
Su «Gay.it» il test rivolto agli omosessuali svela l'ideologia delle associazioni Lgbt: chi le contesta è accusato di razzismo. L'omofobia è, alla fine dei conti, una clava ideologica utile a colpire i nemici politici. Perfino se sono omosessuali. L'omofobia, a rigor di logica, dovrebbe essere il timore o l'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità e delle persone omosessuali. Risulta per lo meno curiosa, dunque, l'idea che anche i gay possano essere omofobi. La chiamano «omofobia interiorizzata» e, secondo gli psicoterapeuti dell'Istituto Beck è «quell'insieme di sentimenti negativi (ad esempio ansia, disprezzo, avversione) che gli omosessuali provano nei confronti dell'omosessualità, propria e altrui, cioè verso i sentimenti omoerotici, i comportamenti omosessuali, le relazioni tra persone dello stesso sesso, l'autodefinizione come gay o lesbica».Che gli appartenenti a una categoria discriminata possano provare odio di sé non è cosa nuova. Il fatto, però, è che sulla (presunta) omofobia di certi omosessuali si fanno un bel po' di speculazioni politiche. Emblematico, a questo proposito, è il «test della settimana» appena proposto dal portale Gay.it. Si intitola proprio così: «Sei un omofobo dentro?». E, appunto, l'aspetto più interessante è che questo test si rivolge agli omosessuali. «Purtroppo si, ci sono anche dei gay omofobi», si legge sul sito. «Ne fai parte? Odi i boa rosa e le parate dell'orgoglio?». Eccoci al punto: qui non si tratta di speculazioni sulla «omofobia interiorizzata» o sulle difficoltà che può comportare il fatto di appartenere a una minoranza. Il test di Gay.it svela il segreto di Pulcinella: per gli attivisti Lgbt è omofobo chiunque non sostenga in toto la loro causa, omosessuali compresi.«Alcuni membri della comunità Lgbt», scrive Alessandro Bono sul portale arcobaleno, «non apprezzano molto i gay pride, i locali e non intendono identificarsi all'interno di questo mondo, perché pensano fatto solo da boa rosa e glitter». Subito dopo la breve introduzione parte il questionario. È composto da 8 domande su «argomenti sensibili». Per ogni domanda, al lettore vengono proposte tre opzioni possibili. Facciamo un esempio. La prima domanda riguarda i gay pride e si può scegliere tra queste risposte: «1) Certe cose le eviterei, ma ci vado e mi piace! 2) Una carnevalata. Perché vestirsi con il c*lo al vento e i boa rosa? 3) A giugno è un appuntamento fisso!». Seguono domande sulle drag queen, sugli uomini vestiti da donne, sulla possibilità di «ritornare etero», sul «gender fluid», sulle unioni civili e le effusioni in pubblico delle coppie gay. Se si risponde a tutte le domande con entusiasmo, cioè se si dichiara di apprezzare i gay pride e le drag queen, di adorare l'idea delle unioni civili e di ammirare chi ha il coraggio di dichiararsi «gender fluid», allora si evita lo stigma. Altrimenti, sono guai. Se un omosessuale pensa che i gay pride siano una «carnevalata» e mostra di non apprezzare le drag queen o la fluidità di genere, beh, tanto basta per etichettarlo come omofobo. Abbiamo provato a compilare il questionario, e sono state sufficienti poche risposte scettiche sui diktat Lgbt per ottenere questo risultato: «Ammettilo, un po' omofobo lo sei! Non capisci il senso di certe cose, tipo sfilare mezzi nudi o vestirsi volontariamente in un certo modo, ma non te ne preoccupi tanto. Basta solo un po' di sicurezza in sé stessi e capirai che ad essere malato, qui, è solo l'omofobo!». Ovviamente, più le risposte «sbagliate» aumentano, più l'accusa si fa pesante, fino a raggiungere il livello di «Omofobo interiore al 100%. Non sei un prider, se potessi essere etero ci proveresti di corsa. O meglio, ti piace la tua vita, ma preferisci fare le cose di nascosto, avendo in pratica due vite separate».Se invece si risponde a tutte le domande in maniera «corretta», il risultato del test è il seguente: «Non sei assolutamente un omofobo dentro. Sei un grande appassionato della cultura queer, ti piacciono i gay pride e sei in prima linea per richiedere pari diritti. Non mollare mai, è anche grazie a te che possiamo vantare alcune conquiste!». In sostanza, l'unico modo di evitare l'accusa di omofobia è dichiararsi favorevoli a ogni istanza delle associazioni arcobaleno. Questa, se permettete, non è «difesa dei diritti», ma ideologia. Dove sta scritto che un gay debba per forza amare i gay pride altrimenti è omofobo? Per quale motivo un gay non può avere dubbi sulla fluidità di genere e sulla messa in discussione della differenza tra maschi e femmine? Il questionario di Gay.it è proposto come un gioco, il classico «pezzo leggero» per intrattenere il lettore. Eppure svela qualcosa di estremamente serio. Mostra la leggerezza con cui viene appiccicata la patacca di «omofobo» al giorno d'oggi. Svela ciò che, in realtà, già sapevamo: la lotta contro l'omofobia non è una battaglia per porre fine alle discriminazioni. È, piuttosto, uno strumento politico con cui le associazioni arcobaleno tentano di ridurre al silenzio e di far passare per razzista chiunque osi esprimere un pensiero contrario al loro. L'omofobia è, alla fine dei conti, una clava ideologica utile a colpire i nemici politici. Perfino se sono omosessuali.
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