2022-09-09
Sono tutti entusiasti per il vaccino nasale. Ma hanno boicottato quello made in Italy
Un team di ricercatori dell’Iss aveva studiato una «innovativa strategia immunitaria». Roberto Speranza l’aveva sostenuta, però poi...Quant’è bello il vaccino nasale. Specialmente se non è italiano. Tra i media che si stanno occupando degli ultimi ritrovati dell’immunologia asiatica, nessuno si è accorto che il nostro Paese aveva sviluppato un proprio farmaco inalabile per il Covid, ma che quella ricerca non è mai stata adeguatamente finanziata dallo Stato. Tanto, c’erano i vaccini a mRna...I fatti sono questi. La Cina, qualche giorno fa, ha approvato in via emergenziale un vaccino nasale, da impiegare come booster. Il medicinale è stato realizzato da CanSino biologics e si basa su un vettore adenovirus di tipo 5, messo sotto forma di aerosol. Secondo i trial clinici, il preparato avrebbe un elevato grado di immunogenicità e pochi effetti collaterali. Quasi contemporaneamente, pure l’India ha dato l’ok a uno spray antivirus, ideato dalla Bharat biotech e anch’esso basato su un vettore adenovirale. Uno dei vantaggi di questo tipo di farmaci è immediatamente evidente: la conservazione è più facile e li si può utilizzare a casa. Non serve organizzare complesse catene del freddo e allestire centinaia di hub per le iniezioni. L’altra svolta dovrebbe essere misurata in termini di efficacia: a confronto con le somministrazioni intramuscolo, i vaccini nasali sarebbero più efficienti nell’attivare il meccanismo di protezione dei polmoni. Non a caso, ieri Focus evidenziava che, almeno dai test praticati sugli animali, è emerso gli spray non si limiterebbero a impedire le conseguenze gravi del Covid, ma preverrebbero la trasmissione del Sars-Cov-2. Sarebbe una svolta verso l’eradicazione del patogeno. E che il futuro della lotta alla pandemia passi per questo strumento, La Verità lo aveva anticipato ai lettori oltre un anno fa.Tutti pazzi per il farmaco spray, dunque. Peccato che, in questa materia, il nostro Paese fosse già all’avanguardia, ma le istituzioni abbiano fatto finta di non accorgersene. A giugno, sulla rivista Vaccines, un team di ricercatori dell’Istituto superiore di sanità aveva pubblicato un ampio studio su una «innovativa strategia immunitaria anti Sars-Cov-2», fondata proprio sull’idea di un medicinale intranasale, che agisse per mezzo di nanovescicole naturali, ingegnerizzate in modo da indurre, a livello polmonare, una immunità cellulare capace di neutralizzare qualsiasi variante del Covid. Questo vaccino, infatti, stimola una risposta anticorpale contro la proteina N del virus, non soggetta a mutazione, a differenza della Spike. Badate bene: la sperimentazione andrebbe proseguita, però il paper non era un preprint, cioè un’analisi da sottoporre a revisione paritaria con doppio cieco. Si trattava di un lavoro scientifico svolto con tutti i crismi, cominciato ad aprile 2020.Il 3 marzo scorso, in audizione al Senato, il ministro Roberto Speranza aveva speso parole entusiastiche per il vaccino dell’Iss: «Io sono tra quelli che in maniera più convinta sostiene questo progetto», aveva giurato. Di più: «Quando il presidente Silvio Brusaferro me ne ha parlato, abbiamo dato massima disponibilità a sostenerlo». A Palazzo Madama, il responsabile della Salute lo aveva definito un vaccino «interessante», benché - è vero - «ancora in una fase preliminare». Ragion per cui «abbiamo bisogno di un elemento di investimento forte, ma anche di cautela, per svolgere tutti i passaggi con la dovuta attenzione». Sacrosanto: all’Iss non c’è il signor Paul Burton di Moderna, che chiede di approvare i medicinali aggiornati senza sottoporli «a nuovi studi clinici». Solo che, pur avendo invocato «il sostegno unanime del Parlamento», Speranza sembra poi essersi dimenticato della piattaforma elaborata dall’ente che risponde proprio al suo dicastero. Fino ad oggi, il vaccino nasale italiano ha ricevuto, per volere di Brusaferro, 190.000 euro di contributi. Una somma buona giusto per coprire le spese di laboratorio: pipette, reagenti, cavie. Tanto per avere un’idea: uno studio di fase 1 fatto bene richiederebbe intorno ai 5 milioni di euro. Sono 190.000 euro moltiplicati per 26,5. Poi ci sarebbero le fasi 2 e 3: un miraggio. Nel frattempo, lo Stato ha sborsato miliardi per i vaccini di Pfizer, Moderna, Astrazeneca & c., arrivando ad accumulare 15 milioni di dosi, stipate a marcire nei magazzini di Pratica di Mare. È una storia che ricorda quella di Reithera, sulla quale Domenico Arcuri puntava per un immunizzante tricolore contro il Covid. E che invece è stata piantata in asso da Invitalia, la quale ha finito col mettere in vendita la sua quota del 27% nella società. Dopo una stroncatura, da parte della Corte dei conti, del contratto tra la ditta e la partecipata del Mef. È l’indigesto pane quotidiano di chi fa ricerca qui da noi. Che avrebbe bisogno, in primis, di un vaccino che protegga dalla frustrazione.