2021-05-08
Sinistra schiava dei dettami di Fedez. Ma la mordacchia rischia di slittare
Beatrice Lorenzin (Getty images)
Pd e 5s per un mese hanno chiesto di unire il ddl Zan ad altri testi per blindarlo. Salvo pretenderne l’autonomia dopo il peana del rapper. Tra emendamenti e riforma del processo civile, però, la legge avrà lo stesso uno stop«Prima la volevano al burro, poi al sugo. Sono in ginocchio da Fedez», sussurra un senatore di Forza Italia. In commissione Giustizia, dove si dipana la matassa del ddl di Alessandro Zan, il Pd fa la figura del 13º tatuaggio del rapper con la Lamborghini, quello sotto l’ascella. Lo dimostra un passaggio-chiave definito imbarazzante anche dagli alleati di centrosinistra. Per un mese l’intera maggioranza gender aveva chiesto a gran voce alla presidenza del Senato l’accorpamento delle quattro proposte (tre piddine e una grillina) invocando l’articolo 51 del regolamento, che prevede proprio questo in caso di identità tematica. Una strategia per blindare lo Zan, come una portaerei al centro della flotta.Quando Maria Elisabetta Casellati ha accettato l’adeguamento e ha rimandato le bozze unite, gli stessi Monica Cirinnà, Franco Mirabelli e la pattuglia di corifei pentastellati hanno strepitato: «Vogliamo scollegarli, il ddl Zan deve proseguire in piena autonomia». Questo il senso della votazione di giovedì scorso, che ha visto un 12 a 9 a favore dell’emendamento Fedez, il decadimento delle altre proposte della sinistra e la prosecuzione della portaerei in solitudine verso l’aula. Ormai non più una legge perfettibile ma una bandiera di principio da far passare così com’è, per la felicità di intellettuali, attori e saltimbanchi. Molto critico il senatore leghista Simone Pillon: «C’è stata una forzatura regolamentare inaccettabile, hanno voluto togliere di mezzo i loro stessi disegni di legge. Non capisco come queste parti politiche continuino a prendere ordini da Fedez».Sui media mainstream si esulta ma la battaglia navale è appena cominciata. Quell’articolo uno e quell’articolo quattro - definiti «liberticidi» non solo dal centrodestra ma anche da associazioni militanti come Arcilesbica e la galassia femminista -, proseguono con sovietica determinazione verso nuove strettoie. Giovedì prossimo il presidente di commissione Andrea Ostellari (Lega) stilerà la lista di persone ed enti che chiedono la parola per discutere nel merito la legge; si prevede un ingorgo di interventi perché l’unanimismo sbandierato è solo nei sogni dem e numerose forze di sinistra vogliono dire la loro su un decreto divisivo. I tempi si allungheranno naturalmente. Per fare un esempio: sul ddl Pillon (su divorzio e affido condiviso) furono audite 120 persone.Una volta concluso l’iter, si aprirà la discussione generale in commissione con la presentazione degli emendamenti. Sarà ancora il presidente a dover regolamentare il flusso e il voto degli articoli. Al termine delle operazioni la legge passerà al vaglio dell’aula. Nel centrosinistra vige il diktat di erigere barricate nel caso di modifiche, perché se al Senato dovesse passare uno Zan differente anche solo per un avverbio o un punto e virgola, l’intero pacchetto tornerebbe alla Camera. Con il rischio che la nuova maggioranza (le armonie governative sono differenti da quelle del novembre 2020) lo bocci. I pasdaran del gender fluid puntano a chiudere la partita entro giugno, come se fosse l’unica da giocare, ma le priorità italiane vanno un po’ oltre i loro desiderata. Fra qualche settimana, proprio alla commissione Giustizia, approderà un moloch esplosivo come la riforma del processo civile che Mario Draghi intende calendarizzare al più presto per dare un segnale concreto all’Europa in vista dell’erogazione della prima tranche del Recovery fund. Sarà interessante verificare se Enrico Letta, Paolo Gentiloni, David Sassoli e i loro colonnelli metteranno gli interessi di Fedez e del Gay Pride davanti a quelli del Paese. Accanto al ddl Zan marciano anche le due proposte del centrodestra contro l’omofobia (Licia Ronzulli e lo stesso Ostellari) alternative a quella più famosa. Arriveranno in commissione nelle prossime settimane dove verranno incardinate per il dibattito. La prima vuole modificare l’articolo 61 del codice penale sulle circostanze aggravanti di un reato e intende introdurre gli atti «discriminatori e violenti per motivi fondati sul sesso, sull’identità di genere, sulla disabilità». La seconda proposta punta ad «aumentare le pene per tutti i reati commessi a danno delle persone più deboli». La sinistra piddina e grillina è contraria a questo sviluppo legislativo perché ha interesse non solo a punire le discriminazioni, ma a incrementare (e a sovvenzionare con milioni di denari pubblici) l’orientamento gender nelle scuole e nella società. Una vera e propria colonizzazione arcobaleno a danno delle famiglie naturali. Per inciso, se fosse in vigore la legge Zan staremmo già rischiando la querela.All’estero, dove provvedimenti come questo sono attivi, si verificano estremizzazioni surreali. In Nuova Zelanda un sollevatore di pesi scadente diventato donna gareggerà alle Olimpiadi nelle competizioni femminili ed è prevedibile che, dotato di muscolatura maschile, vincerà medaglie fasulle fra le polemiche. Ma c’è di peggio. In Canada un ragazzino è stato avviato alla transizione sessuale a scuola senza che la famiglia ne sapesse nulla.