2020-03-16
«Si è già perso troppo tempo per sostenere l’economia»
Il governatore del Piemonte Alberto Cirio: «Il rapporto con Roma non è facile, serviva più ascolto. La linea del rigore assoluto è l'unica da seguire, così abbiamo evitato 300 ricoveri».Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte dal giugno 2019, ha accettato un'intervista a tutto campo con La Verità nel pieno dell'emergenza coronavirus. Il governatore elenca in dettaglio i provvedimenti precauzionali decisi con tempestività e gli sforzi importanti in termini di assunzione di personale medico e sanitario. Spiega come, in particolare per le mascherine, si sia mobilitato il tessuto produttivo regionale. Rivendica una linea di rigore totale, in armonia con la Regione Lombardia. Lancia l'allarme sull'eventuale salita della curva dei contagi, che metterebbe a dura prova la rete delle rianimazioni. E lancia un appello ai più giovani verso gli anziani: «Non compromettiamo la vita delle persone che ce l'hanno data».Come sta, presidente? Come procede il suo lavoro a distanza e in autoisolamento dopo la notizia della sua positività?«Da ormai 8 giorni sono in isolamento. Sto bene, non mi sono ammalato, non ho sintomi. Soprattutto sono felice che i miei collaboratori, la mia scorta, i miei assessori tranne uno (quello alle attività produttive, Andrea Tronzano, ndr) stiano bene. Certo, vado avanti con impegno e fatica: non è facile gestire la situazione, sovraintendere, tenere il rapporto con Roma in queste condizioni».Ha il rimpianto di non essere stato ascoltato per tempo con i suoi colleghi governatori del Nord, quando in diversi avevate sollecitato misure precauzionali più dure? Ha la sensazione che servisse più ascolto da parte di altri?«Non è una sensazione, ma una realtà. Ho sempre tenuto un rapporto strettissimo con la Lombardia per evidenti ragioni geografiche e per il massiccio interscambio quotidiano di persone e lavoratori tra i due territori. Per questo, ho sempre seguito la linea del rigore assoluto, anche quando in Regione c'erano solo 7 contagiati. Le faccio un esempio: 15 giorni fa, avrei potuto riaprire le scuole in base alle disposizioni nazionali allora vigenti, e invece feci un'ordinanza mia per tenerle chiuse. Qui abbiamo sempre avuto consapevolezza piena».Com'è stato possibile perdere un mese a parlare di emergenza razzismo, dimenticando l'emergenza sanitaria? Lo spettacolo dei conduttori tv con gli involtini primavera, le campagne «abbraccia un cinese», le visite agli asili… Quanto tempo perso, non le pare?«Ora lo capiscono anche altrove. In Francia ci prendevano in giro con la “pizza corona", ma ora tutti vedono che il virus si sposta senza confini geografici. Lo ribadisco: la nostra è sempre stata, dall'inizio, una linea di rigore. Abbiamo anche sospeso con ordinanza prefettizia la partita Juve-Milan di coppa Italia che avrebbe avuto 40.000 spettatori. Certo, disponevo di un osservatorio privilegiato, seguendo l'evoluzione della situazione in Lombardia. Ma ora dovrebbero guardarla tutti: su di noi, aveva 7-10 giorni di anticipo sullo sviluppo della situazione, e rispetto al resto d'Italia c'è ancora un margine temporale in più. Ma non tutti hanno la forza d'urto della sanità lombarda».Presidente, i numeri italiani sono bruttissimi: non solo la cifra assoluta, ma alcuni elementi che fanno riflettere. Quasi 1 contagiato su 2 finisce in ospedale, poco meno di 1 su 10 in rianimazione. E percentuali ondeggianti tra il 6 e il 7% non ce la fanno e muoiono. Come si spiegano questi dati? In Corea del Sud, pur con un numero superiore di contagiati, la mortalità è inferiore. Che idea si è fatto? È solo una questione di età della popolazione?«Dal mio osservatorio, l'età incide tantissimo. Esempio: i ricoveri in terapia intensiva sono tra l'8 e il 10% dei contagiati. Ma in Piemonte sono il 15%, proprio perché il campione qui è più anziano».Ci descriva la situazione sanitaria della sua regione. «Intanto, un'analisi. Ho qui davanti un doppio diagramma realizzato dalla nostra unità di crisi: come la situazione si sarebbe sviluppata con zero prescrizioni (cioè senza limitazioni di contatto), e come si è invece sviluppata con le limitazioni imposte dal solo Piemonte. Grazie a questa scelta di rigore, a oggi, abbiamo già evitato 300 ricoveri in ospedale».Ci vuole dare un quadro numerico in Piemonte?«Mentre parliamo (ieri, ndr), abbiamo 159 persone in terapia intensiva e 66 deceduti, con età media di 82 anni. Tra questi, il 67% erano uomini, il 33% donne».Situazione dei posti in rianimazione? Si sente minimamente sereno - nei limiti del possibile - rispetto all'evoluzione del quadro?«Sarei sereno solo se si fermasse la curva dei contagi. Se invece continua a crescere in questo modo, non reggiamo. Nella pianta organica abbiamo 320 posti di rianimazione, in più ne abbiamo recuperati altri 100 attraverso le convenzioni con le strutture private, e altri 60 modificando le sale operatorie e rinviando gli interventi non urgentissimi». Uno sforzo imponente.«Eh, ma se il contagio va avanti...».Com'è la situazione di macchinari e attrezzature, a partire dalle mascherine?«L'acquisto sul mercato internazionale è sempre più complicato. Per questo, stiamo producendo sul territorio. Il gruppo Miroglio di Alba realizzerà 600.000 mascherine in tessuto lavabile, quindi utilizzabili 10 volte. Le prime 10.000 sono state consegnate ieri. E abbiamo anche attivato il distretto tessile di Biella».E da Roma?«Non arrivano, e le ultime arrivate non avevano nemmeno standard adeguati».Servono medici, infermieri, personale sanitario? «Abbiamo fatto uno sforzo immenso, attivando tutte le procedure possibili per reperire medici e personale, con assunzioni e un piano di reclutamento straordinario. I bandi vanno avanti. Ma abbiamo già preso 65 medici, 6 farmacisti, 173 infermieri, 126 specialisti, specializzandi e laureati in medicina e biologia».Altre scelte organizzative importanti?«In ogni distretto abbiamo individuato l'ospedale di riferimento per metterci i pazienti Covid. Stessa cosa per alcune cliniche private. Tenga presente che noi abbiamo quattro livelli di pazienti a cui badare. Il primo: i positivi asintomatici, che stanno a casa. Il secondo: i positivi con sintomi lievi, che stanno anche loro a casa. Il terzo: i positivi con sintomi più rilevanti, che vengono ricoverati. Il quarto: quelli che hanno bisogno della terapia intensiva».Qual è il rapporto con i sindaci e i territori? Immagino che le tensioni non manchino. È fatale che ci siano esigenze o approcci diversi.«Noi li abbiamo sempre coinvolti, e non solo per evidenti ragioni di presidio. Se c'è un paziente in isolamento, il sindaco di quel Comune deve ovviamente essere informato. Ma in generale non ho mai assunto decisioni senza coinvolgere i sindaci, l'Anci, i presidenti di Provincia, e naturalmente il mondo economico e produttivo».Il comportamento dell'opposizione in Regione?«Devo dire che da tutti, dalla mia maggioranza e dall'opposizione, si riscontra grande unità e disponibilità. Tra l'altro, ho deciso di tenere aperta una sorta di riunione permanente della conferenza dei capigruppo, in videoconferenza, o con me, o con uno dei miei assessori, per un costante aggiornamento».È fiducioso sul fatto che la macchina produttiva possa in qualche modo rimanere con il motore acceso, evitando che poi non sia più in grado di riaccendersi? «Questo potrò dirlo solo dopo un esame approfondito dei provvedimenti economici del governo, attesi per oggi (ieri, ndr). Certo, andavano assunti nel momento stesso in cui si chiudeva tutto. Occorre capire che qui non è danneggiata solo l'una o l'altra categoria, come potrebbe accadere in occasione di un'alluvione. Qui tutti vanno aiutati. E se la Merkel parla di risorse per 550 miliardi, quella è un'idea dell'ordine di grandezza che sarebbe necessario...».Vuole lanciare un messaggio conclusivo?«Inutile girarci intorno. Il messaggio è: state a casa. Capisco che molti si ingegnino per capire se possono uscire, io stesso ricevo molti messaggi di persone che mi chiedono se possono fare una cosa o l'altra. Ma occorre capire che non si deve uscire. Voglio dire una cosa ai più giovani, che ovviamente vivono questa situazione come un sacrificio. Ma è meglio sopportarlo in primo luogo a tutela delle persone più grandi: per non compromettere la vita delle persone che ce l'hanno data».