2022-10-16
Se Silvio molla, già pronti i «responsabili»
Silvio Berlusconi (Imagoeconomica)
Qualora Berlusconi non accettasse le scelte di Giorgia Meloni, esponenti di Forza Italia si sgancerebbero dal partito confluendo in un gruppetto centrista. Un’operazione a cui starebbe lavorando l’udc Lorenzo Cesa. Ma il piano B darebbe vita a un esecutivo fragile.Rapporti tesissimi all’interno del centrodestra, e Giorgia Meloni sguinzaglia il fido capogruppo uscente alla Camera, Francesco Lollobrigida, per tentare di mettere insieme un gruppetto di «responsabili» pronto a mollare Forza Italia, se Silvio Berlusconi non accetterà di piegarsi ai diktat della quasi premier, e a sostenere la maggioranza uscita dalle urne. Lollobrigida starebbe lavorando a questa operazione insieme con Lorenzo Cesa, leader dell’Udc: il progetto sarebbe quello di costituire un gruppetto centrista nel quale dovrebbero confluire, sia alla Camera che al Senato, gli esponenti di Forza Italia che, nel nome del sacro interesse della nazione e della responsabilità, sarebbero pronti a sganciarsi da Silvio, Licia Ronzulli e compagnia bella (o brutta, a seconda dei punti di vista). Una ipotesi che, se l’Italia fosse un paese normale, sembrerebbe fantascienza, e invece no: c’è chi giura che davvero la Meloni sarebbe pronta a dare vita al suo primo governo attraverso una triste operazione di palazzo di quelle che, quando le hanno realizzate a sinistra, hanno provocato sdegno e unanime riprovazione dalle parti di Fratelli d’Italia.Quanto accaduto con l’elezione di Ignazio La Russa alla presidenza del Senato, quando i voti mancanti di Forza Italia sono stati ampiamente, preventivamente e segretamente sostituiti da consensi arrivati dalle minoranze, non si potrà certo ripetere al momento del voto di fiducia: trattasi infatti, in questo caso, di voto palese. «Votando La Russa», dice alla Verità un senatore di opposizione, «abbiamo aiutato la Meloni a non farsi schiavizzare da Silvietto. È stata una operazione coordinata da tutte le opposizioni, ma non riproponibile sul governo. Non ce ne sarà neanche bisogno: sono sicuro che troveranno un accordo». E se non lo trovano? «Sicuramente», sorride il nostro interlocutore, «non si tornerà alle elezioni».Il problema della Meloni si chiama coalizione: senza i voti di Forza Italia non c’è maggioranza, né alla Camera né al Senato. Il che vuol dire che, a parte il caso Ronzulli, la quasi premier dovrebbe concedere al partito di Berlusconi una rappresentanza ministeriale di peso pari a quella ottenuta dalla Lega, che ha portato a casa anche la presidenza della Camera. «Per uscire da questo stallo», confida alla Verità un autorevole parlamentare di centrodestra, «Meloni e Berlusconi devono entrambi cedere qualcosa. Lui deve sgomberare il campo dal caso Ronzulli, lei deve riconoscere a Forza Italia pari dignità con la Lega. Salvini fino ad ora ha incassato la presidenza della Camera, e avrà il Mef, le Infrastrutture, gli Interni, l’Agricoltura, gli Affari regionali, la Famiglia; non puoi pensare di accontentare Berlusconi, che ha avuto gli stessi voti di Salvini, con gli Esteri a Tajani e qualche ministero di contorno».Ragionamento che non fa una piega, dal punto di vista politico, ma il problema è che la politica sembra lasciare spazio, in queste ore, a rancori personali. Un altro falso problema è quello delle consultazioni al Quirinale: «Se Forza Italia andrà da sola», è il ritornello che risuona ovunque, «per la Meloni potrebbe essere l’addio all’incarico!». Nulla di più sbagliato: se Berlusconi e la leader di Fdi non chiuderanno l’accordo sul governo, infatti, il vero rischio per la quasi premier è che Berlusconi, con ancora maggiore soddisfazione alla presenza della Meloni, dica chiaro e tondo al presidente della Repubblica Sergio Mattarella di affidarsi alle determinazioni del capo dello Stato, senza indicare come primo ministro la leader di Fratelli d’Italia. Berlusconi è un imprevedibile istrione, che ha bisogno di sentirsi al centro della scena: tutti ricorderete lo show di 5 anni fa, quando, insieme alla Meloni e a Salvini, salì al Quirinale dopo le elezioni. Mentre Salvini, all’epoca leader del primo partito del centrodestra, parlava ai giornalisti, Berlusconi al suo fianco monopolizzava la scena gesticolando, mimando il testo del discorso del leader della Lega, ridendo, rivolgendosi ai giornalisti e sostanzialmente mettendo in ridicolo l’alleato.In sostanza, il piano B di Giorgia Meloni si chiama Berlusconi: per insediarsi a Palazzo Chigi, la leader di Fdi non può fare a meno dell’alleato, a meno che non abbia intenzione davvero di mettersi nelle mani di Cesa e di una pattuglia di fuorusciti da Forza Italia, dando vita a un esecutivo fragilissimo. Poi c’è il piano C, ovvero l’allargamento della maggioranza ai centristi di Matteo Renzi e Carlo Calenda: per la Meloni sarebbe l’inizio della fine. «Se siamo già a questo punto dopo due giorni», commenta amareggiata una fonte autorevole di Fi, «vuol dire che la situazione è tragica. Vogliono fare un gruppetto di responsabili reclutando qualche nostro senatore? Facciano pure: il governo Meloni-Cesa sarebbe uno spettacolo. A proposito: ora la Meloni si sta scegliendo anche il capogruppo di Forza Italia alla Camera. Ha detto che vuole Barelli, quindi ora - per quanto ci riguarda - vanno bene tutti tranne Barelli».
Charlie Kirk (Getty Images)