2024-05-31
La New York degli anni Ottanta nella serie Netflix «Eric»
True
Eric, miniserie in sei puntata creata da Abi Morgan, ha debuttato su Netflix giovedì 30 maggio. New York allora torna ad avere le sue Torri Gemelle, le strade piene dell’entusiasmo consumista e vivo che gli anni Ottanta portavano con sé.È stato Sherlock Holmes, quindi Patrick Melrose. Alto e allampanato, in entrambi i casi, capace - sempre - di interpretare con straordinaria vividezza le fragilità dell’essere umano, di farne vivere i vizi: elegante, magnetico, carico pure dello humor irresistibile che solo certi cittadini britannici sanno maneggiare. Benedict Cumberbatch, quei tratti che meriterebbero di essere classificati come «volto», come «tipo», ha dimostrato in televisione una duttilità che il cinema gli avrebbe riconosciuto solo più tardi.E, pur essendoci arrivato, alla grande consacrazione hollywoodiana, ha deciso di farlo ancora, di rimettersi a disposizione di una narrazione verticale, dell’approfondimento della serialità, dimenticando il proprio humor tutto inglese per trovare solo la drammaticità di un padre che ha perso il figlioEric, miniserie in sei puntata creata da Abi Morgan, ha debuttato su Netflix giovedì 30 maggio. New York allora torna ad avere le sue Torri Gemelle, le strade piene dell’entusiasmo consumista e vivo che gli anni Ottanta portavano con sé. È luminosa la città, voci e cuori la animano. Edgar è all’apice della propria carriera, mastro burattinaio nello show per bambini più popolare della televisione statunitense. Good Day Sunshine è la sua creatura, un figlio impalpabile, cui dedicare però tempo e cure. E il tempo Edgar lo sottrae alla propria famiglia, quella vera. Lo toglie al figlioletto di nove anni, Vincent, che una mattina, sulla strada verso scuola, scompare. Puff. Un attimo. Vincent sparisce senza che nessuno veda, senza che nessuno senta. E a niente valgono gli appelli dei genitori, le loro lacrime. Vincent sparisce e non fa ritorno, non ci sono storie della buonanotte o discorsi articolati, non c’è più rimprovero né carezza. Solo un vuoto nero, opprimente, cui Edgar cerca di opporsi attraverso l’unica arma che crede di conoscere: la creatività.Eric, con la regia di Lucy Forbes, ricostruisce le ricerche affannose di Edgar e, insieme, l’isolamento crescente cui si costringe. Lo segue mentre, stordito dal dolore, allontana gli amici, i familiari. Lo vede scartabellare fra i disegni del figlio, studiarne le fissazioni nella speranza diventino segni. Ed è lì, nel turbinio del caos, all’interno di una cameretta messa in subbuglio, che Edgar – e con lui la telecamera – scopre l’esistenza di Eric, burattino come i suoi, nato su carta dalla fantasia del figlio. Eric è un mostro blue, che Vincent ha disegnato pensando ai burattini del padre. È alto due metri, grosso, peloso. E, secondo Edgar, in grado di calamitare il piccolo a casa propria. L’uomo, forse folle, forse genio, crede che dare vita ad Eric, realizzando con ciò il desiderio di Vincent, portare in televisione la sua creatura, sia necessario per ritrovare il bambino.