2021-02-07
«Si poteva fare di più per andare al voto»
Giorgia Meloni tiene la posizione: «Massimo rispetto per Mario Draghi, se farà miracoli sul piano economico lo appoggeremo. Il problema non è lui, ma la maggioranza che ha distrutto l'Italia ancora presente in Parlamento. Ecco perché servivano le urne».Passano le ore, si disegnano le strategie, ma Giorgia Meloni rimane lì, salda sulle mura, a fare la sentinella. «In una democrazia, se è davvero una democrazia, l'opposizione ha un ruolo fondamentale», dice. «Non c'è mai una maggioranza del 100%, perché altrimenti non abbiamo più una democrazia, ma un'altra cosa. Noi saremo, come siamo sempre stati, un'opposizione patriottica. Che non ha interesse a creare problemi, ma punta al meglio per l'Italia. Saremo sentinelle al servizio della democrazia. Ci deve essere una voce che non è d'accordo, no? Altrimenti manca qualcosa, anche se sembra non importare a nessuno». In effetti, un problema di rappresentanza c'è. «I sondaggi dicono che Mario Draghi ha un gradimento tra il 60 e il 70%. Che ne facciamo del rimanente pezzo di Italia? Dovrà pur avere una rappresentanza in Parlamento».Il tono della guida di Fratelli d'Italia non è polemico. Anzi, ci tiene a ribadire il rispetto sia per Draghi sia per le altre forze del centrodestra. Nel giorno in cui Matteo Salvini apre all'ex presidente della Bce, la Meloni rimane pacata. «È un momento complicato, dunque capisco le difficoltà e rispetto le scelte di tutti. Rispetto anche i grandi dibattiti interni che - leggo - ci sono negli altri partiti, ma fortunatamente non in Fdi. Basta che non si dica che la nostra è una posizione comoda, perché non lo è affatto. Sarebbe comoda se avessimo fatto ciò che hanno fatto tutti gli altri. Ma vi assicuro che non è facile né comodo essere soli contro tutti». In queste ore convulse i ragionamenti si susseguono. E ci si chiede se, ad esempio, un governo Draghi senza politici non potrebbe modificare pure la visione di Giorgia. La risposta è piuttosto chiara: «Non ho condizioni da dare, dal momento che non voto la fiducia», spiega. «Io non sono d'accordo sul merito e sul metodo. Non credo che a questa nazione serva ogni volta un governo che passa sulla testa degli italiani. Perché non dobbiamo essere una democrazia come tutte le altre? Ora, pur con l'emergenza Covid, bisogna continuare a fare le cose necessarie: lavorare, andare a scuola… Bene, io penso che la democrazia sia una cosa necessaria proprio come la scuola e il lavoro». Per il presidente di Fdi, il tema non è Draghi, bensì la composizione della maggioranza. «Draghi è una grande personalità, non c'è dubbio», dice. «Il problema è in Parlamento. Puoi prendere la persona migliore del mondo, ma se il contesto non le consente di lavorare rischi solo di metterla nella condizione di non fare quello che potrebbe. In maggioranza ci sono ancora gli stessi che ci hanno portato nel disastro. Un disastro che, per altro, fino a ieri veniva negato e sul quale invece oggi magicamente sono tutti d'accordo. Quelli che hanno devastato l'Italia hanno ancora la golden share della maggioranza». Che non voglia avere nulla a che fare con i giallorossi è cristallino. Draghi, però, ancora non ha parlato, non ha mostrato un programma. Ha senso consegnarlo pregiudizialmente agli avversari? «Se ancora non abbiamo definito il nostro voto finale - astensione o contrario - è perché voglio appunto vedere il programma e il governo. Mi stupiscono quelli che acriticamente dicono di sì a Draghi, come se facessero un atto di fede».Dire che la situazione sia convulsa è poco. A destra di tesi se ne sentono varie. Si può dire che tra le più gettonate ci sia quella «realista». Che, con l'accetta, suona più o meno così: abbiamo capito che a votare non ci si tornerà, perché Sergio Mattarella non gradisce. A questo punto, allora, bisogna misurarsi con gli spazi che restano. «Non sono così d'accordo sul fatto che a votare comunque non si possa andare», risponde Giorgia. «Poi, certo, se il centrodestra è il primo a dire “con Draghi noi ci stiamo"… Diciamoci la verità: non si è tentato molto per prendere la via del voto. Di fatto il centrodestra ha detto ok, noi ci siamo. Mi sembra un racconto vagamente distonico rispetto a quello fatto fino al giorno prima. Continuo a pensare che Mattarella parta da un assunto non condivisibile: la strada del voto si poteva tentare. Avrebbe dato un governo in condizione di lavorare. Perché l'Italia ha di sicuro bisogno di un esecutivo autorevole, ma anche coeso. Che non debba perdere tempo ogni giorno a mettere tutti d'accordo su tutto. Il punto è: Draghi magari farà cose miracolose sul piano economico, e se le farà ho detto anche a lui che noi le sosterremo senza nemmeno volere in cambio ministri o sottosegretari. Ma su tutte le altre questioni?». Uno dei grandi nodi è proprio questo: sacrosanta la ripresa, però in ballo ci sono anche altre faccende. Ad esempio la linea da tenere sull'immigrazione. «Io a Draghi l'ho chiesto direttamente», dice la Meloni. «Sui grandi dossier come l'immigrazione, la Libia, i rapporti con la Cina, le infrastrutture strategiche, le concessioni autostradali, lei ha una idea già chiara o aspetta di sentire i partiti? Lui mi ha detto che ascolterà e poi tirerà le somme. Temo che quei problemi rimarranno sul piatto, non si potranno eludere. Sull'immigrazione irregolare, ad esempio, non c'è via di mezzo: o sei a favore o sei per difendere le frontiere, una delle due». In effetti, gli sbarchi stanno già riprendendo. «Se capitasse un altro caso Rackete, come si comporterebbe il governo?», incalza la Meloni. «E sui temi etici, come la mettiamo? Ci sono il ddl Zan, la questione genitore 1-genitore 2. Su questi argomenti che linea avrà il governo? Se non avrà una posizione chiara, lascerà decidere ai partiti, e quali partiti siano maggioranza nell'attuale Parlamento lo sappiamo». Qualcuno obietta che, se il centrodestra fosse compatto a sostegno di Draghi, potrebbe incidere eccome. Ma Giorgia non ne è convinta: «I numeri per incidere non li abbiamo. La maggioranza l'hanno Pd, 5 stelle, Leu e Italia viva, che sulle materie che abbiamo appena citato sono d'accordo, dunque sarebbero sempre loro a vincere. Il centrodestra rischia di essere totalmente silenziato. Se si crea uno scontro nel governo su un tema, il governo si rivolge all'aula. E in aula vincerebbe la vecchia maggioranza. Paradossalmente, è più utile per il centrodestra avere un ruolo importante all'opposizione. Dicono che Draghi sia di centrodestra. Fosse vero potevamo candidarlo, così avrebbe avuto un mandato popolare, e sarebbe stato a capo di un governo che risponde ai cittadini». Tra le varie partite aperte c'è l'elezione del presidente della Repubblica. E anche qui si dice che, entrando in partita con Draghi, il centrodestra potrebbe pesare di più. La Meloni, tuttavia, ha un'opinione diversa. «La maggioranza in Parlamento è sempre quella...», ragiona. «Il tentativo di tenere in piedi la legislatura mi pare sia finalizzato proprio - come dichiarato più volte da Matteo Renzi e dalla sinistra - a impedire al centrodestra di eleggere il presidente della Repubblica. Temo che in questo quadro l'inquilino del Colle non lo decideremo comunque noi». Giorgia Meloni, comunque vada, la sua scelta l'ha fatta. Lei resta lì, sulle mura, a fare la sentinella.
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