2019-02-23
Sentenze pilotate al Consiglio di Stato. In manette due imprenditori
Ai domiciliari Ezio Bigotti (Sti) e Massimo Gaboardi (Eni) Inventato anche un finto complotto per ostacolare i magistrati.L'ultimo pezzo del comitato d'affari pilotato dall'avvocato Piero Amara, che riusciva finanche a orientare le decisioni dei giudici e ad aggiustare le sentenze, è stato smantellato ieri mattina. Il colpo di coda della Procura di Messina ha mandato ai domiciliari l'imprenditore Ezio Bigotti, geometra piemontese, classe 1964, presidente del gruppo Sti, aggiudicatario di numerose commesse della Centrale acquisti del Tesoro (Consip), e Massimo Gaboardi, ex tecnico petrolifero dell'Eni che si era inventato di sana pianta un complotto che ha permesso alla compagnia del cane a sei zampe di conoscere in anteprima ciò che stava facendo la Procura di Milano nel Niger gate. L'accusa: corruzione in atti giudiziari e falso ideologico. Bigotti, secondo l'accusa, è stato salvato da un'indagine per reati tributari aperta a Torino, passata da Roma e ammazzata a Siracusa, grazie all'aiuto dell'ex pubblico ministero siracusano, Giancarlo Longo, già arrestato per corruzione. Ad alzare il velo sulla vicenda sono stati ancora una volta i due avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore che, dopo aver ideato quello che è stato ribattezzato come il «sistema Siracusa» e dopo essere stati arrestati, hanno collaborando con gli inquirenti. Con le loro rivelazioni i due legali hanno permesso alla Guardia di finanza di ricostruire una serie attività corruttive al Consiglio di Stato e al Consiglio della giustizia amministrativa siciliano. Bigotti è stato presentato da Amara a Calafiore come uno dei suoi migliori clienti. Secondo un metodo consolidato, ricostruisce l'accusa, i due avvocati si sono messi a disposizione dell'imprenditore per sistemare le inchieste che lo angosciavano. E quando Amara comunica al pm Longo che il fascicolo stava per arrivare al suo ufficio, i due concordano la nomina di consulenti di favore. Le perizie, create su indicazione del gatto e la volpe, addrizzano il procedimento a favore di Bigotti e permettono al pm di mandare con facilità il fascicolo in archivio. Ovviamente per chi si è sporcato le mani era previsto un compenso: Calafiore ha raccontato ai pm che per la vicenda Bigotti ha ricevuto da Amara 20.000 euro da dare al pm Longo in quattro mazzette da 5.000 euro composte da banconote da 50 euro. L'ex magistrato, che nel frattempo ha patteggiato una condanna a cinque anni per corruzione, avrebbe ritirato il denaro che gli era stato lasciato in una busta nel suo bagno privato in Procura. E così Bigotti ha tirato un sospiro di sollievo. Finché quel sistema di rapporti trasversale che l'imprenditore piemontese aveva creato non è crollato. Un sistema di rapporti che andava da Denis Verdini all'avvocato Amara. I tre, peraltro, erano insieme anche a tavola, nel famoso pranzo raccontato dai carabinieri del Noe nell'inchiesta Consip. E che contribuisce a descrivere Bigotti come un personaggio capace di stringere presunti accordi per tentare di incassare commesse milionarie o, come ipotizzato nell'indagine di Siracusa, per ottenere sentenze favorevoli. D'altra parte Bigotti è uno di quelli che riusciva a finanziare contemporaneamente la destra e la sinistra (dalle dichiarazioni presentate dai partiti in Parlamento, ad esempio, emerge che nel 2004 ha fatto una donazione da 105.000 euro ai Democratici di sinistra, da 50.000 euro ad Alleanza nazionale e da 10.000 alla Margherita). I magistrati siciliani, però, ritengono di aver fatto piena luce anche su «una complessa operazione giudiziaria ordita da Amara per ostacolare un'attività di indagine svolta dalla Procura di Milano nei confronti dei vertici dell'Eni». Gaboardi è finito ai domiciliari per questo capitolo dell'inchiesta. Ancora una volta il protagonista, secondo l'accusa, è l'ex pm Longo che, su input di Amara, consulente legale esterno dell'Eni, avrebbe messo su un'indagine, «priva di qualunque fondamento», sostiene la Guardia di finanza, su un falso piano di destabilizzazione della compagnia petrolifera del cane a sei zampe e del suo amministratore delegato Claudio Descalzi. In realtà, secondo gli inquirenti, lo scopo sarebbe stato quello di intralciare l'inchiesta milanese sulle presunte tangenti nigeriane in cui Descalzi era coinvolto in quel momento. Tutto ha inizio nel 2016 quando Alessandro Ferraro, collaboratore di Amara, sporge denuncia alla Procura di Siracusa sostenendo di essere stato vittima di un tentativo di sequestro. Longo, che conosceva Ferraro in quanto aveva indagato su di lui in passato, si autoassegna il fascicolo e acquisisce documenti utili all'Eni per capire in che direzione andavano le indagini milanesi. È qui che Ferraro cita Gaboardi, tecnico petrolifero «la cui posizione, l'effettiva attività lavorativa e l'esistenza di legami con i protagonisti della vicenda», spiegano gli investigatori di Siracusa, «non sono ben chiari». Gaboardi viene sentito da Longo prima come teste, poi da indagato. E si inventa il complotto contro Eni che ora gli è costato l'accusa di falso. Tra gli investigatori, però, c'è chi è pronto a scommettere che questo capitolo dell'indagine sia ancora tutto da sviluppare.
Nella prima mattinata del 28 ottobre 2025 la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari in tutta Italia ed effettuato il sequestro preventivo d’urgenza del portale www.voltaiko.com, con contestuale blocco di 95 conti correnti riconducibili all’omonimo gruppo societario.
Si tratta del risultato di una complessa indagine condotta dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica per l’Emilia-Romagna, sotto la direzione del Pubblico Ministero Marco Imperato della Procura della Repubblica di Bologna.
Un’azione coordinata che ha visto impegnate in prima linea anche le Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica delle varie Regioni e gli altri reparti territoriali della Fiamme Gialle nelle province di Bologna, Rimini, Modena, Milano, Varese, Arezzo, Frosinone, Teramo, Pescara, Ragusa.
L’operazione ha permesso di ricostruire il modus operandi di un gruppo criminale transnazionale con struttura piramidale tipica del «network marketing multi level» dedito ad un numero indeterminato di truffe, perpetrate a danno anche di persone fragili, secondo il cosiddetto schema Ponzi (modello di truffa che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi investitori, a loro volta vittime del meccanismo di vendita).
La proposta green di investimenti nel settore delle energie rinnovabili non prevedeva l’installazione di impianti fisici presso le proprie abitazioni, bensì il noleggio di pannelli fotovoltaici collocati in Paesi ad alta produttività energetica, in realtà inesistenti, con allettanti rendimenti mensili o trimestrali in energy point. Le somme investite erano tuttavia vincolate per tre anni, consentendo così di allargare enormemente la leva finanziaria.
Si stima che siano circa 6.000 le persone offese sul territorio nazionale che venivano persuase dai numerosi procacciatori ad investire sul portale, generando un volume di investimenti stimato in circa 80 milioni di euro.
La Procura della Repubblica di Bologna ha disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo del portale www.voltaiko.com e di tutti i rapporti finanziari riconducibili alle società coinvolte e agli indagati, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.
Nel corso delle perquisizioni è stato possibile rinvenire e sottoporre a sequestro criptovalute, dispositivi elettronici, beni di lusso, lingotti d’oro e documentazione di rilevante interesse investigativo.
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