2024-06-05
Nole scende dal trono: il tennis è di Sinner
Djokovic si ritira dal Roland Garros e proietta Jannik al vertice del ranking globale: è la prima volta che un italiano arriva fin lassù. L’altoatesino ha le carte in regola per restarci a lungo. Intanto, batte Dimitrov in tre set e si qualifica alle semifinali parigine. «L’aria di montagna mi ha sempre esaltato, mi sento a casa». Ma questa è la più rarefatta del pianeta, è il tetto del mondo, è lo spiazzo metafisico dove sta seduto il numero uno a guardare gli altri sudare. Jannik Sinner osserva il tennis dall’alto, oggi è il più forte di tutti. A neanche 23 anni. Lo dice il ranking, ha superato Novak Djokovic e si è piazzato sul trono che è stato anche di Roger Federer, di Rafael Nadal; che fu di Rod Laver, di Bjorn Borg, di John McEnroe, di Pete Sampras. Pronunciando i nomi aumenta il brivido. Perché nessun italiano nella storia dei «gesti bianchi» è mai stato numero uno del mondo. Né durante l’era delle racchette di legno e della Squadra, né tantomeno nella lunga traversata del deserto che ci ha portato fin qui. Al massimo il moschettiere più dotato, Adriano Panatta, si issò fino al numero 4 nell’anno di grazia 1976, quello del trionfo al Roland Garros.Ecco l’aggancio con il presente, quello che agevola ogni narrazione. Sui campi intitolati all’aviatore che, una volta a terra, si rilassava con la racchetta, Sinner scivola leggero con le gambe da airone nel suo perfetto gioco a tergicristallo, sviluppato tutto in orizzontale. E fa partire sventole democratiche a 112 all’ora all’indirizzo di chiunque, pur sulla terra rossa a lui meno congeniale del cemento e del sintetico. La leadership gli è cascata in mano come un frutto maturo all’annuncio del ritiro dal torneo transalpino di Djoker, che lunedì era riuscito a battere Cerundolo pur giocando su una gamba sola ma ieri pomeriggio ha dovuto rassegnarsi alla gravità dell’infortunio al ginocchio. Di fatto l’italiano era già primo nel ranking live, ora lo è anche in quello ufficiale. Mentre la notizia del forfait del serbo faceva il giro del pianeta, Jannik era sul centrale a vincere il suo quarto di finale: liquidato il pur sontuoso Dimitrov in tre set, Sinner punta dritto al bersaglio grosso. Fox (la volpe è il logo del suo marchio) è tornato una locomotiva, il fastidio all’anca sembra superato. Lo stop impostogli da coach Darren Cahill un mese fa a Madrid, che lo aveva costretto a saltare Roma e aveva sollevato qualche mugugno fuori luogo da parte dei fisioterapisti da tastiera, è stato provvidenziale. Decisione saggia per non aggravare, anzi guarire e tornare a esibire il killer instinct nel magico Slam parigino. È il destino del tennis bionico, nel quale sollecitazioni fisiche, torsioni e stop improvvisi causano il triplo degli incidenti rispetto a tre, quattro anni fa. Come insegna Carlos Alcaraz, si possono perdere più posizioni stando fermi che giocando.Meglio per Sinner, ormai fenomeno planetario, partito da San Candido per portare il Made in Italy (con inflessioni bolzanine) nel mondo. Noi comuni mortali ci svegliamo con lui ascoltando la radio e passiamo la sera con lui guardando la tv; la pubblicità lo ha accalappiato e lo spreme. Ci preoccupiamo un po’ quando lo vediamo correre in auto, bere caffè, assaggiare formaggi, connettersi con la velocità di un passante di rovescio. Ma la fiction paga pegno, ed essere il numero uno fa alzare le percentuali. Senza i montepremi, il commercialista globale insegna che a fine stagione Jannik il Rosso potrebbe aver incamerato 70-80 milioni. Il suo è il sorriso trattenuto dell’estate italiana, in quel ruolo di icona collettiva sostituisce Valentino Rossi al tramonto. Arrivano i mesi decisivi, arriva l’estate di Wimbledon. E allora sapremo se il re di primavera potrà essere un monarca duraturo, di quelli che caratterizzano un’epoca. Sembra impossibile, ma il giorno in cui il nonno lo portò a giocare a tennis invece che sui campi da sci rimane benedetto dal destino. Sinner forever? Secondo Massimo Sartori, il tecnico che lo scoprì e fu il suo primo allenatore, nessun dubbio. «Lui vive per essere il numero uno. Per arrivare a toccare quel traguardo e poi per rimanere lassù. È anche il momento propizio perché non sembrano esserci avversari in grado di contrastarlo. Se prima c’erano cinque, sei giocatori come Djokovic, Federer, Nadal, Murray, Del Potro, Wawrinka, Ferrer che potevano contrastarsi fra loro, in questo momento Jannik mostra una superiorità netta su tutti».Dello stesso parere è Paolo Bertolucci, oggi commentatore tv, uno dei primi campioni a credere nell’eccezionalità del ragazzo che spaccava legna fuori dalla baita di papà. Quando apparve nel circuito, lui disse: «Questa volta la cicogna ha attraversato le Alpi, non si è fermata prima». Ribadisce il concetto, corroborato dal primato mondiale. «Cominciano a scarseggiare le parole per definirlo. Ci sta abituando male, troppo male, ci sta viziando di brutto. Non vorrei che poi quando perderà - perché prima o poi perderà una partita con un giocatore magari inferiore - in Italia ci siano dei suicidi». Pasta Kid ha capito tutto. Scherza perché lo vede immenso. «È grandissimo, enorme. Ogni volta che lo vedi giocare ti rendi conto della solidità che possiede, della lucidità con cui affronta gli avversari, della bravura con cui spunta le loro armi migliori. Tutte queste cose insieme fanno del nostro giocatore un fenomeno, considerata anche l’età. Quando lo vedi battere gente come Daniil Medvedev o Grigor Dimitrov, cioè tutta la top ten, ti rendi conto che ha una cilindrata insostenibile per gli altri». Ora da numero uno può perfino guadagnare in consapevolezza. Chi lo affronta sa che dovrà scalare una montagna contro il Taddeo Pogacar del tennis, roba da mal di testa già dal palleggio sciogli muscoli. Ora da numero uno può essere l’esempio vincente per millennials e generazione Z, i giovani italiani alla ricerca di un totem che dimostri loro come - attraverso il lavoro, la serietà, la fatica e lasciando perdere le moine da influencer - si possa arrivare in vetta nella vita. Negli ultimi mesi qualcosa è cambiato nel numero uno del mondo, e non è solo la profondità della seconda di servizio. Ora the Red Star non viaggia più da solo, ha anche la fidanzata. È Anna Kalinskaya, una collega russa di 25 anni, ex di quel matto di Nick Kyrgios. Chi teme l’arrivo di un down fisiologico, come accadde a Matteo Berrettini dopo la storia con Melissa Satta, può stare tranquillo perché Sinner ha una dote decisiva per un italiano che vuole essere vincente: è molto tedesco.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)