2019-04-26
Spagna al voto: Sánchez verso i separatisti
I sondaggi sulle elezioni anticipate di domenica danno i socialisti in testa e sopra il 30%. Per governare servono però i seggi degli indipendentisti anche se la base è pronta a dare battaglia. Per frenare la destra torna lo spauracchio del franchismo.«Perché non governi la destra è necessario concentrare tutti i voti nel Psoe». Lo ha ripetuto a ogni comizio il leader socialista Pedro Sánchez, agitando lo spauracchio di una Spagna alla deriva se le elezioni anticipate del prossimo 28 aprile (un mese prima delle europee) vedranno trionfare il Partido popular (Pp) assieme a Ciudadanos (Cs) e a Vox. Oggi, ultimo giorno di campagna elettorale, i sondaggi sembrano dimostrare una netta preferenza dell'elettorato per il Partito socialista, dato al 30,3% dei voti secondo Sigma Dos sul Mundo, addirittura 31,5% secondo Gad3 su Abc, contro il 20,1% del Pp, il 15% di Cs, il 12% di Unidos podemos (Up). Il problema per i socialisti, se dovessero vincere le elezioni, sarà però governare: con 133 o 139 seggi, potranno ottenere la maggioranza assoluta e tornare alla Moncloa solo con i 27 rappresentanti di Podemos e raggiungendo un accordo con gli indipendentisti catalani di Erc (Esquerra republicana), stimati al 3,3% con 13 seggi, e con altri partiti separatisti (circa una quindicina di ulteriori seggi). Le tre formazioni di destra Pp (66-76 seggi secondo i sondaggi), Ciudadanos (42-51) e Vox (29-37) non otterrebbero la maggioranza parlamentare. Ma è proprio il possibile accordo con i partiti indipendentisti catalani e con Euskal herria bildu, coalizione di partiti nazionalisti baschi di sinistra, che sta creando i maggiori malumori all'interno dell'elettorato socialista. Secondo Sigma Dos, il 72% di chi voterà Psoe non vuole intese con i partiti separatisti che, assieme a Pp e Ciudadanos, a febbraio respinsero la legge di bilancio, rendendo inevitabili le elezioni anticipate. Nei due confronti pubblici televisivi andati in onda in questa ultima settimana elettorale, Sánchez è stato più volte accusato dai leader Pp e Ciudadanos di «sedersi assieme ai golpisti» e di volere l'indulto per i politici catalani detenuti. Il tema è molto sentito dagli spagnoli, l'unità del Paese contro le spinte autonomiste di alcune regioni. Ne sta approfittando Albert Rivera, leader di Cs, da settimane impegnato a ripetere che Sánchez tornerà alla Moncloa solo accordandosi con i secessionisti. Spera così di portare via all'avversario elettori indignati. Ma convince poco. «Rivera non è affidabile», tuona il giovane presidente dei popolari, Pablo Casado, certo che tra i leader di Psoe e Ciudadanos alla fine ci sarà un accordo, così come era accaduto nel 2016. Casado, che lo scorso anno aveva sostituito il predecessore, Mariano Rajoy, al vertice di un partito precipitato ai minimi storici (Sánchez diventò capo del governo dopo la mozione di sfiducia presentata contro Rajoy), pensa di ottenere più voti di quanti gli attribuiscono i sondaggi. Suo obiettivo è «rifondare il centrodestra assorbendo Cs e Vox», come ha dichiarato ieri a El Mundo. Per fare questo, mette al centro del programma elettorale «una forte riduzione delle imposte, la creazione di mezzo milione di posti di lavoro l'anno, la riforma dell'amministrazione, la difesa della famiglia, della maternità, dell'educazione». Un tema, quello della famiglia, che non sta così a cuore a Rivera, convinto sostenitore dell'utero in affitto: «Un diritto del secolo XXI», un «gesto altruista». La pensa in tutt'altro modo Santiago Abascal, leader di Vox, la formazione di estrema destra che potrebbe ottenere diversi seggi al Senato e al congresso dei deputati. La sua campagna elettorale ha riproposto gli stessi temi che l'hanno portato a ottenere dodici rappresentanti alle elezioni regionali dell'Andalusia nel dicembre scorso. Unità del Paese, sistema sanitario ed educativo centralizzato, stop al cambio di sesso a spese dello Stato, migranti irregolari rispediti nei luoghi di provenienza, sono tra le proposte centrali del suo programma. Per isolare Vox, il leader del partito di sinistra radicale Podemos, Pablo Iglesias (oggi alle prese con una scissione interna al partito), ha lanciato un allarme antifascista che sta traducendosi in attacchi contro i candidati e contro la sede centrale del partito di Abascal a Madrid. Domenica si vedrà quanto lo spauracchio franchista abbia impressionato gli spagnoli, ancora fortemente indecisi su chi votare. L'incertezza maggiore riguarda le alleanze post elettorali tra forze europeiste di sinistra, moderati, secessionisti, baschi o formazioni di destra tacciate di populismo. La consapevolezza che dal voto del 28 aprile non uscirà una maggioranza compatta fa temere compromessi politici difficili da digerire per un elettorato che fino al 2015 era abituato al bipartitismo Psoe-Pp.