
Marco Cappato e Filomena Gallo sostengono il ricorso di una malata cui l’Asl nega l’ok: «Non ha i requisiti». Tra questi c’è un vero consenso.Se temete che liberalizzare il suicidio assistito metta la società su un piano inclinato, per cui dalla pietosa soppressione del malato terminale si arriverebbe piano piano alla liquidazione dell’anziano depresso, probabilmente vi sbagliate. Non sul pericolo in sé; semmai, sul «piano piano». Prova ne sia l’ultima crociata laica dell’associazione Luca Coscioni, che sostiene la causa di una quarantaquattrenne campana, affetta da sclerosi laterale amiotrofica (Sla), alla quale la Asl ha negato il diritto alla «dolce morte». Motivo: a Coletta - nome di fantasia attribuitole dagli attivisti - mancherebbero ben tre dei quattro requisiti indicati dalla sentenza della Consulta del 2019 e che spetta al comitato etico territoriale valutare. La commissione ha ammesso, ovviamente, che la povera signora soffre di una patologia irreversibile; però non ha ravvisato né la sua dipendenza da un trattamento di sostegno vitale (compresi eventuali cateteri, aspiratori di muco, o altri dispositivi il cui distacco provocherebbe in breve il decesso), né la presenza di sofferenze giudicate intollerabili dalla paziente, né - udite udite - l’autentica volontà di procedere con il suicidio assistito.È un punto dirimente: siamo di fronte a un ignominioso incidente di superficialità e incompetenza di un’azienda sanitaria? Oppure i radicali stanno già facendo il salto di qualità e, prima ancora di aver incassato la piena legittimazione dell’eutanasia, cioè dell’uccisione di un sofferente da parte di un soggetto terzo non imputabile, sono passati a rivendicare il diritto alla morte senza manco più il libero consenso?Per ovvie ragioni di privacy, non è disponibile l’intero faldone di Coletta, che lo scorso giugno ha chiesto alla Asl di rivalutare la sua domanda e di trasmettere il parere del comitato etico. Non avendo ricevuto risposta, ha presentato ricorso al Tribunale di Napoli. Lei, nel comunicato diffuso dalla Coscioni, si è definita «cittadina consapevole, lucida e determinata». «Non posso accettare», ha aggiunto, «che la mia volontà venga schiacciata da valutazioni che sembrano ignorare non solo il mio stato di salute, ma anche il diritto a non essere condannata a una sofferenza che non ha più alcun senso per me». Di qui, l’ultimatum: «Se in Italia non possono accedere a una scelta legalmente garantita, sto valutando di affrontare l’unica alternativa praticabile: l’espatrio per morire dignitosamente in Svizzera». Ma la volontà di morire c’è o non c’è? E se c’è, è maturata, per quanto possibile, in serenità? Certe vicende di umano dolore vanno trattate con delicatezza e rispetto. Ma il personale qui si intreccia con il politico. E in proposito, c’è qualcosa da dire a Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’associazione, sicura che il verdetto della Asl contraddica «la giurisprudenza della Corte costituzionale». La Consulta ha fissato quattro parametri per il riconoscimento della facoltà a intraprendere l’iter mortifero: presenza di una malattia irreversibile; sofferenza fisica o psicologica giudicata intollerabile; dipendenza da trattamenti di sostegno vitale; piena capacità di esprimere il proprio consenso alla pratica. Se le autorità stabiliscono che anche solo uno di questi criteri è assente, l’ok al suicidio assistito viene lecitamente negato. E allora? O decidiamo che ha ragione la Consulta, che devono esistere dei paletti, dei terzi indipendenti, chiamati a svolgere una funzione di garanzia; o introduciamo il suicidio espresso, una procedura nella quale il ruolo delle Asl viene ridotto alla semplice e soprattutto rapida apposizione di timbri. Prima si pretende - e si ottiene dalla Corte - il coinvolgimento del Servizio sanitario nazionale e poi si vuole svuotare la stessa sanità pubblica delle sue prerogative?L’avvocato Gallo ha assicurato che Coletta «vive una condizione di profonda sofferenza e totale dipendenza da terzi per ogni attività quotidiana. Non è in grado di alimentarsi autonomamente ed è sottoposta a una terapia farmacologica continuativa». Può ben darsi, insomma, che la Asl campana abbia sbagliato in modo clamoroso la propria analisi. Il vero nodo, però, sta nel consenso della paziente: davvero «il significato profondo che Coletta attribuisce all’amore per la vita», come sostiene Gallo, è stato strumentalizzato «per mettere in discussione la sua volontà di accedere alla morte assistita»? Davvero la Asl ha mentito, affermando che la donna, visitata, abbia negato di voler morire? Non è forse giusto che bastino pochi ragionevoli dubbi sulle reali intenzioni della malata, per motivare la sospensione dell’iter? Possibile che nessuno pensi al rischio che una persona sia in uno stato di tale prostrazione, da convincersi che sia meglio farla finita? E che se recuperasse almeno un minimo di equilibrio, magari, agirebbe in modo diverso? Dobbiamo fidarci dell’insinuazione secondo cui la Asl avrebbe strumentalizzato la testimonianza della signora e credere che, invece, i radicali non strumentalizzino politicamente la sua storia? Marco Cappato, ad esempio, ne ha subito approfittato per rilanciare la proposta di legge regionale che il governatore di sinistra, Vincenzo De Luca, ha lasciato impantanare, citando la necessità di aprire una serie di consultazioni, anche con la Chiesa, che però non sono mai partite.Ecco: voi temete che «piano piano», spostando sempre un po’ più in là l’asticella, l’Italia diventi come l’Olanda, o il Belgio, o il Canada. E invece le cose non stanno accadendo «piano piano». Dalla morte volontaria a quella involontaria, il passo potrebbe essere spaventosamente breve.
Siska De Ruysscher
La giovane fu vittima di abusi durante la scuola primaria e dai 14 anni in poi ha provato a suicidarsi diverse volte. Ora Bruxelles ha accolto la sua richiesta di eutanasia. Ma lei stessa denuncia le carenze del servizio sanitario: «Io lasciata sola con matti e tossici».
Massimo Fini (Ansa)
Il giornalista: «Bevo ancora vodka, fumo e la notte frequento bettole. Milano è diventata una città di merda. Stimo la Meloni ma non voto. Il titolo del mio coccodrillo? Fu ingenuo».
«Il delitto di via Poma» (Sky Crime)
A 35 anni dall’omicidio di Simonetta Cesaroni, la docuserie Il delitto di via Poma su Sky Crime ripercorre il caso con testimonianze e nuovi spunti d’indagine, cercando di far luce su uno dei misteri più oscuri della cronaca italiana.
Alberto Gusmeroli (Imagoeconomica)
Il deputato leghista: «Funzionerà perché abbiamo corretto gli errori passati, ora le rate sono tutte uguali e i tempi lunghi. Il Parlamento può valutare miglioramenti, ampliando la platea dei beneficiari».






