
La risposta agli scandali di queste ore è molto semplice, anche se è una risposta scomoda. Tornare a finanziare con soldi pubblici la politica, e farlo al più presto. Prima di subire altre catastrofi.
In passato - infatti - abbiamo messo fine in modo demenziale e precipitoso al finanziamento pubblico, lasciando la politica in balìa dei contributi privati. Il risultato è sotto gli occhi di tutti ed è stato uno solo: corruzione, più o meno esplicita. Corruzione materiale, e - addirittura - corruzione legalizzata: come nel caso delle regalìe trasformate in contributi regolarmente registrati come quelli che il buon Luca Parnasi, costruttore figlio di papà (e semifallito), ma pieno di liquidità e di aspettative affaristiche, distribuiva generosamente a destra e a manca come il Paperone di Walt Disney, ai politici miserabili e in bolletta: 200.000 euro alla fondazione vicina alla Lega, 200.000 alla fondazione vicina al tesoriere del Pd, 50.000 al candidato democratico Beppe Sala, 30.000 a due avvocati grillini in lista per le politiche (e poi - ironia della sorte o giustizia divina - entrambi trombati).
puntare su tutti
E poi 150.000 euro, più lavoretti, al superavvocato socialista amico del nipote di Beppe Grillo, e poi la falsa fatturina al capogruppo azzurrino, la promessa di assunzione al capogruppo pentastellato, o il posticino per il figlio del politicone regionale di lungo corso del Pd, il lavoretto al ragazzo della figlia del grand commis istituzionale (4.500 euro, mica cotiche), o l'appalto del progetto di ristrutturazione del litorale al consigliere grillino desideroso di fare bella figura con i cittadini nel suo collegio. Pagare tutti, aiutare tutti, oliare il sistema, pagare come per scommettere, su tutti i cavalli, alle corse, per essere sicuri di vincere in ogni caso. Pagare i pezzenti e i boiardi, i signori e gli stracciaculi, e quando non li paghi gli dai qualcos'altro, magari la sede del comitato (come all'onorevole dem Patrizia Prestipino) o gli sottoscrivi due lire per pagarsi la manifestazione pubblica. Il fatto che alcuni di questi comportamenti saranno giudicati corruttivi e altri no, alla fine dei processi, a me in questa sede importa poco o nulla. Conta il senso delle cose, l'effetto dei processi che si sono messi in moto.
fermare i privati
Abbiamo tagliato i soldi alla politica, trasformando i politici in accattoni. Abbiamo pensato che renderli miserabili e questuanti fosse persino una giusta punizione (non io, ma chi ha votato queste norme scellerate sì), una umiliazione necessaria, giusta e utile. Il risultato è che la politica a queste condizioni la possono fare solo i ricchi megalomani, i truffatori conclamati o i sottopanza senza arte né parte. E la fanno raccattando denari dove possono, come possono. Uno schifo.
Adesso bisogna - al più presto - restituire alla politica un finanziamento pubblico, e limitare, vincolare, imbrigliare se non addirittura sospendere del tutto quello privato.
La domanda di ieri - nata sulla pressione delle campagne populiste grilline, e poi quelle opportunistiche renziane - era: perché mai i cittadini dovrebbero consentire che lo Stato finanzi i partiti? La domanda di oggi, alla luce delle inchieste di questi giorni è esattamente opposta: perché bisogna consentire a chi vuole fare affari in modo oscuro di poter dire: «Io pago tutti?». Un tempo ci si chiedeva: ma allora state dicendo che dobbiamo pagare i politici perché non si facciano corrompere?
La domanda è mal posta. Siccome il ruolo della politica è previsto dalla Costituzione, come potrebbero i partiti fare senza soldi le cose che per dovere Costituzionale devono fare? Come possono organizzare il loro consenso, svolgere le loro manifestazioni, raccogliere firme per i loro referendum, consultare la loro base, formare i loro quadri?
nemesi beffarda
Davvero non abbiamo imparato che un politico incompetente è un danno per la collettività? Davvero non abbiamo ancora capito che le scuole di partito - da Frattocchie alla Camilluccia - regalavano capacità amministrative al Paese? Messo nelle condizioni di essere un pezzente il politico, anche il presunto politico anticasta si riduce a una sola professione: il questuante. Ed è davvero curiosa - in questo senso - la nemesi beffarda e grottesca dei pentastellati. Beppe Grillo fu cacciato dalla Rai (e fondò il Movimento 5 stelle) per la celebre battuta sui socialisti «ladri» («Se Craxi e i suoi vanno in Cina con un miliardo di socialisti a chi rubano?»). Ma dopo un quarto di secolo i grillini a Roma, devono consegnarsi ai loro nemici ispiratori, mettersi nelle mani di Luca Lanzalone, l'ex giovane socialista con il gessato da trucidone e il sorriso da affarista, il millantatore paraculo che aveva iniziato la sua carriera negli anni Novanta come portaborse del politico socialista destinato a guidare l'autorità portuale. Gratta il grillino e ci trovi il l'ex «cicchittiano» che entra nelle giunte pentastellate di Livorno e di Roma, come un lupo nel recinto delle pecore.
pagare in beni e servizi
Per carità di Dio non rompeteci più le scatole. Dateglieli sotto forma di beni e di servizi (che non si possono rubare), ma date loro i soldi per impedire che i progetti di pubblica utilità (oggi lo stadio, domani l'ospedale) diventino il festival della mangiatoia per la politica dei morti di fame.






