2024-03-12
Coi soldi «green» il clima non c’entra
L’ex capo dell’Enel, Francesco Starace, si lascia sfuggire la verità: «Non è per l’attenzione alla natura che si punta sulla transizione ecologica, ma per il ritorno economico».Per capire che cosa sia davvero la transizione green, potrebbe risultare utile ascoltare l’intervento di Francesco Starace, ex ad di Enel, durante un dibattito tenutosi lo scorso sabato a Fano. L’occasione era un evento di Circonomia, il Festival dell’economia circolare e della transizione ecologica, dal titolo «Il processo», a cui il manager ha partecipato nel ruolo di esponente della difesa, mentre dalla parte dell’accusa si trovavano due firme note ai lettori della Verità, Francesco Borgonovo e Alessandro Rico. «Il mondo si sta piano piano circondando di generazione di energia rinnovabile, ma non perché c’è un’attenzione al clima», ha dichiarato l’ex capo di Enel, «ma semplicemente perché è più conveniente, più facile, semplicemente perché è questo quello che in questo momento la tecnologia offre di meglio». Detto in altri termini, quello a cui stiamo assistendo è un cambio di paradigma tutto interno al sistema capitalistico, non il tentativo di salvare il pianeta dal cambiamento climatico causato dall’uomo. «La transizione ha una dimensione ecologica, ma non è quella la motivazione principale per cui avviene, ma per questioni puramente economiche legate all’evoluzione della tecnologia», ha ribadito poi nel prosieguo del suo discorso. Insomma, di mezzo ci sono gli interessi del capitale, non quelli della terra.«Ciò è stato generato da due fattori», ha dichiarato Starace: «Uno, il progresso nel digitale; due, il progresso nella scienza dei materiali. La combinazione di questi due aspetti ha fatto sì che queste fonti di generazione di energia diventassero competitive». Le due forze in questione, secondo il manager, starebbero «spostando verso l’energia elettrica i consumi finali dell’economia del mondo». «Questa transizione ha alcuni attributi, ha alcune qualità», ha continuato. «La prima qualità è che è inevitabile, avviene comunque», e ignorarla ci esporrà a una «perdita di competitività». Quello che sembra suggerire, qui, è che dobbiamo perdere competitività oggi per non perderne domani, come ha messo in risalto Alessandro Rico quando, replicando al discorso dell’ex numero uno di Enel, ha sottolineato la sua meraviglia di fronte a una tecnologia talmente apprezzata dai mercati che occorre mettere fuori legge tutte le altre. E, si potrebbe aggiungere, sussidiarla con migliaia di miliardi di euro pubblici per convincere i privati a investirci, oltre a mettere fuori mercato le nostre auto.Ignorare l’inevitabilità di questa transizione verso l’elettrico, e in particolare verso le rinnovabili, vorrebbe dire, secondo Starace, «correre il rischio del disordine». «Tutte le transizioni tecnologiche e quindi anche economiche nella storia dell’umanità hanno provocato diseguaglianze. Tutte, nessuna esclusa. Anche quella digitale. E anche questa potrebbe avere gli stessi risultati se viene ignorata, negata o se si cerca semplicemente di ostacolarla senza capirla». Se fino alla constatazione del carattere puramente capitalistico della transizione si poteva ravvisare un’ammissione da parte del manager, qui qualcosa non torna. La transizione è inevitabile in quanto figlia del progresso tecnologico ma, almeno in Europa, per essere implementata richiede piani simil-sovietici e una propaganda simil-religiosa, aspetto quest’ultimo messo in luce da Borgonovo nel suo intervento. Stando alla versione di Starace, dovrebbe trattarsi di un’operazione conveniente, che dovrebbe aumentare ricchezza e benessere, eppure si ammette che produrrà delle diseguaglianze, in maniera secondo lui proporzionale a quanto verrà ignorata, benché al momento parrebbe l’opposto.Se si trattasse di un cambio di paradigma favorevole alla maggioranza, non solo non richiederebbe tali imposizioni dall’alto ma sarebbe anche ben accetto. Tuttavia, che gli investimenti nelle rinnovabili non siano necessariamente così redditizi ce lo mostra la stessa attività di Starace come ad di Enel, laddove il debito dell’azienda è passato dai 38 miliardi netti del 2014 agli oltre 60 dell’ultimo bilancio. Come già riportato dalla Verità nelle scorse settimane, il manager è stato protagonista di una serie investimenti infruttuosi nel settore delle rinnovabili, tra cui uno particolarmente rilevante in Nord America, che ha comportato un investimento di circa 12 miliardi di euro in dieci anni, mentre le stime prevedono un Ebitda di soli 700 milioni. Inoltre, Enel è coinvolta in controversie con alcune comunità locali dei territori in cui ha investito su progetti legati all’eolico.Per qualcuno il green sarà senz’altro conveniente, ma che la transizione lo sia per tutti, con queste modalità, al momento non salta all’occhio.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)