2022-12-27
Si dichiarano donne per violentare meglio. Censiti 122 casi di stupri «gender»
Attribuire il sesso in base alle autoidentificazioni, come stabilito in Scozia, è un attentato alla sicurezza femminile.Chi di identità di genere ferisce, di identità di genere perisce. È l’amara lezione che accompagna il dilagare internazionale dell’ultima frontiera delle rivendicazioni Lgbt, quella del «self-id», ossia l’auto-identificazione di genere in base alla quale ciascuno - senza più il placet di un giudice e neppure di un medico - può stabilire la propria identità sessuale. In pratica, uno dichiara ciò che «si sente» e come tale deve esser riconosciuto.Una novità che, ovunque introdotta, si accompagna a fatti di cronaca tutt’altro che entusiasmanti. Lo indica anzitutto il caso della Scozia, il cui Parlamento il 22 dicembre, come raccontato anche dalla Verità, ha varato il Gender recognition reform bill che stabilisce che le persone sopra i 16 anni (e non più 18) possano presentare richiesta per un certificato ufficiale che attesti il genere in cui si riconoscono sulla base di una mera autocertificazione.Ebbene, a rovinare subito la festa alla premier Nicola Sturgeon, che pur di portare a casa questa legge ha ignorato vari campanelli d’allarme - da quello di Reem Alsalem, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne e le ragazze che aveva scritto nove pagine di critiche alla norma, a quello di JK Rowling, che si è scatenata contro i laburisti dei quali è stata sponsor - ci ha pensato un grosso scandalo. Non si può chiamare diversamente ciò che sta accadendo attorno alla Lgbt Youth Scotland, ente di beneficenza arcobaleno che dal 1989 lavora con ragazzi dai 13 ai 25 anni e che per il Gender recognition reform bill si è speso molto.Ebbene contro tale associazione - peraltro destinataria di generosi finanziamenti pubblici, come sottolineato dal Telegraph - due uomini che si erano ad essa rivolti quando erano adolescenti, Sam Cowie e Daniel Nechtan, oggi chiedono un’inchiesta sulla base degli abusi che dichiarano di aver subito. Cowie, che si era avvicinato a Lgbt Youth Scotland quando aveva 15 anni, racconta che il personale dell’ente, composto da adulti ben più maturi, gli fornì documenti falsi per portarlo nei locali gay di Edimburgo, dove fioccarono per lui proposte di incontri sessuali a pagamento. Anche Nechtan riferisce d’essere stato sfruttato dal personale dell’associazione e di essere stato insieme ad altri incoraggiato, essendo a corto di soldi, a prostituirsi nei bagni di una stazione di autobus. A rendere plausibile tali racconti c’è un precedente: quello di un ex dirigente dell’ente, tale James Rennie, che nel 2007 fu arrestato dalla polizia scozzese nell’ambito di un’operazione volta a catturare una rete di pedofili. Nello specifico, Rennie fu accusato - e in seguito condannato - per aver abusato ripetutamente del figlio pre-adolescente di una coppia di amici del cui bambino era stato ingaggiato come babysitter. Questo per stare alla Scozia.Mentre infatti le accuse di Cowie e Nechtan guastano gli entusiasmi per la nuova legge arcobaleno, a smascherare le conseguenze sociali dell’auto-identificazione di genere arriva un’altra storia che non può non far riflettere. È quella di Darren Agee Merager, un uomo di 53 anni che nei giorni scorsi è stato arrestato dopo oltre 15 mesi di latitanza per atti osceni che aveva compiuto mostrando il pene negli spogliatoi di Los Angeles. La storia di costui colpisce perché - riconosciuto come donna sui documenti, per esempio la patente di guida, dal 2019 -, egli ammette di essere rimasto uomo tutti gli effetti; e di non prendersela, quindi, quando viene scambiato per il maschio che è in tutto e per tutto.«Sono legalmente femmina», ha dichiarato parlando quando, da latitante, fu contattato dal Los Angeles Magazine, «ma ho i peli sul viso. Ho un pene. Non ho il seno. Non ho una voce femminile. Non mi trucco né mi vesto come una donna. Quindi tu pensa a un commesso di un negozio di alimentari che, sistemandomi la spesa mi dica, “Mi scusi signore...” Dovrei forse essere offeso? Andiamo, sarebbe ridicolo. Come farebbe questa persona a saperlo? Ma tecnicamente, in termini legali, io sono donna».«Questo tizio è un pervertito malato di mente», ha commentato su Twitter la giornalista femminista Megan Murphy, «ma è per questa roba che voi, sostenitori dello slogan “le donne trans sono donne”, state combattendo. State difendendo criminali e stupratori». In effetti, casi come quelli di Merager sono tutt’altro che rari. La lista di molestatori che hanno abusato di donne dichiarandosi tali - o che, in ragione della loro nuova identità «percepita», hanno ottenuto il trasferimento in carceri femminili per continuare i loro abusi - è piuttosto lunga. Chi si è presto la briga di raccogliere solo quelli emersi nelle cronache - come ha fatto Graham Linehan, autore televisivo irlandese - parla di almeno 122 casi. «Ecco 122 storie di molestatori che impiegano una identità trans per abusare di donne e bambini», ha scritto Linehan quattro giorni fa su Twitter, «ovvero 122 motivi per cui Nicola Sturgeon è una traditrice delle donne». Magari, verrebbe da dire, fosse l’unica.