
Paola Pisano annuncia: «Il call center per aiutare gli italiani nello sblocco del programma è in dirittura d'arrivo». Poi esulta: «Scaricato da 10 milioni di persone». Ma dicevano che per essere utile serviva sul 60% dei telefoni.«La definizione delle procedure dei call center è in dirittura d'arrivo. Mi aspetto delle novità nelle prossime settimane». Lo ha detto ieri il ministro per l'Innovazione, Paola Pisano, durante un'intervista SkyTg24 a proposito dei call center destinati ad aiutare i cittadini positivi al Covid-19 nello sblocco dell'applicazione Immuni che faranno capo al ministero della Salute. «Tecnologicamente l'app funziona. Dopodiché si sta inserendo un'applicazione in un sistema abituato a lavorare con altre modalità. Ciò che conta è la parte organizzativa attorno al nuovo servizio: le procedure di utilizzo e di sblocco dell'app vanno monitorate affinché la tecnologia funzioni», ha aggiunto la Pisano. Ostentando anche i download raggiunti: «10 milioni è un numero molto elevato, il trend è positivo, la cosa importante è far si che cittadini la utilizzino anche attraverso una comunicazione adeguata. In questa fase qualunque strumento è utile utilizzare qualunque strumento abbiamo a disposizione». Certo, ha concluso il ministro, «bisogna da un lato aumentare la comunicazione affinché tutti cittadini capiscano l'importanza dello strumento, dall'altro bisogna lavorare nelle strutture affinché abbiamo misure di supporto adeguate». Quindi, riassumendo: siamo a fine novembre, alle prese con la seconda ondata di una pandemia scoppiata a fine febbraio ma il sistema di tracciamento varato dal governo Conte ancora non funziona. Mentre Immuni era ancora in fase di sviluppo erano circolate previsioni, piuttosto pessimistiche, che sostenevano la necessità di avere Immuni installata su almeno il 60% degli smartphone in Italia per ottenere qualche risultato. Siamo solo a 10 milioni e la Pisano se ne vanta pure. Quando le app lanciate in altri Paesi europei mostrano ben altri numeri. Ad esempio, quella lanciata in Gran Bretagna ha superato in pochi giorni i 10 milioni di download, quella tedesca è a quota 18 milioni. Senza dimenticare il piccolo particolare che aver scaricato la app non significa automaticamente utilizzarla e aggiornarla correttamente. Che il sistema non funzioni in maniera adeguata lo dimostra anche la necessità di mettere al servizio della app dei call center dedicati di cui però ci si sarebbe dovuti occupare prima, non a fine novembre. Il software dei call center, come la app, dovrebbe essere gestito dalla Sogei (la società di Information Technology controllata dal Mef) mentre il Content delivery network (ovvero la rete di distribuzione dei contenuti) è stato affidato al server americano Akamai, che lavora con la stessa Sogei.Il governo Conte tira le orecchie agli italiani che non si comportano bene con mascherine e distanziamento quando allo stesso tempo non riesce a organizzare una macchina efficiente attorno alla app di tracciamento scaricando la responsabilità sulle regioni in termini di mancato follow up da parte loro (ovvero i tamponi) e di capacità di inserire i dati. Con il risultato che Immuni al momento pare solo un inutile sistema di isolamento di massa. Nel frattempo, Palazzo Chigi disperde le sue energie nel fare informatica di Stato. Nei giorni scorsi, infatti, il Dipartimento per la trasformazione digitale ha organizzato un evento per avviare un tavolo di lavoro con gli enti centrali dello Stato proprietari di infrastrutture «di qualità». Le strategie definite da altri Paesi europei hanno sviluppato due direttrici principali, ovvero la regolamentazione dei servizi cloud offerti dal mercato e la realizzazione di infrastrutture governative nazionali per le amministrazioni centrali. Anche l'iniziativa europea Gaia-X va nella direzione di regolamentare il mercato dei servizi cloud nel rispetto dei principi della sovranità digitale, dell'autonomia strategica e del controllo dei dati europei. In base ai dati raccolti dal censimento dei data center esistenti della Pubblica amministrazione condotto dall'Agenzia per l'Italia digitale, queste infrastrutture sono state classificate nei gruppi «A» e «B». I data center appartenenti al gruppo «A» rappresentano le infrastrutture di qualità che continueranno a gestire i servizi pubblici digitali. I data center che appartengono al gruppo «B» saranno invece dismessi in quanto considerati più obsoleti e carenti dei requisiti minimi di sicurezza, capacità elaborativa ed efficienza. L'obiettivo del governo e del ministero della Pisano è quello di farli migrare verso il Polo strategico nazionale delle Infrastrutture digitali, ovvero l'insieme delle infrastrutture digitali localizzate all'interno del territorio nazionale. Con due effetti collaterali, però: il primo è quello di creare un forte squilibrio di mercato su cui potrebbe presto intervenire l'Antitrust. Il secondo è quello di coinvolgere le cosiddette in-house regionali che sono considerate il «buco nero» dei servizi informatici il cui vero interesse sembra essere quello di perpetuare loro stesse tenendo in piedi il carrozzone dell'informatica di Stato, di cui abbiamo avuto ottimi esempi recentemente con i 600 euro Inps e il bonus mobilità.
Leonardo
Il fondo è pronto a entrare nella divisione aerostrutture della società della difesa. Possibile accordo già dopo l’incontro di settimana prossima tra Meloni e Bin Salman.
La data da segnare con il circoletto rosso nell’agenda finanziaria è quella del 3 dicembre. Quando il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà al quarantaseiesimo vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), su espressa richiesta del re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa. Una presenza assolutamente non scontata, perché nella Penisola araba sono solitamente parchi con gli inviti. Negli anni hanno fatto qualche eccezione per l’ex premier britannica Theresa May, l’ex presidente francese François Hollande e l’attuale leader cinese Xi Jinping e poco altro.
Emmanuel Macron (Ansa)
Bruxelles apre una procedura sull’Italia per le banche e tace sull’acciaio transalpino.
L’Europa continua a strizzare l’occhio alla Francia, o meglio, a chiuderlo. Questa volta si tratta della nazionalizzazione di ArcelorMittal France, la controllata transalpina del colosso dell’acciaio indiano. La Camera dei deputati francese ha votato la proposta del partito di estrema sinistra La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon. Il provvedimento è stato approvato con il supporto degli altri partiti di sinistra, mentre Rassemblement National ha ritenuto di astenersi. Manca il voto in Senato dove l’approvazione si preannuncia più difficile, visto che destra e centro sono contrari alla nazionalizzazione e possono contare su un numero maggiore di senatori. All’Assemblée Nationale hanno votato a favore 127 deputati contro 41. Il governo è contrario alla proposta di legge, mentre il leader di La France Insoumise, Mélenchon, su X ha commentato: «Una pagina di storia all’Assemblea nazionale».
Maria Rita Parsi (Imagoeconomica)
La celebre psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi: «È mancata la gradualità nell’allontanamento, invece è necessaria Il loro stile di vita non era così contestabile da determinare quanto accaduto. E c’era tanto amore per i figli».
Maria Rita Parsi, celebre psicologa e psicoterapeuta, è stata tra le prime esperte a prendere la parola sulla vicenda della famiglia del bosco.
La sede di Bankitalia. Nel riquadro, Claudio Borghi (Imagoeconomica)
Il senatore leghista torna sulle riserve auree custodite presso Bankitalia: «L’istituto detiene e gestisce il metallo prezioso in nome dei cittadini, ma non ne è il proprietario. Se Fdi riformula l’emendamento...»
«Mentre nessuno solleva il problema che le riserve auree della Bundesbank siano di proprietà dei cittadini tedeschi, e quindi dello Stato, come quelle della Banca di Francia siano di proprietà dei cittadini d’Oltralpe, non si capisce perché la Banca d’Italia rivendichi il possesso del nostro oro. L’obiettivo dell’emendamento presentato in Senato da Fratelli d’Italia, e che si ricollega a una mia proposta di legge del 2018, punta esclusivamente a stabilire il principio che anche Bankitalia, al pari delle altre Banche centrali, detiene e gestisce le riserve in oro ma non ne è la proprietaria». Continua il dibattito su misure ed emendamenti della legge di Bilancio e in particolare su quello che riguarda le riserve in oro.






