2023-10-26
La sinistra va in tilt. Adesso denuncia il maxi complotto dei complottisti
Il giornalista di Repubblica, Stefano Cappellini, autore del reportage «Viaggio nel cospirazionismo in Italia» (Imagoeconomica)
Secondo «Repubblica» un pugno di no vax e fascisti starebbe cospirando contro la democrazia. Così si patologizza il dissenso.Il vero, smisurato dilemma è il seguente: ma sono più ossessionati dal complotto i complottisti oppure gli anti complottisti? Stando alla frequenza con cui i giornali progressisti si occupano della questione, viene da pensare che siano proprio loro a essere morbosamente sedotti dalle oscure trame. Lo sono a tal punto da immaginare una sorta di «complotto dei complottisti», un complottone all’ennesima potenza: migliaia di persone (i complottisti, appunto) sarebbero manovrate da perfidi manipolatori a colpi di fake news, allo scopo di minare la già fragile democrazia italiana. In pratica, se credi nei complotti sei contemporaneamente vittima e artefice di un altro complotto, decisamente più pericoloso e più segreto del primo.Anzi, a ben vedere i complotti sono molteplici, almeno uno per ogni stagione. Prima c’erano coloro che spargevano disinformazione per combattere il vaccino, poi sono arrivati i feroci «negazionisti» del riscaldamento globale, quindi è stato il turno degli orrendi putiniani. Ora, infine, ecco affacciarsi all’orizzonte una nuova razza di reprobi: i cospirazionisti pro Hamas.A tracciarne l’identikit è Stefano Cappellini, una delle più smaglianti firme di Repubblica, a cui i superiori hanno affidato l’incarico di realizzare un reportage a puntate intitolato «Viaggio nel cospirazionismo in Italia», evidentemente basato sulla convinzione che qui da noi spopolino dietrologi e stramboidi di varia risma. Come si riconoscono costoro? Ah, a stanarli ci vuole un attimo: essi sono in sostanza dei «giustificazionisti», cioè punterebbero a levare responsabilità dalle spalle di Hamas per gli attentati del 7 ottobre. Anzi, a parere di alcuni gli attacchi sarebbero un falso, una operazione condotta sotto falsa bandiera (false flag).Ma attenti che non è finita. Sapete chi ci sarebbe dietro quest’ultima, terribile, macchinazione? La risposta - di nuovo - è fin troppo semplice, perché in fondo si tratta sempre dello stesso orrendo circoletto di invasati: i complottardi del complotto complottista sarebbero i soliti noti, ovvero no vax e fascisti. Incredibile, vero? Hanno fatto il filotto, questi esaltati: prima erano contro la scienza, poi sono diventati putiniani e infine si sono convertiti alla causa dell’islamismo internazionale. E quando Cappellini dice che si tratta delle stesse persone, intende letteralmente le stesse.Qualche nome? Beh, manco a dirlo c’è Claudio Messora, il fondatore dell’emittente televisiva indipendente Byoblu (un canale, per inciso, con cui collabora anche il sottoscritto: sicuramente sono complottista a mia insaputa). E di sicuro non poteva mancare il povero Manlio Dinucci, 85 anni, già accusato un annetto fa di essere una spietata spia dei russi. Andando avanti di questo passo gli attribuiranno anche l’omicidio di Jfk.L’illustre firma di Repubblica appare davvero preoccupata. Secondo Cappellini, «sempre più cittadini hanno cominciato a credere all’esistenza dei complotti più assurdi e inverosimili». Ed ecco il dramma vero: «In Italia, molto più che all’estero, a cadere nel buco nero del cospirazionismo sono spesso anche persone che si ritengono progressiste». Capito? Persino alcuni degli appartenenti al circoletto dei moralmente superiori cadono nella trappola ordita dalla scalcagnata truppa complottarda, che mette insieme ex comunisti, trumpiani e soprattutto estremisti di destra.In tutto questo bel quadretto sfugge un piccolo particolare: non si capisce esattamente quale sarebbe il problema. Mettiamo pure che in Italia ci siano persone convinte che gli americani non siano mai sbarcati sulla Luna e che una élite di rettili domini il globo. E dunque? Anche ammesso che esista un bel gruppetto di picchiatelli, non risulta che sia un reato coltivare opinioni strampalate.Ma il punto sta proprio qui. A che cosa serve i sventolare lo spauracchio complottista e presentarlo come l’ennesima variante sul tema fascista? Per prima cosa, è utile a patologizzare l’avversario. Si punta il riflettore sulle tesi più estreme e più difficilmente digeribili per suggerire che chiunque contesti la «versione ufficiale dei fatti» presentata dalla grandissima parte dei media (sul vaccino, la guerra in Ucraina e in Palestina o la rivoluzione verde) sia in realtà un pazzoide, un disturbato, un mentecatto. E, in ultima analisi, un fascista.Patologizzare il dissenso, poi, permette ai padroni del pensiero di compiere una straordinaria operazione di auto assoluzione. Se aumenta la diffidenza nei confronti del racconto istituzionale dipende dal fatto che quel racconto è per lo più artefatto, falsato, mistificatorio. Non c’è bisogno di scomodare le teorie del complotto per rendersene conto: da parecchi anni a questa parte viene fornita al popolo bue una lezioncina da mandare a memoria che fa acqua da tutte le parti, e rientra nella categoria della propaganda, non certo dell’informazione. La gran parte dei media ha abdicato alla ricerca della verità, e preferisce adagiarsi sul cuscino della pigrizia mentale, l’inchiesta è stata sostituita dall’intrattenimento.In poche parole, se una bella fetta di popolazione non crede più a ciò che le istituzioni raccontano è per colpa delle istituzioni e di quelli che una volta si chiamavano «corpi intermedi». Ma di sicuro è più facile dare la colpa all’influenza nefasta dei complottisti (veri e soprattutto presunti) che riflettere sul tradimento dei chierici e dei leader.Certo, sicuramente in questo strano mondo esistono anche gli svalvolati e i mattoidi, come no. Ma esistono pure i prezzolati, i mistificatori di professione e i persuasori occulti (e un tempo li denunciava alla grandissima anche la sinistra, che ora invece li riverisce). Ciò significa, come dice qualcuno, che spesso un complottista è soltanto uno che ha avuto ragione prima degli altri.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.