2020-02-22
Se un pazzo spara la sinistra incolpa tutti i sovranisti
Il massacro ridà fiato alla paranoia progressista, dagli articoli sulla «internazionale nera» al regolamento antifascista di Giuseppe Sala.L'ultima prova di forza di Angela Merkel: far sciogliere i populisti di Afd. Malgrado l'attentatore di Hanau fosse affetto da «patologia psicotica grave», i politici puntano il dito contro il movimento nazionalista. A tirare le fila c'è la Merkel, che vuole far dimenticare il caso Turingia.Lo speciale contiene due articoli.Ovviamente, la colpa è dei sovranisti. La colpa di che cosa? Beh, di tutto. Ad Hanau, la città dei fratelli Grimm, va in scena la fiaba nerissima di Tobias Rathien, 43 anni, che in preda al delirio paranoico e xenofobo ammazza nove persone, poi uccide la madre di 72 anni e infine si suicida. Nemmeno il tempo di raccontare i fatti ed ecco che sbocciano i ditini puntati. Gad Lerner, su Repubblica, spiega che dietro il fanatico che voleva sterminare i turchi c'è «il disegno pianificato di un'estrema destra che sente ritornato il momento propizio». E poco importa se Rathjen viveva in una sorta di patologico isolamento: egli è già diventato il rappresentante unico delle destre occidentali. I tedeschi, dice Lerner, hanno sottovalutato il pericolo nero. E «succede lo stesso anche da noi. Con i leader della destra che rifiutano di assegnare la dovuta priorità a una pubblica mobilitazione contro l'odio tracimato dai social fin sui citofoni delle vittime e sulle lapidi dei partigiani». Colpa di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, dunque, colpa di chi critica l'utilizzo spropositato del termine «islamofobia», colpa dei sovranisti italiani che «preferiscono descrivere l'aggressività dell'estrema destra come effetto indesiderato delle condizioni ambientali create dall'immigrazione».Dietro alla strage tedesca, insomma, ci sono i fascistacci nostrani. Di più: è complice pure chi non vuole aggregarsi alla psicotica campagna anti odio montata dal fronte progressista. Chiunque critichi l'immigrazione di massa, ecco che viene assimilato all'omicida-suicida tedesco. Chiunque osi parlare dell'integrazione inesistente e delle bombe sociali che genera diviene un pericoloso nazista e potenziale macellaio.Sul Corriere della Sera, la scrittrice turca Esmahan Aykol dichiara che in Germania la «gran parte» dei turchi vive «in famiglie conservatrici, non studia la lingua tedesca, si istruisce il minimo, non diventa mai parte della società». È nazista pure lei? Stragista pure lei? E dire che i fatti le danno ragione, basti ricordare che nel giugno 2017 la Dibit, ovvero l'«Unione turco islamica per gli affari religiosi», forse la maggiore organizzazione musulmana tedesca, rifiutò di manifestare in piazza contro il terrorismo (quello in nome di Allah).Eppure, che volete farci, è colpa dei sovranisti. Se il quarantenne germanico ha massacrato persone innocenti non è certo colpa di chi non gli ha levato il porto d'armi benché fosse evidentemente disturbato. Non è nemmeno colpa delle autorità cittadine che non l'hanno controllato nonostante avesse inviato lettere deliranti e ultra razziste. Ovviamente è colpa della «rete nera internazionale», ramificata soprattutto in Italia.Infatti ecco il sindaco di Milano, Beppe Sala, che si precipita a lucrare politicamente sulla tragedia. «A Milano abbiamo fatto una delibera che impone a chi vuole usare uno spazio pubblico del Comune di firmare una dichiarazione di impegno al rispetto della Costituzione italiana, repubblicana e antifascista. Se a qualcuno non sta bene che vada da un'altra parte», ha scritto il primo cittadino su Twitter mentre le notizie sul massacro tedesco dominavano gli schermi tv. Posto che la Costituzione va rispettata ovunque, non solo a Milano e non certo perché esiste la delibera del sindaco, viene da chiedersi che diamine c'entri questa roba con la strage dei turchi. Soprattutto, non ci risulta che Sala sia stato così pronto a tuonare quando, nella sua città, sono avvenuti episodi di violenza chiaramente legati al fenomeno migratorio e al fanatismo islamico. In quei casi è stato zitto, non ha invocato il «rispetto della Costituzione».E sono stati zitti pure tutti gli altri che adesso accusano la destra italiana di complicità con il killer germanico. Quando le stragi erano compiute da organizzazioni islamiche ramificate e combattive (e non da individui isolati e con chiari disturbi mentali), a sinistra erano tutti pronti a giustificare, a comprendere, a scusare. Ora, invece, in un soffio hanno individuato i responsabili.I sovranisti, d'altronde, sono colpevoli a prescindere. Se a Torino gli antagonisti di sinistra organizzano un convegno che nega le foibe, poi aggrediscono i militanti del Fuan che protestano, quindi occupano e devastano aule dell'Università, il rettore corre ai ripari con un provvedimento identico a quello di cui si è vantato Beppe Sala: d'ora in poi solo chi farà dichiarazione di antirazzismo, antisessismo e antifascismo avrà diritto a ottenere spazi. Chiaro: gli antagonisti sono liberi di fregarsene della legge italiana che istituisce il giorno del Ricordo, possono menare in libertà, aggredire gli studenti di destra, occupare e danneggiare edifici pubblici. Tanto la colpa è dei sovranisti.Allo stesso modo, può violare la legge italiana la militante Carola Rackete: può violare i confini e speronare un'imbarcazione delle forze dell'ordine, ma i giudici le danno ragione, corte di Cassazione compresa. Lei agiva per un bene superiore, ovvero la difesa dei migranti. Chi si comporta in questo modo ha per forza ragione, va protetto e per lui le leggi non valgono.Il perfido sovranista – fascista nei fatti – va invece messo all'indice, non deve godere della libertà di parola e di pensiero, va privato di spazi e legittimazione, va colpito per via delle sue idee intollerabili, va tirato in ballo anche se non c'entra nulla. Gli va richiesto il certificato, l'autodafé. Perché il sovranista ha una colpa imperdonabile: si ostina a esistere. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/se-un-pazzo-spara-la-sinistra-incolpa-tutti-i-sovranisti-2645215888.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lultima-prova-di-forza-di-angela-far-sciogliere-i-populisti-di-afd" data-post-id="2645215888" data-published-at="1758198686" data-use-pagination="False"> L’ultima prova di forza di Angela: far sciogliere i populisti di Afd Sono emersi ulteriori dettagli sulla strage di Hanau, avvenuta nella serata dello scorso mercoledì, quando hanno perso la vita undici persone (in gran parte stranieri) in due bar della comunità turca. Il killer si chiamava Tobias Rathien: un bancario che nutriva teorie paranoiche di estrema destra e che è morto suicida dopo aver compiuto l'eccidio. In particolare, pare fosse affetto da una malattia psichica: a renderlo noto è stato ieri il capo dell'Anticrimine federale, Holger Muench, che ha parlato di «patologia psicotica grave». A intervenire sempre ieri sulla vicenda è stato anche il ministro dell'Interno tedesco, Horst Seehofer, che ha dichiarato: «La minaccia proveniente dall'estrema destra in Germania è molto alta, principalmente a causa del razzismo e dell'antisemitismo». «Rafforzeremo la presenza della polizia e la sorveglianza nei luoghi sensibili, in particolare nelle moschee, nelle stazioni e negli aeroporti», ha proseguito il ministro. Le parole di Seehofer mettono in evidenza come le alte sfere della Cdu stiano sempre più attribuendo la responsabilità morale dell'eccidio al partito nazionalista Alternative für Deutschland: del resto, già giovedì la presidentessa della Cdu, Annegret Kramp-Karrenbauer, aveva affermato che il partito democristiano dovesse «tenere il muro di fuoco contro Alternative für Deutschland». Nelle stesse ore, anche il presidente della commissione Affari esteri del Bundestag e deputato democristiano, Norbert Roettgen, aveva parlato di corresponsabilità dell'Afd nella strage di Hanau. Durissimo poi il commento del segretario generale del Partito socialdemocratico, Lars Klingbeil, che ha chiesto nelle scorse ore che l'Afd venga monitorato dall'Ufficio federale per la protezione della Costituzione. Insomma, la grande coalizione si compatta attorno alla linea della cancelliera, Angela Merkel, che ha sempre rifiutato un dialogo con l'Afd, optando per una conventio ad excludendum che punti a un suo isolamento politico e istituzionale. La questione era del resto riemersa in tutta la sua forza nelle scorse settimane, quando era stato eletto presidente della Turingia il liberale, Thomas Kemmerich, grazie a una convergenza locale tra Afd e Cdu: una netta sconfessione della linea merkeliana. Non a caso, la cancelliera è prontamente intervenuta, bloccando tutto e costringendo di fatto Kemmerich a fare un passo indietro. Lo scossone politico non è stato certo indolore. Non solo perché ha messo definitivamente in evidenza il fatto che, nella Cdu, vi siano alcune correnti propense a un dialogo con i nazionalisti. Ma anche perché ha mostrato chiaramente la debolezza dell'attuale presidentessa del partito democristiano, Annegret Kramp-Karrenbauer, che - non a caso - ha annunciato le proprie dimissioni pochi giorni fa. In tutto questo, non va dimenticato che la Karrenbauer fosse la delfina della Merkel. E che il suo passo indietro abbia manifestato come la presa della cancelliera sulla Cdu si stia facendo sempre più traballante. Dal punto di vista politico, accusare l'Afd di corresponsabilità nella strage di Hanau ha dunque un duplice obiettivo per la Merkel: cercare di rafforzare la propria linea in seno alla Cdu e - più in generale - tentare di serrare i ranghi all'interno della grande coalizione. Non è tuttavia detto che questa strategia funzioni. Nonostante alcune controversie che caratterizzano l'Afd, non va trascurato che questo partito valga elettoralmente circa il 10% dei consensi e che possa vantare un profondo radicamento tra le classi sociali in difficoltà nella parte orientale della Germania. Anche per questa ragione, alcuni nella Cdu ritengono che non ci si possa permettere di perseguire una radicale linea di isolamento verso l'Afd. Ridurre questa forza politica meramente a estremismo e nazismo non consente infatti di comprendere come, alla radice del suo successo, ci siano profonde problematiche socioeconomiche e un conseguente malcontento sempre più diffuso. La strategia della conventio ad excludendum rischia quindi non solo di ignorare il crescente disagio socioeconomico delle aree orientali ma anche di rafforzare ulteriormente la carica antisistema di questo partito. Una carica antisistema che, tra le altre cose, si nutre dell'additare spregiativamente la grande coalizione come bieca espressione dell'establishment. Parlare di «muro di fuoco contro l'Afd», come fatto dalla Karrenbauer, rischia quindi di produrre un effetto antitetico a quello sperato. E di radicalizzare il divario politico e sociale nell'elettorato tedesco. Del resto, le elezioni federali del 2017 hanno fatto registrare un significativo calo nei consensi sia per la Cdu che per i socialdemocratici: un fattore che rende particolarmente complicata oggi la linea della Merkel in un sistema elettorale proporzionale come quello tedesco. Senza poi trascurare che - secondo i calcoli dell'istituto berlinese Infratest dimap - tra il 2017 e il 2019 i democristiani abbiano perso 4,3 milioni di voti, di cui oltre un milione sarebbero andati ai Verdi e circa 260.000 proprio all'Afd.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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