2023-06-01
Ma la destra si è tenuta i mandarini di sinistra
Roberto Cingolani (Imagoeconomica)
Altro che occupazione: Cingolani è l’ad di Leonardo, Riotta collabora con Crosetto mentre Ruffini è ancora alle Entrate e Valentini fa il portavoce. Al Demanio è rimasta pure la cognata di Gentiloni.L’ex presidente del Consiglio Romano Prodi si lamenta del fatto che il governo Meloni starebbe puntando «a prendersi tutto», denunciando un fantomatico rischio «autoritarismo» nel Paese, in particolare sulle nomine pubbliche, dopo il recente cambio di passo in Rai. È probabile che il Professore si sia dimenticato di come negli ultimi mesi non sia cambiato poi molto a livello di gestione della Pubblica amministrazione, non solo nelle aziende pubbliche o nel deep State, cioè le nomine dei dirigenti di governo (i cosiddetti mandarini), ma anche in superficie, con l’assegnazione di diversi incarichi a esponenti del centrosinistra nei ministeri di questo governo di centrodestra o nella stessa tv pubblica finita nel mirino. Del resto, basti pensare che l’area del Pd ha ancora in mano almeno nove direzioni a Saxa Rubra (da Mario Orfeo al Tg3 fino a Silvia Calandrelli a Rai Cultura, da Paolo Del Brocco a Rai Cinema fino a Elena Capparelli a Raiplay e contenuti digitali) contro i cinque incarichi appena ottenuti da Fratelli d’Italia. A febbraio, per esempio, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha lanciato il Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa, dove compare Gianni Riotta, ex direttore del Tg1, giornalista buono per tutte le stagioni, ma che di sicuro non è mai stato gentile nei confronti di Lega e Fdi. Per di più Crosetto si avvale da gennaio anche della consulenza del giornalista Ettore Maria Colombo, esperto di Pd e autore di una biografia sull’ex segretario Pier Luigi Bersani. L’autoritarismo meloniano deve essersi fermato alle porte dei ministeri. Perché restando in tema, negli ultimi giorni si è arricchito lo staff della comunicazione del ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi. È stato infatti nominato consulente per le strategie dell’informazione Antonello Valentini, a lungo in Federcalcio prima come capo ufficio stampa e poi come direttore generale. Per capire la linea di Valentini basta andare sulla sua pagina Facebook e guardarsi un po’ di post, dove ammette di aver sempre votato per il centrosinistra e di non avere certo simpatie per l’attuale compagine governativa. Ma gli incarichi per il centrosinistra non si fermano qui. Roberto Cingolani, ex ministro per la Transizione ecologica del governo Draghi, è diventato ad di Leonardo. Per premiare il lavoro svolto e garantire la necessaria continuità in Poste è stato confermato Matteo Del Fante, alla guida della società dal 2017, cioè da quando c’era Paolo Gentiloni come premier. Così come in Eni è stato riconfermato Claudio Descalzi. In Poste siede anche Wanda Ternau come consigliere di amministrazione, già in Ferrovie dello Stato ai tempi di Matteo Renzi. Nell’ufficio che si occupa di industria aerospaziale comanda Elena Grifoni, nominata dall’ex ministro Vittorio Colao. Prodi deve essersi distratto anche sulle recenti nomine nelle agenzie fiscali. All’Agenzia delle entrate, infatti, è rimasto Ernesto Maria Ruffini, che vanta un curriculum a stretto contatto con i governi di centrosinistra. Nel 2015 fu voluto dal governo Renzi a capo di Equitalia e poi è passato alle Entrate nel 2017, con il governo Gentiloni. Anche all’Agenzia del demanio l’autoritarismo sembra essersi fermato. Qui infatti è rimasta Alessandra dal Verme, cognata di Gentiloni, autrice (come raccontato dalla Verità) di una recente infornata di nomine che hanno visto anche una consulenza per Antonella Manzione, ex capo dei vigili urbani di Firenze ai tempi di Renzi, o l’assunzione dell’avvocato Kostandin Peci, collega di Giulio Napolitano, figlio del presidente emerito della Repubblica, Giorgio. D’altra parte, il Prodi che si lamenta della deriva autoritaria del governo, è sempre quello che non si è accorto della nomina di ben 82 dirigenti a Palazzo Chigi alla fine del governo Draghi. A gennaio non si è visto lo spoils system del nuovo esecutivo. Basta guardare i dipartimenti della presidenza del Consiglio dei ministri, ruoli apicali, strutture che non hanno solo la funzione «di coordinare l’indirizzo politico generale», ma anche quello di fornire «il supporto tecnico gestionale». Su 25, 23 sono occupate da storici dirigenti di centrosinistra. Il responsabile golden power è Bernardo Argiolas, già collaboratore del professor Sabino Cassese e Bernardo Giorgio Mattarella. O Luigi Fiorentino, che è capo del dipartimento per l’informazione e l’editoria, già capo di gabinetto, ai tempi del governo di Mario Monti. Insomma, non è chiaro dove Prodi veda questo rischio autoritario dal momento che il centrosinistra, nonostante i fallimenti elettorali, conta ancora molto in Italia.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson