2020-05-10
Silvia liberata. Giuseppi si fa bello prima di avvertire il padre
Slvia Romano con Giuseppe Conte (talian Prime Ministry / Handout/Anadolu Agency via Getty Images)
Operazione dei servizi: la ragazza prigioniera di un gruppo estremista in Africa da un anno e mezzo tornerà oggi in Italia. Il premier esulta, il papà della giovane punge: «Se lo dice lui sarà vero, ma non siamo informati».Atterrata all'aeroporto militare di Ciampino, Silvia Romano, è stata accolta dalla famiglia, da Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. E' apparsa in salute e come anticipato dalla Verità con un velo tradizionale del Corno d'Africa, segno delle indiscrezioni sulla sua conversione all'Islam. Il presidente Giuseppe Conte lo ha annunciato su Twitter alle 17 e 17 del 9 maggio 2020: «Silvia Romano è stata liberata! Ringrazio le donne e gli uomini dei servizi di intelligence esterna. Silvia, ti aspettiamo in Italia!». Fantastico. Peccato che il padre non lo sapesse ancora. Pare infatti certo che il premier abbia reso pubblica la notizia sui suoi profili social prima di comunicarla a papà Romano, se è vero quanto riportato dall'agenzia Ansa alle 18 e 04 di ieri sulle prime reazioni di babbo Enzo: «Lasciatemi respirare, devo reggere l'urto. Finché non sento la voce di mia figlia per me non è vero al 100 per cento. Devo ancora realizzare, lasciatemi ricevere ufficialmente da uno dei miei referenti». Che evidentemente non lo avevano ancora fatto. A confermare questa ricostruzione quanto detto dallo stesso genitore al sito di Open: «Io ancora non ho parlato con Silvia e non ho avuto nessuna comunicazione ufficiale dalla Farnesina, non li ho ancora sentiti. Ma se lo dice Conte, deduco sia così». Dunque da una parte il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e i suoi uomini sonnecchiavano, dall'altra Conte e il suo portavoce Rocco Casalino non riuscivano a trattenersi e sparavano la notizia su Internet. A Enzo Romano non restava che attendere la telefonata dei giornalisti. La ventiquattrenne cooperante milanese era stata sequestrata in Kenya il 20 novembre 2018. L'ultima prova che fosse in vita era arrivata alla nostra intelligence il 17 gennaio scorso. Ieri la ragazza è stata tratta in salvo a 30 chilometri da Mogadiscio, in Somalia, grazie a un'operazione iniziata la notte scorsa e a cui preso parte i servizi segreti italiani, turchi e quelli somali. Un lavoro di squadra di quelli che si mettono in atto in situazioni come queste. In prima linea c'erano alcune decine di 007 della sezione operazioni speciali dell'Aise (l'Agenzia informazioni e sicurezza esterna), il nostro controspionaggio, che si sono mossi nel fango per arrivare al sospirato obiettivo. Infatti la liberazione è stata resa particolarmente complicata dalle condizioni climatiche che hanno dovuto affrontare i nostri agenti, visto che la zona in cui si trovava in questo periodo è flagellata dalle alluvioni. La giovane, non appena è arrivata nel compound della forza militare internazionale della capitale somala, ha pronunciato queste prime parole: «Sto bene e non vedo l'ora di tornare in Italia. Sono stata forte e ho resistito». Ha parlato al telefono prima con la madre (con cui risiede a Milano) e poi anche con il premier Conte che, come detto, aveva dato la notizia via Twitter. Ma la conversazione con il presidente del Consiglio è stata interrotta da alcuni colpi di mortaio diretti sulla base militare in cui si trovava la ragazza. Successivamente la Romano è stata trasferita nell'ambasciata italiana in attesa di partire per l'Italia.Il suo arrivo a Roma è previsto per oggi verso le 14 all'aeroporto militare di Ciampino. Quindi Silvia risponderà alle prime domande dei carabinieri del Ros, delegati per questo tipo di indagini. Nelle prossime ore sarà anche ascoltata dalla Procura di Roma, che si occupa di sequestri e terrorismo internazionale, in particolare con l'aggiunto Francesco Caporale e il pm Sergio Colaiocco. In effetti, da quanto risulta dalle prime notizie, la ragazza è stata tenuta in ostaggio dal gruppo estremistico Al Shabaab. La ventiquattrenne, che era partita per il Kenya con la Ong Africa Milele dopo la laurea in mediazione linguistica, era stata inizialmente rapita da criminali comuni nel villaggio di Chakama, in Kenya. Poi, come abbiamo raccontato nel novembre scorso, la prigioniera è passata sotto il controllo di Al Shabaab (letteralmente I giovani), un gruppo terroristico affiliato ad Al Qaeda, che proprio nel Corno d'Africa ha iniziato la sua storia stragista. Lo scorso autunno i servizi segreti somali fermarono un certo Sufayan, probabilmente un nome di battaglia. Quest'ultimo faceva parte di una rete che avrebbe dato sostegno logistico ed economico al rapimento. Di essa, secondo gli investigatori locali, facevano parte, per esempio, Nur Shill, capo dei pirati dell'Oltregiuba e dello stato del Sud Ovest, che con la sua banda controlla la città di Gelib. Nella lista dei sospettati c'era anche un certo Awowe, membro dell'organizzazione terroristica di origine qatarina, indicato come responsabile della gestione dell'ostaggio, mentre il dottore Abu Hamza, avrebbe visitato la ragazza. Gli indagati, si leggeva negli atti con i quali veniva informata l'Alta corte del Sud Ovest della Somalia, erano sospettati «di collegamento con i top leader di Al Shabaab, Mahad Karate, Bashir Quorghab Djibril e Ahmed Omar Abu Ubaidah». Oggi quel legame sembra confermato. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dopo aver appreso la notizia della fine del sequestro, ha inviato «un saluto di affettuosa solidarietà a Silvia e ai suoi famigliari, che hanno patito tanti mesi di attesa angosciosa» e ha espresso «riconoscenza e congratulazioni agli uomini dello Stato che si sono costantemente impegnati, con determinazione e pazienza, tra tante difficoltà, per la sua liberazione». Anche il leader della Lega Matteo Salvini ha ringraziato i nostri 007 dopo essersi felicitato per il ritorno della Romano. Prima di lasciare la sua poltrona di direttore dell'Aise, il direttore Luciano Carta, nominato nuovo presidente del gruppo Leonardo, ha realizzato l'obiettivo a cui lavorava da mesi: far tornare in Italia la Romano, dopo esserci riuscito con altri quattro ostaggi (Sergio Zanotti e Alessandro Sandrini, Luca Tacchetto e la compagna canadese Edith Blois). Il mandato di Carta era iniziato con l'estradizione di Cesare Battisti dalla Bolivia. Dunque un inizio e una fine con il botto.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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