
Lazio e Veneto parlano di stop alla campagna. Poi il mezzo dietrofront, mentre Francesco Paolo Figliuolo rassicura: «In arrivo 1,3 milioni di dosi». La Lombardia corre.A lanciare per primo il grido d'allarme è stato il Veneto. Mercoledì sera il presidente della Regione, Luca Zaia, ha detto: «Da domani noi non saremo in grado di vaccinare perché i nostri 35.000 vaccini che facciamo quotidianamente sono di gran lunga superiori alle forniture che ci vengono date». Passata la nottata, ieri Zaia ha però cambiato completamente registro: «La macchina vaccinale sta funzionando e sabato arriveranno 103.000 dosi di Astrazeneca e le 38.000 di Moderna. La macchina ha avuto qualche impiccio in partenza ma è a regime e se abbiamo carbone da buttare nella caldaia riusciamo a fare un bel lavoro». Sono però solo 252.725 i cittadini che hanno completato il ciclo con i richiami, così il dato di chi è già protetto dal virus resta inchiodato poco sopra il 5%. Forse c'è stata un'accelerazione eccessiva o forse Zaia ha dovuto fare i conti con alcune aziende sanitarie locali: l'Ulss 6 di Padova e l'Ulss 2 di Treviso hanno comunicato la sospensione delle vaccinazioni, la prima fino al 5 aprile, la seconda fino al 6. Eppure ogni Asl ha le prenotazioni, sa quante dosi devono arrivano e in base a questi dati può pianificare la distribuzione. Evidentemente si è corso troppo, i vaccini ci sono ma serve comunque una programmazione. Lo stesso Zaia nei giorni scorsi è dovuto intervenire quando la Usl 6 Euganea ha comunicato ai sindaci dell'intera provincia la decisione di cedere le dosi di Astrazeneca ai Comuni che ne volessero fare richiesta e il Comune di Padova ha organizzato la vaccinazione per i circa 1.400 dipendenti comunali - in smart working - considerandoli tra le categorie essenziali. Intoppi che di certo non riguardano la mancanza di vaccini ma la programmazione. Intanto, ai dati di mercoledì registrati sul sito del ministero della Salute il Veneto risulta avere ricevuto 916.380 dosi e avere effettuato 867.744 somministrazioni con una scorta di 50.000 dosi. Entro il week end arriveranno in Veneto 103.000 dosi di Astrazeneca e 38.000 di Moderna. In frigorifero il Veneto ha anche 83.000 dosi di Pfizer, che finiranno per domani, ma dalla prossima settimana nella regione verranno consegnate 120.000 dosi di vaccino Pfizer da destinare ai richiami, ai soggetti ultra fragili e ai grandi anziani ancora da vaccinare, che sono 110.000. E dal 19 aprile arriverà pure il monodose di Johnson&Johnson. Sventato lo stop a Nord, ecco che scatta l'ansia per chi deve essere vaccinato nel Lazio: «Se nelle prossime 24 ore non arrivano i 122.000 vaccini di Astrazeneca previsti siamo costretti nostro malgrado a sospendere le vaccinazioni», ha detto l'assessore regionale alla Sanità, Alessio D'Amato. Che, nonostante questi timori, da mercoledì notte ha aperto le prenotazioni anche per l'età 66 e 67 «e sono già oltre 36.000 i prenotati. Abbiamo un milione di prenotazioni da qui a maggio». Dall'altra parte il presidente Nicola Zingaretti insiste: «Quando, come nel caso del Lazio, hai fatto oltre 1 milione di vaccinati, bisogna continuare a vaccinare ma stare molto attenti ad avere i magazzini pieni per fare la seconda dose. Un margine di rischio c'è», ha detto ieri. Dimenticando che una campagna vaccinale funziona proprio se si sa gestire bene il rischio con un approccio di logistica industriale e non politica.Tra ieri e oggi «arriveranno oltre 1,3 milioni di dosi di Astrazeneca», ha confermato il commissario per l'emergenza Francesco Paolo Figliuolo ricordando che sono già arrivate oltre 500.000 dosi di Moderna e che mercoledì sono state consegnate oltre 1 milione di dosi Pfizer. L'emergenza è quindi rientrata in poche ore. Tra l'altro, le Regioni possono chiedere aiuto alla riserva centrale (pari all'1,5% delle dosi totali consegnate all'Italia) per esigenze impreviste che vanno però motivate. E né il Veneto né il Lazio risultano avere bussato alla porta di Figliuolo. Resta comunque da capire perché, se quello che dice la struttura commissariale è vero - cioè che le Regioni hanno la programmazione bimensile delle aziende più grandi, che di Pfizer e Astrazeneca sanno già cosa arriva fino a fine aprile, e di Pfizer sanno addirittura le date - alcuni governatori si trovano con l'acqua alla gola e a corto di fiale. E la risposta porta sempre ai problemi di pianificazione, non solo da parte delle Regioni ma anche nelle singole Asl e persino nei singoli hub vaccinali.Al coro di protesta «mancano i vaccini» non si è, intanto, unita la Lombardia. Che, per altro, ha una popolazione di oltre 10 milioni di abitanti e ha ricevuto quasi le stesse dosi del Lazio (5,8 milioni di abitanti). Dal 12 aprile partirà la campagna massiva con la chiamata della «fascia» 75-79 anni e una road map precisa. Il consulente del Pirellone, Guido Bertolaso, ieri ha spiegato che se arriveranno le dosi previste l'ultima categoria, gli under 49, potrebbe essere coperta entro il 18 luglio. «La capacità attuale di somministrazione giornaliera», ha detto Bertolaso, «è poco più 35.000 prime dosi. Avendo la certezza dei vaccini disponibili fino a fine aprile, potranno essere vaccinate entro 26 aprile» tutte le persone tra i 75 e i 79 anni, «ammesso che si registrino tutte». Poi «il 15 aprile apriremo le prenotazioni per i 70-74enni. Dopo il 15 aprile pensiamo di poter salire a 65.000 somministrazioni al giorno. In questo caso si può concludere già l'8 maggio». Poi la categoria dei 60-69enni inizierà a poter prenotare il 22 aprile. Se «avremo 65.000 dosi disponibili, si vaccineranno dal 13 maggio al 9 giugno; se invece andiamo a pieno regime, con 144.000 dosi al giorno, partiremo il 9 maggio e finiremo il 18». Dunque, «tra fine maggio e inizio giugno saremo riusciti a coprire le categorie maggiormente a rischio». Per quanto riguarda la fascia 50-59 anni, «con 65.000 somministrazioni al giorno, le prenotazioni apriranno il 15 maggio, e le somministrazioni andranno dal 10 giugno al 16 luglio; mentre con 144.000 somministrazioni al giorno le prenotazioni apriranno il 30 aprile, e le somministrazioni saranno dal 19 maggio al 7 giugno». Infine gli under 49: «Con 65.000 somministrazioni ci sarà l'avvio delle prenotazioni il 13 giugno, con le somministrazioni dal 17 luglio al 20 ottobre; mentre con 144.000 somministrazioni, le prenotazioni il 14 maggio, e le somministrazioni dall'8 giugno al 18 luglio». Intanto, già da oggi sarà operativo il portale delle Poste.
2025-11-16
Borghi: «Tassare le banche? Sostenibile e utile. Pur con i conti a posto l’Ue non ci premierà»
Claudio Borghi (Ansa)
Il senatore della Lega: «Legge di bilancio da modificare in Aula, servono più denari per la sicurezza. E bisogna uscire dal Mes».
«Due punti in più di Irap sulle banche? È un prelievo sostenibilissimo e utile a creare risorse da destinare alla sicurezza. Le pensioni? È passato inosservato un emendamento che diminuisce di un mese l’età pensionabile invece di aumentarla. La rottamazione? Alla fine, anche gli alleati si sono accodati». Claudio Borghi, capogruppo della Lega in commissione Bilancio del Senato e relatore alla legge di bilancio, sciorina a raffica gli emendamenti di «bandiera» del suo partito con una premessa: «Indicano una intenzione politica che va, poi, approfondita». E aggiunge: «Certo, la manovra avrebbe potuto essere più sfidante ma il premier Giorgia Meloni non ha fatto mistero di volerci presentare nella Ue come i primi della classe, come coloro che anticipano il traguardo di un deficit sotto il 3% del Pil. Io, però, temo che alla fine non ci daranno alcun premio, anche perché, ad esempio, la Bce ha già premiato la Francia che ha un deficit superiore al nostro. Quindi, attenti a non farsi illusioni».
Roberto Fico (Ansa)
Dopo il gozzo «scortato», l’ex presidente della Camera inciampa nel box divenuto casa.
Nella campagna elettorale campana c’è un personaggio che, senza volerlo, sembra vivere in una sorta di commedia politica degli equivoci. È Roberto Fico, l’ex presidente della Camera, candidato governatore. Storico volto «anticasta» che si muoveva in autobus mentre Montecitorio lo aspettava, dopo essere stato beccato con il gozzo ormeggiato a Nisida, oggi scaglia anatemi contro i condoni edilizi, accusando il centrodestra di voler «ingannare i cittadini». «Serve garantire il diritto alla casa, non fare condoni», ha scritto Fico sui social, accusando il centrodestra di «disperazione elettorale». Ma mentre tuona contro le sanatorie, il suo passato «amministrativo» ci racconta una storia molto meno lineare: una casa di famiglia (dove è comproprietario con la sorella Gabriella) è stata regolarizzata proprio grazie a una sanatoria chiusa nel 2017, un anno prima di diventare presidente della Camera.
Edmondo Cirielli e Antonio Tajani (Ansa)
L’emendamento alla manovra di Fdi mira a riattivare la regolarizzazione del 2003. Così si metterebbe mano a situazioni rimaste sospese soprattutto in Campania: all’epoca, il governatore dem Bassolino non recepì la legge. E migliaia di famiglie finirono beffate.
Nella giornata di venerdì, la manovra di bilancio 2026 è stata travolta da un’ondata di emendamenti, circa 5.700, con 1.600 presentati dalla stessa maggioranza. Tra le modifiche che hanno attirato maggiore attenzione spicca quella di Fratelli d’Italia per riaprire i termini del condono edilizio del 2003.
I senatori di Fdi Matteo Gelmetti e Domenico Matera hanno proposto di riattivare, non creare ex novo, la sanatoria introdotta durante il governo Berlusconi nel 2003. Obiettivo: sanare situazioni rimaste sospese, in particolare in Campania, dove la Regione, all’epoca guidata da Antonio Bassolino (centrosinistra), decise di non recepire la norma nazionale. Così migliaia di famiglie, pur avendo versato gli oneri, sono rimaste escluse. Fdi chiarisce che si tratta di «una misura di giustizia» per cittadini rimasti intrappolati da errori amministrativi, non di un nuovo condono. L’emendamento è tra i 400 «segnalati», quindi con buone probabilità di essere discusso in commissione Bilancio.
Friedrich Merz (Ansa)
Con l’ok di Ursula, il governo tedesco approva un massiccio intervento sul settore elettrico che prevede una tariffa industriale bloccata a 50 euro al Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio. Antonio Gozzi (Federacciai): «Si spiazza la concorrenza».
Ci risiamo. La Germania decide di giocare da sola e sussidia la propria industria energivora, mettendo in difficoltà gli altri Paesi dell’Unione. Sempre pronta a invocare l’unità di intenti quando le fa comodo, ora Berlino fa da sé e fissa un prezzo politico dell’elettricità, distorcendo la concorrenza e mettendo in difficoltà i partner che non possono permettersi sussidi. Avvantaggiata sarà l’industria energivora tedesca (acciaio, chimica, vetro, automobile).
Il governo tedesco ha approvato giovedì sera un massiccio intervento sul mercato elettrico che prevede un prezzo industriale fissato a 50 euro a Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio, accompagnato da un nuovo programma di centrali «a capacità controllabile», cioè centrali a gas mascherate da neutralità tecnologica, da realizzare entro il 2031. Il sistema convivrebbe con l’attuale attuale meccanismo di compensazione dei prezzi dell’energia, già in vigore, come ha confermato il ministro delle finanze Lars Klingbeil. La misura dovrebbe costare attorno ai 10 miliardi di euro, anche se il governo parla di 3-5 miliardi finanziati dal Fondo per il clima e la trasformazione. Vi sono già proteste da parte delle piccole e medie imprese tedesche, che non godranno del vantaggio.






