2024-12-20
Solo il Pd vuol continuare la guerra
Dopo tre anni con l’elmetto in testa e le liste di proscrizione dei putiniani in prima pagina, la stampa italiana finge di aver sempre saputo che sarebbe andata a finire con Crimea e Donbass russi. Ma Paolo Gentiloni e Pina Picierno insorgono: «Nessuna resa di Zelensky».«Abbiamo perso». Due paroline banali e nobili che rappresentano l’onestà intellettuale e il senso di realtà di chi le mette in fila. Una frase lapidaria che dopo l’ammissione di Volodymyr Zelensky («Non abbiamo le forze per riprendere Crimea e Donbass») dovrebbe agitare i sonni di chi per quasi tre anni ha alimentato una narrazione entusiastica delle operazioni belliche, ha retto la marsina di Joe Biden accanto al velleitarismo di Bruxelles, ha insultato dando del «putiniano» a chiunque sollevasse dubbi sull’inevitabile mattanza. E ha pianto di emozione vedendo la foto di Mario Draghi, Emmanuel Macron, Olaf Scholz su quel treno per Yuma illudendosi che fosse per Yalta.Da europei occidentali convinti che la storia fosse finita con Francis Fukuyama, abbiamo perso non le chiavi di casa o la pazienza o il derby, ma la guerra. Eppure non lo riconoscerà nessuno, già si intuiscono mosse per sedersi dalla parte giusta al tavolo della pace, specialità molto italiana. La tendenza al trasformismo che declina nel negazionismo - questo sì pericoloso per certe intelligenze poco ammobiliate di pensiero - sta prendendo piede fra le truppe cammellate della guerra giusta, della guerra inevitabile, della guerra dem. E mentre negli scantinati del Nazareno, fra il busto di Giancarlo Pajetta e il calco della mano del colonnello Valerio, si cerca disperatamente l’ultimo archibugio da mandare a Kiev, alcuni feldmarescialli piddini hanno deciso con un rigurgito badogliano che «la guerra continua». Il conte Paolo Gentiloni sembra paracadutato da Marte mentre candido twitta: «Apprendo da due o tre giornali italiani di una resa di Zelensky. E pensare che mi era sfuggita». Lo immaginiamo in vestaglia di cachemire e cache-col rimproverare il maggiordomo, che si giustifica: «Ho chiamato Kiev ma ho trovato occupato». L’ex commissario di Bruxelles, colonnello del partito più guerrafondaio d’Italia, fatica a metabolizzare la situazione e non vorrebbe sentir parlare di sconfitta, nonostante quei 280.000 morti da ambo le parti (fonte Wall Street Journal) fabbricati a mano che nel silenzio gridano di smetterla. Sulla stessa lunghezza d’onda è Pina Picierno, vicepresidente del parlamento Ue, che definisce «lunari» i giornali che parlano di resa, e per salvare la narrazione mainstream si avventura nel fitto bosco delle subordinate. «Il fatto che su alcuni quotidiani campeggi la notizia della resa di Zelensky perché ha parlato della necessità di uno sforzo diplomatico per definire quel che succede in territori occupati dal 2014 - cioè molto prima dell’invasione su larga scala - mi pare una cosa lunare ma molto significativa». In sintesi, mentre lo stesso leader ucraino fa sapere che il suo Paese è allo stremo ed è pronto a lasciare a Mosca i territori russofoni pur di sedersi al tavolo della pace, Gentiloni e Picierno chiudono gli occhi, si tappano le orecchie, schiacciano il pulsante e fanno «bum» con la bocca. A conferma che il Pd vuole continuare la guerra. Poi danno dei dottor Stranamore agli altri.Se al Nazareno sparano ancora, nel ridotto della Valtellina di molte redazioni si prepara la exit strategy. Editorialisti storicamente con il proiettile in canna si mettono di corta, analisti di geopolitica con l’elmetto del generale Patton assaggiano il rancio. È tutto un ripiegare, un rinculare da parte di chi vedeva controffensive decisive ogni weekend, titolava «Putin ha munizioni ancora per una settimana» e costellava di bandierine Nato «la pianura sarmatica». È tutto un rimuovere le disgustose liste di proscrizione pubblicate per crocifiggere coloro che semplicemente osavano azzardare qualche distinguo.Spuntano improvvisamente lampi surreali da «noi l’avevamo detto che sarebbe andata a finire con Crimea e Donbass russi». Ma quando mai? La Repubblica usa il metodo Gentiloni e finge di scendere dal pero. «La svolta di Zelensky, impossibile liberare il Donbass». Poi argomenta: «È la prima vera mossa di un negoziato che potrebbe portare a una tregua in Ucraina». Certo, ma senza aggiungere che trattasi di implicita richiesta di fermare le ostilità per sfinimento, come il pugile che chiede clemenza gettando la spugna. Il Corriere della Sera riesce a scandire ciò che fino a ieri negava: l’impossibilità per Kiev di vincere. «Volodymyr Zelensky ora ammette ciò che la gran parte dei governi occidentali, a cominciare da quello guidato da Joe Biden, pensa da tempo: l’esercito ucraino non ha la forza di riconquistare il Donbass». Quindi l’intero Occidente avrebbe pompato 10 miliardi di dollari al mese sapendo di buttarli via.Quando il momento è topico meglio andare di fantasia. È la strategia di un guru come Giuliano Ferrara, che in un fantasmagorico editoriale sul Foglio passa dalla battaglia di Kursk a Gallipoli al cretino algoritmico in un susseguirsi di fuochi d’artificio da notte di ferragosto. Vede il Dnepr e pensa alle Ardenne, poi riscrive con Giulio Cesare il De Bello Gallico. Un meraviglioso esercizio di stile riassumibile in una frase: abbiamo perso e non ho niente da mettermi.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.