulla degli affari illeciti del compagno: «Panzeri era un parlamentare europeo autorevole con una storia sindacale importante alle spalle. È uscito dal Pd per partecipare alla fondazione di Articolo Uno. Lo abbiamo seguito nella sua attività istituzionale a Bruxelles. Quando ha smesso, ha confermato la tessera di Articolo Uno, senza incarichi gestionali». Insomma, l’ex ministro pensa di uscirne indenne atteggiandosi a ingenuo tradito. Di più: a leggere le sue dichiarazioni, sembra che le sole vittime siano lui e gli iscritti ad Articolo Uno. «I fatti che vengono ricostruiti, con tanto di flagranza di reato con cui bisogna fare i conti al di là di qualsiasi garantismo, sono quanto di più lontano ci possa essere da Articolo Uno», frigna Speranza. A suo dire, il partito è «una piccola comunità di militanza vera, di gente che dedica una vita a tenere aperto un circolo tra mille difficoltà autotassandosi, capendo come poter risparmiare 5 o 10 euro se c’è da pagare un manifestino o una sala. Abbiamo avuto oltre 50.000 persone che ci hanno dato il loro 2 per 1.000 raccogliendo in un anno gli stessi soldi di cui si parla in queste ore».Ma certo. Infatti, notoriamente, Speranza è diventato ministro della Salute perché Giuseppe Conte prima e Mario Draghi poi si sono commossi osservando la piccola ma fedele comunità di militanti di Articolo Uno. In particolare l’ex banchiere centrale pare abbia sentito il cuore spezzarsi quando ha visto queste persone privarsi di qualche fondamentale nichelino pur di donarlo alla causa. Sì, è di sicuro per questo che Speranza è diventato ministro, e non certo perché qualcuno molto ascoltato nelle segrete stanze del potere abbia fatto il suo nome…Siete voi i maliziosi se pensate che la carriera dello sfavillante Robertino da Potenza sia stata favorita da un personaggio del calibro di Massimo D’Alema, uno che ancora oggi fa il bello e il cattivo tempo, seppure con passo felpatissimo. Speranza, dal canto suo, assicura che D’Alema proprio non c’entra nulla, non bisogna chiamarlo in causa a sproposito, non si deve nominarlo invano, soprattutto se c’è di mezzo il Qatargate.«D’Alema non c’entra nulla con questa vicenda giudiziaria. Chiamarlo in causa su questo è del tutto improprio», s’intigna il nostro conversando con La Stampa. L’intervistatrice, Annalisa Cuzzocrea, insiste e gli fa notate che Baffino «ha un peso politico e un’influenza che non può negare. Non solo su Articolo Uno ma anche sul Movimento 5 stelle a quanto risulta dai buoni rapporti, confermati, con Giuseppe Conte». Ma Speranza non molla: guai a chi gli tocca l’amato Massimo.D’Alema, dice Speranza, «ha scelto di accettare un incarico professionale rilevante in una importante società di consulenza. Ma non si può non ricordare che è fuori dalle istituzioni da dieci anni». Certo, come no. È talmente fuori che continua a fare e disfare a suo gusto, e mentre briga col Pd da una parte s’affanna con Conte dall’altra. E nel frattempo trova il tempo di trattare su forniture sanitarie, armi alla Colombia e, come pare da alcune indiscrezioni di stampa, sul passaggio proprio al Qatar della raffineria Lukoil in Sicilia.Tuttavia qui il problema non è nemmeno D’Alema: la questione è più ampia e profonda, e riguarda l’antico e incurabile male dei progressisti italici, ovvero la superiorità morale. Persino quando vengono trovati con i sacchi di banconote in casa i simpatici sinistrorsi non riescono ad ammettere che tale superiorità non esista e non sia mai esistita. Al contrario, anche in questa occasione Speranza (e non è certo l’unico) riesce a esibire la sua bella dose di spocchia. Intanto, come dicevamo, parla quando decide lui e con chi decide lui, in modo da non dover rendere conto più di tanto alla popolazione. Poi si permette di rimarcare una sorta di distanza spirituale dai comuni mortali: «Credo che la questione morale sia un tema attuale nel nostro Paese. Fa molto più male quando riguarda la sinistra. Perché a destra negli anni ne abbiamo viste parecchie», dice. Capito? A loro fa più male, perché loro sono i puri. Ne escono indenni e superiori anche quando sono i loro amici e compagni a farsi corrompere platealmente. Sì, loro sono ancora i migliori, i più santi: «A noi fa molto più male perché l’eredità della sinistra è legata alla lezione di Enrico Berlinguer», insiste Speranza. «Dobbiamo con onestà dirci che non siamo impermeabili e quindi anche noi dobbiamo avere processi di selezione dei gruppi dirigenti il più rigorosi possibili. Fatti del genere sono inaccettabili e finiscono per far perdere la fiducia delle persone nei confronti della politica. Ho speso la mia vita, da quando avevo 18 anni, a dire che non è vero che siamo tutti uguali, che tutti rubano alla stessa maniera. Vedere che un’azione individuale così grave può macchiare la storia di una comunità è inaccettabile».In realtà non si tratta di un’azione individuale, ma di un intero sistema. Un meccanismo che ha potuto svilupparsi agevolmente all’interno dell’Europa tecnocratica che i progressisti hanno tanto voluto e supportato. Inutile dunque che Speranza provi a scaricare il barile al solo Panzeri: è il suo partito ad essere chiamato in causa politicamente, e non può cavarsela atteggiandosi a innocente raggirato da uno scaltro truffatore. E poi diciamola tutta: sarebbe anche ora di finirla con questa storia dell’eredità di Berlinguer. In che modo Roberto e soci l’avrebbero portata avanti? Rinchiudendoci in casa e privando migliaia di persone dello stipendio nei giorni neri del Covid? Trattando la compravendita di armi? Mentendo sulle misure sanitarie? Agendo da intermediari per governi che regolarmente se ne fregano dei diritti umani salvo poi correre a fare la morale a tutti? Abbiano almeno il buon gusto di non insultare la nostra intelligenza. Speranza ci ha messo parecchi giorni a parlare. Ci auguravamo che lo facesse molto prima, e che chiarisse. Ma visto ciò che ha avuto il fegato di affermare, se fosse rimasto zitto avrebbe fatto miglior figura.
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