2018-12-28
Sparando ai gialloblù media e Pd si scavano la fossa
Secondo il Corriere della Sera, dopo la manovra la Lega avrebbe perso il 3 per cento, mentre il Movimento 5 stelle sarebbe al 27 per cento, cioè quasi 6 punti in meno di quelli guadagnati alle elezioni del 4 marzo. Detta così parrebbe che la maggioranza di governo inizi ad accusare qualche colpo. Sei mesi di decisioni e spesso di polemiche per i provvedimenti varati avrebbero dunque lasciato il segno (...)(...) In realtà, a leggere i dati pubblicati dal quotidiano di via Solferino, si capisce un'altra cosa, ovvero che, nonostante lo scontro con l'Europa, lo spread in salita, il reddito di cittadinanza e la flat tax in discesa, l'esecutivo pentaleghista continua a mantenere un elevato consenso. A quasi dieci mesi dal voto che ha cambiato il volto del Parlamento e anche della politica, se si dà retta agli istituti demoscopici, la Lega e i 5 stelle rappresentano il 60 per cento degli elettori. Di più: rispetto alle consultazioni dello scorso inverno, il consenso della maggioranza è cresciuto. Se all'epoca, infatti, Luigi Di Maio e Matteo Salvini insieme radunavano una percentuale di poco superiore al 50 per cento, oggi sono almeno 10 punti avanti, mentre l'opposizione ha perso terreno.Certo, all'interno della percentuale attribuita ai pentaleghisti, i rapporti sono molto diversi rispetto a dieci mesi fa. Se nella primavera scorsa i grillini avevano il doppio dei voti dei leghisti, oggi la situazione non è rovesciata in termini di forza, ma il partito guidato dal ministro dell'Interno ha scavalcato quello del ministro del Lavoro. La vera sorpresa, infatti, è la crescita della Lega, che in pochi mesi ha raddoppiato i consensi, raggiungendo livelli mai visti, neppure quando a guidarla era Umberto Bossi e lo slogan principale era sintetizzato in due parole: Padania libera. Lo spadone sguainato da Alberto da Giussano, a quei tempi, non aveva mai sfondato il muro del 10 per cento e soprattutto non aveva mai scavalcato l'argine eretto lungo il Po. Il movimento fondato dal Senatur era in fondo un partito regionale, che ambiva a governare il Nord e nulla di più. L'ampolla con l'acqua del Po, i riti celtici, il Parlamento padano: la simbologia di Bossi, pur essendo fortemente radicata nella parte settentrionale del Paese, non era riuscita a convincere l'area che si prefiggeva di difendere. Oggi le cose paiono cambiate. Nonostante le critiche degli imprenditori per alcune delle misure volute dal governo, il partito di Salvini conserva un credito presso gli elettori del Nord di cui nel passato non ha goduto neppure nel momento di suo maggiore successo.Che lo cose stiano così lo segnala anche un altro dato pubblicato dal Corriere della Sera. Mentre il gradimento nei confronti di Di Maio raggiunge il 43 per cento, quello di Salvini arriva al 56, cioè 23 punti in più rispetto a quelli raggiunti dalla Lega. Nando Pagnoncelli, autore delle rilevazioni demoscopiche, aggiunge anche un'altra informazione, ovvero che il governo di Giuseppe Conte, rispetto agli esecutivi del passato, sembra conservare un maggiore gradimento da parte degli italiani. Finita la luna di miele, quasi tutti i presidenti del Consiglio e i ministri vedono calare il favore degli elettori, ma stranamente quello attuale dimostra di sapere reggere meglio. Tradotto in poche parole: perde meno di altri, come se coloro che abbiano scelto di votare Lega o 5 stelle, in fondo, non siano affatto delusi e invece disposti a dare ancora credito ai simboli dei partiti su cui hanno messo la crocetta.Tutto ciò, fra l'altro, nonostante il 90, anzi diremmo il 95 per cento, degli organi di informazione sia contrario alla maggioranza. La tempesta che si è scatenata sui giornali e in tv nei giorni della manovra (ma sarebbe più corretto dire dal 4 marzo), non solo non ha scalfito neppure superficialmente il bacino elettorale del governo, ma paradossalmente non è riuscita neppure a fermarne la crescita. Le polemiche con l'Europa, gli scontri con le Ong, la minaccia di una procedura d'infrazione, i giudizi liquidatori della maggior parte dei commentatori, hanno di fatto ottenuto l'effetto contrario rispetto a quello che si prefiggevano. Invece di calare, i voti della Lega salgono. E invece di sparire, quelli dei 5 stelle tengono.Ora, qualcuno potrebbe pensare che, arrivati a questo punto, noi si intenda sviolinare per Salvini e per Di Maio, narrandone con entusiasmo le gesta. Niente affatto. Se abbiamo scritto queste righe non è certo per cantare in lode della maggioranza (che a volte non ci piace), ma solo per suonare il de profundis per la minoranza e soprattutto per il suo armamentario mediatico. Nonostante avesse dalla sua parte tutte le tv o quasi, tutti i giornali o quasi, l'opposizione non è infatti riuscita a convincere gli italiani, prova ne sia che più Lega e 5 stelle vengono attaccati e meno voti raccolgono il Pd, Forza Italia e tutti quelli che stanno fuori dal perimetro dell'esecutivo. Da tutto ciò si possono trarre due insegnamenti. Il primo riguarda giornali e tv, che a forza di criticare per partito preso non solo perdono lettori e ascoltatori, ma si condannano all'irrilevanza. Il secondo invece è piuttosto semplice: se Pd, Forza Italia e gli altri non vogliono sparire, devono cambiare. Altro da aggiungere non c'è, se non un «buona fortuna».
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
La stazione di San Zenone al Lambro, dove il 30 agosto scorso un maliano ha stuprato una 18enne (Ansa)
Il ministro degli Interni tedesco Alexander Dobrindt con il cancelliere Friedrich Merz (Ansa)
Massimo Cacciari (Getty Images)