
Erano «scheletrini» sofferenti, ma hanno rifiutato vitto e alloggio per finire chissà dove. Per la Caritas è tutto normale, peccato che Matteo Salvini sia stato denunciato anche per loro.Erano «scheletrini», vittime incolpevoli dell'odio di Matteo Salvini, povera gente bisognosa di un tozzo di pane e di una coperta calda che il ministro dell'Interno ha «sequestrato» a bordo della nave Diciotti con il bieco proposito di ricattare l'Unione europea. «Vi auguro di ascoltare le storie devastanti di chi è bordo della Diciotti», scrisse fra le lacrime Maria Elena Boschi. «Se avete un cuore sarete i primi a commuovervi e chiedere: "Fateli scendere"». Solo che poi, quando li hanno fatti scendere, un po' di quei poveri cristi si sono allegramente dati alla macchia. L'incredibile notizia l'hanno data ieri i sottosegretari all'Interno Stefano Candiani e Nicola Molteni: «Si sono già dileguati 40 dei 144 immigrati maggiorenni sbarcati dalla Diciotti e affidati alla Cei o al centro di Messina». In realtà, a sparire sono stati in 50, forse di più. Avrebbero dovuto essere accolti da varie diocesi, ma in 6 sono scomparsi già il 31 agosto. Altri due eritrei, che avrebbero dovuto essere presi in carico dalla diocesi di Firenze, si sono volatilizzati il 2 settembre. Il 3 settembre ne sono spariti altri 19, il 4 settembre sono scappati in 13 e via di questo passo. Un fuggi fuggi insomma. Reso possibile dal fatto che gli immigrati inseriti nei vari centri non sono detenuti, possono entrare e uscire liberamente e, volendo, anche far perdere le proprie tracce. Succede fin troppo spesso. Non a caso - come abbiamo scritto nei giorni scorsi - i richiedenti asilo irreperibili al 31 agosto erano ben 4.858. Il caso degli stranieri della Diciotti (almeno 6 dei quali vengono dalle isole Comore), però, è decisamente più sgradevole rispetto agli altri. Sul loro conto è stato detto e scritto di tutto. Un pm ha accusato Salvini di averli brutalmente sequestrati. Beh, evidentemente, erano così bisognosi di vitto e alloggio che hanno preferito andarsene, rinunciando all'accoglienza pagata dalla Cei e dagli italiani di buona volontà. Sulla vicenda si è sentito in dovere di intervenire don Francesco Soddu, direttore della Caritas. «È allontanamento volontario, non fuga», ha detto. «Si fugge da uno stato di detenzione e non è questo il caso, nessuno vuole rimanere in Italia, si sa». Forse Soddu non si è reso conto di quanto siano grottesche le sue parole. Secondo lui, noi dobbiamo farli entrare, ma è normale che poi ci schifino e se ne vadano. Peccato che - anche per via di questi 50 individui - il ministro dell'Interno sia sotto indagine, cosa ridicola e inaudita. Tra l'altro, un conto è non essere detenuti. Un altro conto è andarsene in giro senza il permesso di soggiorno o qualche forma di protezione. Oddio, c'è pure il caso che i poverelli non abbiano gradito l'accoglienza. Forse non hanno apprezzato i gelati offerti da papa Bergoglio. O gli arancini comprati per loro dai cittadini di Catania. O magari li ha spaventati Laura Boldrini, quando è salita a bordo della nave e si è sgolata per i malcapitati «ostaggi». Sì, a pensarci bene li capiamo, i migranti fuggitivi. Dopo aver visto certe ghigne - tipo quelle del nerboruto «antifascista Ivano» e degli altri militanti e politicanti che si sono precipitati ad applaudirli - gli aspiranti profughi hanno preferito darsela a gambe. Non scappano dalle guerre, ma scappano da Cei e compari. Certo, qualcuno avrebbe voluto che costoro denunciassero Salvini, ma i migranti hanno pensato bene di lasciar perdere e di scappare a gambe levate. Chissà, magari qualcuno di loro - se non finirà nelle mani della criminalità o in qualche altro brutto giro di sfruttamento - riuscirà perfino a varcare il confine e a recarsi in Francia. Sarebbe, nella disgrazia, una cosa buona: finalmente Emmanuel Macron (quello che ha accusato l'Italia di xenofobia) avrebbe l'occasione di mostrarsi accogliente.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.






