
Il presidente di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia: «Washington reagisce agli aiuti di Stato ad Airbus, francotedesca. Nell'agroalimentare danni per 2 miliardi».«Non vogliamo più pagare il conto per colpa dello strabismo dell'Unione europea». Non usa mezzi termini Luigi Scordamaglia, numero uno di Filiera Italia - l'associazione che riunisce le eccellenze dell'agroalimentare del nostro Paese - parlando del rischio che gli Usa, come paventato dal presidente Donald Trump, impongano dazi su alcuni prodotti provenienti dall'Europa. Una misura che gli Stati Uniti prenderebbero in risposta al trattamento di favore che le istituzioni europee avrebbero riservato ad Airbus, avallando aiuti di Stato che l'avrebbero avvantaggiata nei confronti della concorrente statunitense Boeing. Questa decisione però colpirebbe in particolare l'export dell'agroalimentare italiano, rischiando di farci pagare un conto da 2 miliardi di euro. Le ragioni le spiega lo stesso Scordamaglia.Come si arriva a un calcolo del genere?«La cifra di 2 miliardi fa riferimento alla parte di prodotti agroalimentari esportati dall'Italia negli Usa e che finirebbero, se Trump desse seguito alla sua minaccia, nella lista delle merci su cui verrebbero imposti i dazi. Si tratta di prodotti che pesano per circa il 50% del valore dell'export totale dell'agroalimentare italiano negli Stati Uniti, che in tutto è pari a 4,25 miliardi di euro all'anno: per questo diciamo che il conto sarebbe di circa 2 miliardi. Si tratta di prodotti come formaggi, vini - specialmente il prosecco - e olio d'oliva, che stanno riscuotendo sempre più successo sul mercato statunitense: in dieci anni l'export di prosecco negli Usa è cresciuto del 440% e quello di olio d'oliva del 60%. Non va calcolato quindi soltanto il valore assoluto, ma anche l'interruzione di questa tendenza».Di chi è la responsabilità?«In questo caso non si può dire che è stato il solito Trump ad alzarsi un giorno e minacciare di introdurre i dazi. Il presidente ha sollevato la questione come una “retaliation", cioè una serie di contromisure che l'amministrazione Usa è pronta a prendere per bilanciare gli aiuti di Stato ricevuti negli anni da Airbus, che così si è avvantaggiata nei confronti della concorrente Boeing. Aiuti già definiti illegittimi dal Wto e che fino al 2006 sono arrivati a un totale di 18 miliardi di euro per Airbus, contro circa 400 milioni di dollari per Boeing. E l'Unione europea non li ha adeguatamente bloccati».Con quali conseguenze?«Ancora una volta l'Europa ha mostrato di fare differenze tra figli e figliastri. Adesso l'Italia rischia di vedere penalizzato il suo export a causa degli aiuti ricevuti da Airbus, che hanno portato vantaggi ai soliti noti, cioè Francia, Germania e Regno Unito. Nel caso di Airbus l'Europa si è dimostrata iper tollerante, mentre non è stata così accomodante nei confronti del nostro Paese, che ha sempre visto le istituzioni europee adottare un atteggiamento rigidissimo su questo tema. Come è successo nel caso del salvataggio della banca Tercas, che ha visto pochi giorni fa la Corte di giustizia europea dare ragione all'Italia e annullare la decisione della Commissione Ue, che aveva parlato impropriamente di aiuti di Stato. Nei confronti di tutto ciò che è francotedesco l'Europa ha sempre avuto un atteggiamento più accondiscendente. Invece noi italiani non solo non abbiamo mai ricevuto trattamenti di favore, ma ora rischiamo anche di subire le conseguenze del comportamento altrui».L'auspicio è che l'annuncio di Trump resti tale e che gli Usa non diano seguito alla minaccia di imporre i dazi.«Speriamo infatti che si tratti solo di un avvertimento preventivo. Quello che è certo è che i consumatori statunitensi continueranno a cercare le eccellenze made in Italy: e se i dazi bloccassero le esportazioni agroalimentari dal nostro Paese, gli acquisti si riverserebbero sui prodotti italian sounding, quelli che di italiano hanno solo il nome, come il parmesan».Quindi si tratterebbe di una beffa ulteriore per i produttori italiani.«Già attualmente gli Usa sono uno dei mercati in cui l'italian sounding è più diffuso: l'agroalimentare “con evocazione di italianità" sul mercato statunitense vale circa 24 miliardi di euro, di cui solo 4,25 sono appunto riferiti alle esportazioni di veri prodotti italiani. I dazi rischierebbero quindi di favorire l'italian sounding, danneggiando ulteriormente il nostro agroalimentare. E chi sostiene ingenuamente che la perdita di quote di mercato negli Usa possa venire rimpiazzata da altri mercati, come quelli emergenti, non sa quello che dice: non conosce la rilevanza degli Stati Uniti, non sa quanto sia consolidata la presenza italiana su questo mercato. Sa quanti emergenti ci vorrebbero per fare un decimo degli Usa? Tanti».
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Fu il primo azzurro a conquistare uno Slam, al Roland Garros del 1959. Poi nel 1976, da capitano non giocatore, guidò il team con Bertolucci e Panatta che ci regalò la Davis. Il babbo era in prigionia a Tunisi, ma aveva un campo: da bimbo scoprì così il gioco.
La leggenda dei gesti bianchi. Il patriarca del tennis. Il primo italiano a vincere uno slam, il Roland Garros di Parigi nel 1959, bissato l’anno dopo. Se n’è andato con il suo carisma, la sua ironia e la sua autostima Nicola Pietrangeli: aveva 92 anni. Da capitano non giocatore guidò la spedizione in Cile di Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli che nel 1976 ci regalò la prima storica Coppa Davis. Oltre a Parigi, vinse due volte gli Internazionali di Roma e tre volte il torneo di Montecarlo. In totale, conquistò 67 titoli, issandosi al terzo posto della classifica mondiale (all’epoca i calcoli erano piuttosto artigianali). Nessuno potrà togliergli il record di partecipazioni (164, tra singolo e doppio) e vittorie (120) in Coppa Davis perché oggi si disputano molti meno match.
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Il presidente Gianni Tessari: «Abbiamo creato una nuova Doc per valorizzare meglio il territorio. Avremo due etichette, una per i vini rifermentati in autoclave e l’altra per quelli prodotti con metodo classico».
Si è tenuto la settimana scorsa all’Hotel Crowne Plaza di Verona Durello & Friends, la manifestazione, giunta alla sua 23esima edizione, organizzata dal Consorzio di Tutela Vini Lessini Durello, nato giusto 25 anni fa, nel novembre del 2000, per valorizzare le denominazioni da esso gestite insieme con altri vini amici. L’area di pertinenza del Consorzio è di circa 600 ettari, vitati a uva Durella, distribuiti sulla fascia pedemontana dei suggestivi monti della Lessinia, tra Verona e Vicenza, in Veneto; attualmente, le aziende associate al Consorzio di tutela sono 34.
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)
Un mio profilo è stato cancellato quando ho pubblicato dati sanitari sulle pratiche omoerotiche. Un altro è stato bloccato in pandemia e poi eliminato su richiesta dei pro Pal. Ne ho aperto un terzo: parlerò dei miei libri. E, tramite loro, dell’attualità.
Se qualcosa è gratis, il prodotto siamo noi. Facebook è gratis, come Greta è pro Lgbt, pro vax, anzi anti no vax, e pro Pal. Se sgarri, ti abbatte. Il mio primo profilo Facebook con centinaia di migliaia di follower è stato cancellato qualche anno fa, da un giorno all’altro: avevo riportato le statistiche sanitarie delle persone a comportamento omoerotico, erroneamente chiamate omosessuali (la sessualità è una funzione biologica possibile solo tra un maschio e una femmina). In particolare avevo riportato le statistiche sanitarie dei maschi cosiddetti «passivi».






